Il focus Paese di oggi si concentra sull’India, uno dei mercati extra europei che presenta le maggiori opportunità di business per le PMI italiane ma che mostra anche numerosi elementi di complessità impossibili da ignorare.
Nota per essere una delle più grandi economie del mondo l’India rappresenta senza alcun dubbio un mercato ad elevatissimo potenziale di sviluppo nonostante gli enormi problemi che la affliggono. Fare business nel secondo Paese più popoloso al mondo può essere quindi intricato ed è quindi molto importante sapere quali sono i settori che si stanno espandendo più rapidamente e conoscere almeno alcune delle norme della business etiquette locale.
Le contraddizioni dell’economia locale d’altronde sono sotto gli occhi di tutti: da un lato l’India è lo stato che cresce più rapidamente fra quelli che fanno parte del G20 mentre d’altra parte lo studio “Doing Business in India 2018”, elaborato dalla Banca Mondiale, evidenzia quanto il Paese debba ancora lavorare sodo per migliorare le proprie “prestazioni” in merito alla facilità di fare business.
Di ciò sono pienamente coscienti anche le massime istituzioni indiane che infatti hanno identificato ben 372 azioni da implementare per migliorare il business climate del Paese ed aumentare così l’appeal di Nuova Delhi agli occhi degli investitori esteri.
In effetti l’India ha già compiuto dei passi da gigante nel corso dell’ultimo anno passando dalla 130esima alla 100esima posizione (su 190 nazioni complessivamente prese in considerazione dalla Banca Mondiale) come sottolineato anche sul proprio profilo linkedin dal primo ministro indiano Narendra Modi, alla guida della repubblica dal maggio 2014. In particolare si sono ridotti i tempi per l’avvio di un business (anche grazie alla riduzione di procedure e tempi necessari ad ottenere permessi di costruzione), si è reso più facile l’accesso al credito e si è semplificato il pagamento delle imposte.
Tutto ciò significa che il governo ha già messo in moto un piano di riforme efficaci e che l’ambizione di portare l’India fra i primi 50 Paesi in cui è più facile fare business su scala mondiale non è poi così velleitaria.
Modi oltre al suo ormai celebre programma “Make in India” – che mira a tramutare lo stato in un hub manifatturiero mondiale – ha quindi messo in campo altre importanti azioni a supporto della modernizzazione del Paese e per incrementare la quota d’investimenti esteri. Probabilmente, fra questi, uno dei provvedimenti che simboleggiano meglio lo sforzo riformatore del primo ministro indiano, intenzionato a ricandidarsi alle elezioni del 2019, è l’introduzione della Goods and Service Tax (in vigore dal 1 luglio 2017) che ha avuto il merito di unificare il mercato indiano dei beni e servizi sotto un’unica imposta indiretta (comprensiva di 5 aliquote 0%, 5%, 12%,18% e 28%).
La progressione dell’India è certificata anche dall’Istituto britannico per la ricerca economica e finanziaria secondo cui, alla fine del 2018, l’economia indiana realizzerà un doppio sorpasso storico scavalcando, in termini assoluti, quella francese e quella britannica diventando così la quinta più grande economia a livello globale. Una performance sì impressionante ma che non deve trarre in inganno perché nonostante il PIL del Paese si sia quintuplicato rispetto a 15 anni fa, l’India rimane un Paese molto povero: se infatti si rapporta il Pil al numero di abitanti, New Delhi figura solamente al 144mo posto.
In buona sostanza il progresso del Paese verso un’economia più aperta è trainato da una forza lavoro ben educata e da una crescita demografica impetuosa ma permangono una serie di fattori come corruzione diffusa, infrastrutture scadenti e norme limitanti che possono ostacolare, e non poco, un ulteriore sviluppo della nazione.
Rapporti con l’Italia
Roma e New Delhi intrattengono buone relazioni commerciali (oggi il Belpaese rappresenta il 5° partner commerciale dell’India nel “Vecchio Continente”) che si esemplificano in un interscambio commerciale pari a 8,7 miliardi di euro (dati 2017), con un export di Made in Italy che ha toccato i 3,5 miliardi di euro, in aumento del 10,8% rispetto all’anno precedente.
Fra i prodotti italiani maggiormente richiesti in India si segnalano macchinari ed apparecchiature, che rappresentano oltre il 40% sul totale dell’export italiano per un valore complessivo pari a 1,6 miliardi di euro, in crescita del 23% rispetto al 2016.
Proprio per le PMI del suddetto settore le opportunità potrebbero moltiplicarsi non solo perché oggi l’India importa circa il 70% del suo fabbisogno di macchinari ma anche perché si prevede che il settore crescerà ad un ritmo medio pari al 14 percento annuo da qui al 2025.
Un altro comparto da non sottovalutare è quello agricolo dal momento che l’India è il secondo produttore di frutta e verdura al mondo e quindi necessita di macchinari agricoli di qualità che contribuiscano a rendere più efficienti i processi produttivi: oggi infatti circa il 40% dei prodotti agricoli locali deperisce prima di arrivare al consumatore.
Buone chance di successo anche per le PMI attive nel food&beverage (soprattutto quelle che commercializzano olio d’oliva, cioccolato, vino e pasta) e nel settore sanitario, visto e considerato che l’India acquista dall’estero quasi l’80% dei suoi dispositivi medici.
Fortemente legate all’andamento del potere d’acquisto dei consumatori locali sono invece le esportazioni di arredamento e moda, settori in cui si rileva un forte apprezzamento per le produzioni italiane soprattutto da parte di quella fascia di popolazione indiana che apprezza (e può permettersi) prodotti di lusso.
Dunque come recentemente confermato dal direttore di ICE New Delhi, in un’intervista rilasciata al nostro portale, “vi è una positiva percezione del Made in Italy in India ed oggi nel Paese si riscontra la tendenza all’approfondimento dei fattori che identificano un prodotto italiano (tecnologia, creatività, innovazione, design), ovvero quei punti di forza che testimoniamo qualità artigianale, estetica e soprattutto uno stile ed un design unico”. Un’ottima base da cui partire per espandersi in uno dei mercati più interessanti al mondo.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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