Dedicare una particolare attenzione ad un Paese popolato da appena 1,3 milioni di abitanti può sembrare un po’ esagerato ma alcune delle caratteristiche e delle opportunità offerte dall’economia estone sono davvero sorprendenti. Scopriamole insieme!
Per comprendere quanto l’Estonia rappresenti uno dei Paesi tecnologicamente più avanzati al mondo nel settore dell’e-government è sufficiente osservare che un cittadino estone è obbligato ad essere fisicamente presente dinanzi alle autorità nazionali solamente in tre specifici casi: quando si sposa, quando divorzia e all’atto di acquisto di un immobile.
Tutte le altre operazioni possono invece essere svolte esclusivamente per via digitale con un notevole vantaggio per i cittadini e, naturalmente, per le casse dello stato.
Certo, il contenuto numero di cittadini dello Stato ha agevolato questa rivoluzione tecnologica ma non per questa ragione essa deve essere sminuita.
L’Estonia rappresenta inoltre la nazione con il più alto tasso di startup procapite al mondo ed è quindi un luogo dove fare impresa è estremamente semplice.
E per questo è abbastanza intuitivo capire perché Tallinn, nel corso del suo mandato semestrale (1 luglio – 31 dicembre) alla presidenza del Consiglio UE, abbia cercato di concentrare molte delle sue energie proprio sul tema della rivoluzione digitale.
Uno dei simboli del successo di questa rivoluzione è senza dubbio la carta di identità estone che funge da documento per l’espatrio, carta di debito, patente di guida e tessera sanitaria. Su questa carta può inoltre essere caricato il proprio abbonamento ferroviario e le proprie ricette mediche: in parole povere essa rappresenta una specie di passe-partout che permette al cittadino si svolgere agevolmente una serie di importanti attività.
La filosofia che soggiace alla creazione di questo strumento è addirittura banale: lo Stato non può chiedere a un cittadino un documento di cui l’amministrazione pubblica locale o centrale è già in possesso o che esso stesso ha emesso.
L’attuale premier del Paese, Juri Ratas, non si stanca di sottolineare i risultati raggiunti negli anni, ponendo particolare enfasi proprio sulla diffusione delle procedure digitali che permette, fra l’altro, di “risparmiare ogni mese 300 metri di carta, una pila alta quanto la Tour Eiffel”.
Il Paese poi ha anche lanciato, nel corso del mandato dell’ex premier Taavi Rõivas, la e-residency, una sorta di residenza elettronica che, sebbene non fornisca gli stessi diritti di quella tradizionale, può rivelarsi uno strumento molto utile agli imprenditori che intendono investire nel Paese (per approfondimenti clicca qui).
Ma non è finita qui ed infatti per incentivare i propri cittadini a fare business è nato a Tartu un Enterprise Village, ovvero un luogo di formazione all’interno del quale incentivare i ragazzi con età compresa fra i 5 ed i 18 anni a familiarizzare con la cultura d’impresa e con le problematiche che molti imprenditori si trovano a dover affrontare quotidianamente.
Il prezzo per frequentare le lezioni è di 375 euro l’anno ed oltre alle classiche lezioni gli iscritti possono decidere di frequentare seminari di marketing ed economia in cui vengono simulate, utilizzando giochi di ruolo, situazioni imprenditoriali vere e proprie.
Rapporti con l’Italia
I rapporti commerciali fra Italia ed Estonia sono piuttosto proficui, soprattutto se si considera che l’Estonia possiede un numero di abitanti molto vicino a quelli di Milano.
Nel 2016 l’interscambio complessivo fra Roma e Tallinn si è attestato su oltre 520 milioni di euro con un saldo commerciale nettamente positivo a favore del Belpaese. Il trend si è confermato anche nei primi dieci mesi del 2017 durante i quali le vendite di prodotti italiani in Estonia hanno subito un incremento del 6,7% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno a fronte di un incremento dell’import italiano dall’Estonia pari a +12,5%.
Nonostante ciò negli ultimi mesi non sono mancate alcune tensioni fra i due Paesi dovute in particolare al Crossborders aspects in alcohol policy-tackling harmful use of alcohol, un documento che nasce per contrastare l’uso dannoso dell’alcol ma che non opera distinzioni nette tra uso e abuso di alcolici, finendo per associare tanto il vino come i superalcolici al tabacco.
Questo documento ha provocato la forte reazione delle rappresentanze del vino Made in Italy che si sono rivolte al governo Gentiloni al fine di contrastare la visione nordeuropea che non comprende l’esistenza di una morigerata e responsabile cultura del bere, quella mediterranea, che differisce profondamente dalla visione nordeuropea di eccesso e sballo.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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