Exportiamo.it ha avuto il piacere di incontrare Licia Mattioli, amministratore delegato di Mattioli Gioielli, donna straordinaria capace di scalare rapidamente le vette della high-fashion con la sua proposta femminile e sofisticata ma al contempo flessibile. Un successo perfettamente suggellato dalla nomina a Cavaliere del Lavoro attribuitagli lo scorso giugno dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ci racconti brevemente la storia della sua azienda…
Nel 1995 la mia famiglia ha cominciato l’acquisizione del laboratorio orafo più antico della città di Torino, che vanta lo storico punzone “1 TO”, acquisizione terminata nel 2000. Da allora abbiamo avviato un grande processo di rinnovamento dell’azienda combinando le competenze industriali derivanti dal background manageriale di mio padre, con la straordinaria capacità artigianale delle risorse umane presenti in azienda. L’atelier era in origine specializzato nella creazione di catene e collane d’oro fatte a mano, abbiamo poi introdotto la produzione di alta gioielleria e di oreficeria e con l’introduzione delle nuove tecnologie e dei nuovi processi sulla capacità artigianale siamo riusciti a restare competitivi e continuare a produrre tutto rigorosamente in Italia. L’azienda ha due anime: una è quella della produzione per conto di grandi marchi internazionali e l’altra è il brand Mattioli. Le nostre collezioni sono intimamente legate al mondo dell’arte contemporanea: infatti ho avuto per qualche anno una galleria d’arte che è stata fonte di grande ispirazione, insieme a numerosi viaggi e al mondo della natura. Tutto questo si tramuta in “una storia di sogni” che accompagna ogni gioiello. Inoltre, le collezioni sono sempre frutto di ricerca di nuovi materiali o nuove tecniche produttive, senza perdere di vista le lavorazioni più classiche. Infatti continuiamo a dare grandissima importanza al lavoro artigianale grazie alla valenza di mastri orafi abili nella lavorazione dell’oro a ciclo completo: dalla fusione del lingotto fino al pezzo finito.
Quali sono gli elementi e le condizioni che ne hanno decretato il successo sul mercato attuale?
Il successo sul mercato attuale è frutto di un processo di rinnovamento che fonde insieme artigianalità italiana e innovazione tecnologica e industriale per arrivare a produrre collezioni di alta qualità, ma è frutto anche di tanta ricerca. Abbiamo cercato sempre di differenziarci e l’essere diversi ci permette di trovare uno spazio nel mondo nel quale esprimere la nostra creatività. Le sfide sono state tante, per esempio in termini di ricerca di materiali e di nuove tecniche di produzione. Ricordo infatti che quando lanciammo l’uso delle madreperle nella nostra collezione Puzzle tanti anni fa, un vecchio gioiellerie mi chiese se avevo deciso di fare i gioielli con i bottoni ed oggi la madreperla viene usata nei gioielli più importanti in tutto il mondo…
In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità?
Certamente l’espansione verso mercati internazionali è stata una necessità, perché per poter essere un marchio non basta essere presenti solo in Italia, perciò se parliamo di espansione non ci riferiamo solo a quella durante gli anni di crisi gli anni di crisi. La richiesta di Made in Italy continua a crescere ed il riconoscimento della qualità manifatturiera italiana all’estero è più forte che nel nostro stesso Paese. Se guardiamo i dati del 2017 della nostra azienda possiamo osservare che la nostra crescita è soprattutto dovuta alle esportazioni.
Quale metodologia di ingresso ha adottato per fare business all’estero ed in quali mercati siete oggi presenti?
Esportiamo i nostri gioielli in tutt’Europa, in Russia ed anche oltreoceano: Usa e Giappone sono i nostri mercati di riferimento. Abbiamo una solida rete commerciale che si avvale di agenti attraverso i quali gestiamo i rapporti con i nostri clienti. Dal 2016 siamo presenti sul mercato europeo anche attraverso il nostro online store, tramite il quale il consumatore finale può acquistare i gioielli della nostra collezione best-seller “Puzzle”.
Qual è il “peso” delle attività internazionali oggi sul suo business?
L’export attualmente raggiunge l’85% del nostro fatturato.
Nel vostro percorso di espansione all’estero siete stati supportati da strutture pubbliche e/o da società di consulenza private?
Le mie esperienze come Presidente della Federazione Orafi Italiani e in Confindustria come vice Presidente con delega all’internazionalizzazione mi hanno permesso di guidare personalmente un percorso di promozione all’estero delle aziende italiane. In particolare ho partecipato insieme con l’Ice (Istituto per il Commercio Estero) alla realizzazione del piano del Ministero dello sviluppo Economico “Made in Italy” e alle promozioni del sistema produttivo italiano. Nel 2011, ho creato Exclusive Brands Torino, una rete orizzontale di aziende piemontesi per promuovere i prodotti del lusso del nostro territorio all’estero in modo collettivo.
Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero, e più in generale, quali sono state le principali difficoltà riscontrate?
La burocrazia all’estero varia da paese a paese, è difficile dare una risposta univoca. La produzione della documentazione necessaria per esportare va comunque sempre gestita con molta precisione. In Europa siamo agevolati, ma in molti altri paesi ci si muove con grande difficoltà o non si riesce proprio ad esportare. Altrove c’è invece il problema dei dazi doganali, che soprattutto nel caso di beni di lusso, visti i valori in gioco, rischiano di penalizzare o rendere impossibili le esportazioni.
Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?
I nostri mantra ora sono crescere (in termini di dimensione aziendale), perché in un mondo globale piccolo non è più bello, e consolidare i mercati in cui siamo già presenti.
Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?
Il mio consiglio è di non essere precipitosi quando si desidera penetrare un nuovo mercato. L’espansione verso l’estero, sia questa intesa come export di beni, sia di servizi, necessità di una fase di analisi preparatoria ad hoc. Individuare un singolo mercato e tracciare una peer analysis per individuare le potenzialità – ma anche i fattori di rischio - è il primo step; al quale deve seguire un’attenta valutazione dei competitor già presenti, così come un’accurata valutazione del target di riferimento. Precipitarsi con entusiasmo semplicemente perché si riceve un singolo ordine per prodotti o merci non è mai saggio. Analizzare e settorializzare invece permettono di creare una strategia di ingresso mirata.
Fonte: a cura di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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