Zanutta è un’azienda leader del mercato dell’arredocasa, dell’edilizia e della termoidraulica che ha da poco aperto un proprio punto vendita a Parigi, una delle città europee più all’avanguardia nel campo del design. Ne abbiamo parlato con la Responsabile dell’Ufficio Marketing della società che ci ha spiegato come l’apertura a Parigi rappresenti un progetto pilota che potrebbe presto essere replicato in altre capitali UE.
Se dovesse scegliere un aggettivo rappresentativo di Zanutta quale sceglierebbe e perché?
Ne suggerisco due: intraprendente e coraggiosa. Il primo perché non ci fermiamo mai. Da quando, nel 2012, abbiamo acquisito uno storico gruppo del pordenonese, triplicando i punti vendita, abbiamo aperto ogni anno nuove filiali, comprando o aggregando aziende. Coraggiosi perché l’abbiamo fatto in un mercato in piena stagnazione, puntando sull’ampliamento dell’offerta merceologica e sui nuovi investimenti come strategia di salvezza.
Su quali mercati opera principalmente l’azienda e con quali modalità?
Siamo nati come rivendita di materiali per il consorzio agrario di Udine. Poi ci siamo specializzati nel mercato edile, con la lavorazione del ferro e del legno e la rivendita di materiali per le costruzioni. Oggi siamo presenti in Friuli Venezia Giulia e Veneto con 23 punti vendita che, oltre al comparto edile, si rivolgono anche al mercato residenziale privato con soluzioni per l’arredo bagno, ceramiche, rivestimenti, mobili, serramenti e finiture per tutta la casa. All’estero siamo presenti con uno show room a Parigi, inaugurato a novembre.
In questi anni di crisi quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità?
Abbiamo cominciato a valutare l’estero nel 2012 spinti dall’affermazione del design made in Italy nel mondo. Ma anche come risposta al calo del mercato interno in un periodo di particolare stagnazione per l’economia italiana. In quel periodo abbiamo stretto relazioni commerciali con Paesi europei ed abbiamo partecipato a progetti internazionali, come la costruzione della Socar Tower di Baku in Azerbaijan. Queste esperienze ci hanno aperto gli occhi sulle possibilità di espansione. Per questo primo passo abbiamo scelto Parigi perché è all’avanguardia nel campo del design, ha una solida immagine internazionale ed una posizione di leadership aperta a tutto il mercato europeo.
Nella sua esperienza quale è stato il mercato più problematico e quello con maggiori margini di successo?
Ogni Paese ha legislazioni diverse dalle nostre, va affrontato ed analizzato nel dettaglio per non incorrere in errori anche se, in linea generale, si può dire che nei Paesi europei il contesto è più famigliare rispetto a quelli extra UE.
Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?
L’apertura a Parigi è un progetto pilota che potrebbe essere replicato in altre capitali europee. L’intenzione è quella di creare un modello di business, un format, che possa facilmente adattarsi a diversi contesti di mercato, con le dovute differenziazioni.
Ritiene che l’internazionalizzazione di cui oggi si parla tanto sia un’esigenza imprescindibile per tutte le imprese italiane?
Una volta si guardava al mercato locale, oggi il mondo è a portata di mano. Gli spostamenti sono veloci, internet unisce tutti. Internazionalizzare è quasi indispensabile per poter stare al passo con i tempi. Il Made in Italy gode di un’immagine già forte nel mondo, ma non va dimenticato che quando si entra in casa d’altri si chiede permesso e ci si comporta secondo le regole di quella casa. Oltre ai prodotti noi cerchiamo di portare un modo di pensare, una professionalità, un servizio. Lo show room di Parigi, ad esempio, punta ad andare oltre la semplice rivendita per diventare un “Atelier” creativo sulle ultime tendenze nel campo del design, attraverso la ricerca di nuovi trend e la formazione, la consulenza, la progettazione su misura.
Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?
L’estero è una risorsa ed un’opportunità, ma non si deve credere di poter uscire dai confini senza un obiettivo ben preciso, una ricerca di mercato e una concreta idea di business. Nel nostro caso, poi, hanno giocato un ruolo importante anche le solide relazioni con i produttori italiani che ci hanno affiancato come partner in questo progetto.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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