Berlino rappresenta uno dei Paesi più in salute al mondo riuscendo a coniugare una solida crescita economica (+2,1% nel 2017) ad un limitato tasso di disoccupazione (3,8%), elevata produttività ed un export inferiore solo a quello di Pechino e Washington. Scopriamo insieme alcuni dei segreti di un modello di assoluto successo.
Se dovessimo tentare di sintetizzare la forza dell’economia tedesca e la credibilità di cui essa gode sui mercati internazionali sarebbe sufficiente citare alcuni recenti dati economici, arrivati in un uno dei momenti di incertezza politica più profonda della storia recente del Paese.
Alla fine del 2017, una Germania senza governo ormai dallo scorso 24 settembre, poteva comunque esibire un avanzo primario da record all’1,2%, il calo della spesa sugli interessi sul debito scesa fino all’1,86% ed un PIL nel suo miglior momento di crescita dal 2011.
Le trattative fra Merkel e Schulz per la formazione di un nuovo governo di Grosse Koalition sono ancora in corso ma potrebbero comunque terminare con un accordo già nei prossimi giorni. Tutti da verificare i contenuti dell’accordo che certamente influenzeranno e non poco le politiche che la “locomotiva d’Europa” metterà in campo nei prossimi quattro anni.
Ma quali sono i segreti del successo tedesco?
Le due parole chiave per rispondere a questa domanda sono: riforme e senso si responsabilità.
La Germania infatti, all’inizio degli anni ’90, si trovò ad affrontare la sfida più difficile che le si fosse presentata dal secondo dopoguerra: gestire il processo di unificazione del Paese in seguito al crollo del muro di Berlino. I sacrifici compiuti furono significativi ma la classe dirigenziale tedesca fu in grado di gestire un momento delicato e, nei primi anni 2000, venne approvata una grande riforma (riforma Hartz) che attuò una decisa riorganizzazione ed una flessibilizzazione del mercato del lavoro.
I risultati furono sorprendenti, specialmente se relazionati con le performance italiane: nel 2008, anno dello scoppio della crisi economica globale, la Germania aveva addirittura un tasso di disoccupazione pari al 7,4% superiore a quello italiano (6,7%).
Oggi la situazione è completamente ribaltata con i tedeschi senza lavoro stimati sotto il 4% mentre il tasso di disoccupazione del Belpaese è schizzato all’11,4%.
Oggi comunque l’economia tedesca è fortemente orientata all’export e nel 2017 Berlino ha venduto propri prodotti in giro per il mondo per oltre 1400 miliardi di euro, con un surplus commerciale che dovrebbe attestarsi sui 260 miliardi di euro (superiore a quello di Pechino), pari al 9,2% del Pil.
Rapporti con l’Italia
I rapporti fra Italia e Germania, al netto di alcune dichiarazioni estemporanee di alcuni personaggi pubblici tedeschi troppo spesso inclini a criticare la politica economica del Belpaese, sono ottimi. E del resto non potrebbe essere altrimenti dal momento che le economie dei due Paesi sono strettamente interconnesse.
Italiani e tedeschi probabilmente non si sono mai amati alla follia ma, per il bene delle rispettive economie, sono costretti a fare buon viso a cattivo gioco.
La Germania rappresenta infatti il primo mercato di destinazione dell’export italiano e nel 2017 ha acquistato circa 55 miliardi di euro di prodotti italiani. Inoltre secondo SACE il trend per il prossimo triennio prevede una ulteriore crescita, superiore al 3,5% annuo, delle nostre vendite verso Berlino con un export che, nel 2020, dovrebbe sfondare quota 61 miliardi di euro.
I tedeschi acquistano dal Belpaese diverse categorie di prodotti fra cui spiccano i prodotti della meccanica strumentale, metalli, mezzi di trasporto, prodotti chimici, abbigliamento ed articoli in gomma e plastica.
Nonostante ciò però la bilancia commerciale Italia-Germania pende a favore dei tedeschi dal momento che il Belpaese importa oggi oltre 60 miliardi di prodotti made in Germany.
Fra questi spiccano mezzi di trasporto, prodotti della meccanica strumentale, prodotti chimici e computer e prodotti di elettronica ed ottica.
Infine una notazione per gli imprenditori italiani interessati a fare impresa in Germania. In primo luogo si ricorda che esiste un ampio ventaglio di soluzioni giuridiche per avviare un business nel Paese e, a livello societario, si riscontra una sostanziale corrispondenza con le forme societarie utilizzate in Italia.
Questo aspetto può senza dubbio rendere più semplice orientarsi nel mondo del business tedesco ma non deve assolutamente trarre in inganno perché la conoscenza di alcuni aspetti specifici del Paese come regime fiscale, amministrativo e contabile è altrettanto fondamentale, al fine di provvedere al giusto adempimento di tutte le formalità richieste dalle autorità locali.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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