Pur non essendo fra i Paesi maggiormente reclamizzati a livello internazionale vale la pena di approfondire la conoscenza del Kirghizistan che, dall’ottobre 2014, fa parte dell’Unione economica euroasiatica, organizzazione nata per agevolare le relazioni economico-diplomatiche fra Russia, Kazakistan, Bielorussia ed Armenia ed, appunto, Kirghizistan.
Nato nel 1991 dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica il Kirghizistan è un Paese in via di sviluppo guidato dal 2011 al 2017 dal socialdemocratico Almazbek Atambayev che, anche in seguito alle elezioni presidenziali tenutesi ad ottobre scorso (e che hanno visto prevalere il candidato da lui sponsorizzato, Sooronbai Jeenbekov) non sembra avere intenzione di ridimensionare la propria influenza.
Parlare della politica kirghisa è interessante soprattutto se ci si rende conto che il Paese è situato in un’area geografica delicata e per questo si trova a dover fronteggiare gli interessi di due colossi come Mosca e Pechino, non sempre convergenti.
Anche se nel corso della presidenza di Atambayev si è assistito al tentativo di mettere in campo una politica estera equilibrata è indubbio che le relazioni con la Russia continuino ad assumere un ruolo predominante rispetto a quelle con gli altri principali protagonisti della politica internazionale.
L’economia del Paese (PIL 2017: $ 22,64 miliardi) è ancora molto legata al comparto agricolo che rappresenta quasi il 50% della produzione di ricchezza kirghisa, seguito dal settore dei servizi (40% ca) e da quello industriale (12,5%), ancora poco sviluppato.
Anche le infrastrutture sono ancora approssimative e nei pochi centri urbani solo alcune strade, normalmente le arterie principali, sono asfaltate.
Fra i fattori di rischio più evidenti per il Paese segnaliamo l’eccessiva dipendenza kirghisa dalle fluttuazioni del prezzo dell’oro ed la sostanziale incapacità nell’attrarre ingenti somme di capitali esteri.
Sebbene il ritmo della crescita del PIL sia ormai ampiamente positivo dal 2013 e le stime per il 2018 prevedano una crescita che dovrebbe attestarsi intorno al 3-4%, oggi, per garantire un futuro economico migliore al Paese, sarebbe bene agire con decisione per fermare il fenomeno del riciclaggio di denaro e contrastare con forza il finanziamento ai gruppi terroristici che potrebbe addirittura portare ad una clamorosa esclusione del sistema bancario locale dai circuiti finanziari internazionali.
D’altro canto un elemento che potrebbe spingere e non poco le economie dei Paesi euroasiatici e dunque anche quella kirghisa è senza dubbio la Belt and Road Initiative (di cui abbiamo ampiamente parlato), ovvero l’iniziativa lanciata dal presidente cinese Xi Jinping che intende collegare commercialmente Asia, Europa ed Africa attraverso “due cinture”, una marittima ed una terrestre.
Va poi sottolineato che, nonostante le due città più importanti del Paese siano tutto meno che affascinanti, (la capitale Bişkek ha come uniche attrattive i palazzi e le statue di origine sovietica mentre l’antichissima Oš offre solo distese di case basse, mercati e cambiavalute) il turismo sta pian piano diventando uno dei motori dell’economia per via della sua natura incontaminata in cui si alterano fiumi e montagne e che è capace di attrarre un numero crescente di backpackers provenienti da diversi angoli del mondo.
Rapporti con l’Italia
Prima di sottolineare alcuni numeri riguardanti l’interscambio fra Italia e Kirghizistan è bene sottolineare che esistono una serie di barriere tariffarie e non che ostacolano non poco le procedure di import-export da e verso il Paese.
Le PMI intenzionate a fare affari con il piccolo stato centroasiatico devono tenere presente che i controlli doganali richiedono molto tempo, gli istituti di certificazione non sono accreditati a livello internazionale ed il sistema di controllo qualità non è al pari con gli standard internazionali.
Anche per le ragioni sopraelencate i rapporti fra Roma e Bişkek sono molto limitati con un interscambio commerciale che si attesta intorno ai 20 milioni di euro annui. Fra i prodotti maggiormente esportati in Kirghizistan troviamo abbigliamento, prodotti della meccanica e prodotti in legno.
Nonostante le forti criticità evidenziate il Paese ha comunque compiuto dei passi avanti per migliorare il business climate tanto che, nel giro di appena 4 anni, il Paese ha scalato ben 22 posizioni nel ranking “Doing Business” elaborato dalla Banca Mondiale, passando dal 99esimo al 77esimo posto.
Effettivamente gli investitori internazionali sono equiparati a quelli locali ed hanno quindi accesso ad una serie di interessanti agevolazioni. Infine si segnala che anche a livello fiscale si riscontra un trattamento piuttosto friendly con una tassazione sui redditi e sui profitti fissata al 10% oltre ad un’aliquota IVA (12%) che risulta essere la più bassa dell’intera unione Euroasiatica.
In definitiva il Kirghizistan è un mercato piccolo (meno di 6 milioni di abitanti) e non semplice da penetrare ma che offre alcuni spunti interessanti specialmente perché parte dell’Unione economica eurasiatica diventata ormai un soggetto imprescindibile nel mercato globale.
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Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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