Lo Yemen è afflitto ormai da due anni una guerra civile poco “pubblicizzata” dai media tradizionali e quasi del tutto ignorata dalla comunità internazionale che però continua a mietere vittime e nella quale si gioca una delicata partita di potere fra Iran ed Arabia Saudita.
Fra le 20mila e le 40mila vittime civili dall’inizio del conflitto (marzo 2015), sette milioni di persone ridotte alla fame ed oltre 2000 persone morte a causa del colera solo l’anno scorso (si parla in totale di quasi 1 milione di minori a rischio): questi sono solo alcuni degli spaventosi dati diffusi da ONU e OMS relativi alla guerra che sta sconvolgendo lo stato situato nel sud della Penisola araba.
La situazione è molto intricata poiché a fronteggiarsi vi sono tre fazioni:
• le forze degli Huthi, sostenute da Hezbollah, Iran e Corea del Nord;
• il governo di Hadi, supportato da un’ampia coalizione a guida saudita a cui forniscono aiuto anche USA, Turchia, Francia, Regno Unito e Canada;
• i gruppi terroristici di al-Qāʿida nella Penisola Arabica (AQAP) e gli affiliati yemeniti dello Stato Islamico (ISIS).
A livello economico lo Yemen è considerato uno dei Paesi più poveri a livello globale ed a confermarlo ci sono alcuni dati inequivocabili: PIL pro capite in contrazione a 2300 dollari, tasso di disoccupazione stabilmente oltre il 25% e crescita economica negativa, con il 2015 in cui l’arretramento è stato addirittura stimato al -28,1%.
Per queste ragioni non è semplice parlare delle opportunità che questo stato può offrire in termini di business, almeno fino a quando la situazione a livello militare non si sarà tranquillizzata.
Oggi in effetti il Paese si posiziona al 186esimo posto su 190 Paesi nel Rapporto “Doing Business 2018” elaborato dalla Banca Mondiale ed occupa la 175esima posizione su 180 Paesi nel “Corruption Perception Index 2017” realizzato da Transparency International.
Rapporti Italia-Yemen
I rapporti commerciali fra Roma e Sana’a sono molto blandi e secondo gli ultimi dati forniti da Sace (2016) il Belpaese ha esportato nello Yemen beni per 52 milioni di euro così suddivisi per categorie merceologiche: 27% agroalimentare, 21% meccanica strumentale, 16% chimica, 11% metalli, 10% gomme e plastica e 7% apparecchi elettrici.
Tuttavia, negli scorsi mesi, dalla comunità internazionale si sono levate numerose voci di protesta nei confronti del Belpaese, reo di fornire all’aeronautica militare saudita bombe utilizzate per alcuni micidiali bombardamenti che hanno contribuito ad aggravare la delicatissima situazione umanitaria in cui versa lo stato.
La Farnesina, dinanzi alle accuse piovutegli addosso, ha reagito diramando un comunicato in cui si afferma che “l’Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazioni d’armamenti” e che “l’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma d’embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea”.
Il problema è che le nostre istituzioni sembrano aver dimenticato che la legge 185 approvata nel 1990 dal Parlamento italiano che vieta chiaramente di vendere sistemi militari non solo agli stati sottoposti a misure d’embargo ma anche a “Paesi i cui governi son responsabili di gravi violazioni dei diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’Ue o del Consiglio d’Europa”.
Insomma la questione sta suscitando non pochi imbarazzi specialmente se si pensa che nella Costituzione italiana, all’articolo 11, si legge che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Quello che sarebbe auspicabile è quindi che le istituzioni e le imprese italiane si impegnassero nella strutturazione di una partnership economica, industriale, finanziaria e politica anche con lo Yemen, proprio come stanno facendo con molti Paesi dell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa).
Roma infatti potrebbe offrire allo Yemen un’eccellente know-how e partecipare attivamente a progetti che riguardano la ricostruzione e lo sviluppo infrastrutturale di un Paese che ha un disperato bisogno di aiuto e, soprattutto, di pace.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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