Libano: quanto è rischioso investire nel Paese dei cedri?

Libano: quanto è rischioso investire nel Paese dei cedri?

04 Dicembre 2017 Categoria: Focus Paese Paese:  Libano

Non è semplice parlare delle opportunità offerte dal piccolo Paese del Vicino Oriente se si considera la delicata situazione che Beirut sta attraversando oggi, ritrovandosi al centro di una seria disputa fra Arabia Saudita ed Iran per la leadership regionale.

Il Paese dei cedri è accerchiato. L’ombra di Arabia Saudita, Stati Uniti e Israele si allunga infatti su Beirut con i tre Paesi che adesso sembrano intenzionati a fermare gli sciiti libanesi di Hezbollah, alleati con la Siria di Assad e soprattutto con l’Iran di Rouhani.

Sono infatti proprio gli iraniani, attraverso Hezbollah – organizzazione politica nata nei primi anni 80 che, grazie al supporto iraniano – i responsabili della crescita del movimento sciita in Libano. Una crescita tale da renderlo addirittura più potente dell’esercito regolare libanese.

La situazione politica di Beirut è molto complicata e ciò è dimostrato dalle recenti dimissioni di Saad Hariri, primo ministro libanese, che ha dichiarato senza mezzi termini di temere per la sua vita. Un timore comprensibile dal momento che suo padre, Rafiq Hariri, ex premier libanese, fu assassinato nel 2005 proprio da Hezbollah.

Accusando l’Iran di pesanti ingerenze Hariri ha anche usato toni durissimi contro gli Hezbollah, che ormai da tempo rappresentano il vero potere forte nel Paese.

Il Libano dunque appare quindi sempre più prossimo ad essere definitivamente coinvolto nella guerra civile siriana in cui si contrappongono per la leadership regionale Arabia Saudita, culla dell’Islam sunnita ed l’Iran, roccaforte dell’islam sciita.

Il rischio più grande oggi però non è che il Libano possa essere ‘semplicemente’ isolato come il Qatar e che quindi possa subire delle conseguenze dal punto di vista economico, perché i più pessimisti non escludono la possibilità che Beirut venga coinvolta nell’ennesima (tragica) guerra svolta in territori mediorientali.

Questa eventualità potrebbe dare un forte scossone alla fragile economia libanese, già pesantemente colpita da sei anni di guerra nella vicina Siria e da divisioni politiche che hanno notevolmente rallentato la crescita dello stato che viaggiava ad una media del +8% annuo, prima del 2011.

Inoltre il Libano ha uno dei rapporti più alti tra debito e PIL di tutto il Medio Oriente (nel 2016 ha toccato addirittura il 146,6%), un deficit di bilancio superiore al 9% del PIL, un deficit di partita corrente superiore al 17% ed una legge di bilancio che non viene approvata da 12 anni.

In più il parlamento libanese è bloccato dal 2014 a causa dell’incapacità della sua classe politica di approvare una nuova legge elettorale.

Nonostante tutto però il Libano lo scorso anno è cresciuto dell’1% mentre quest’anno dovrebbe addirittura riuscire a superare il 2%. Merito soprattutto di Riad Salameh, governatore della banca centrale (la Banque du Liban - BdS) da ormai quasi un quarto di secolo. La relativa stabilità economica libanese, capace di superare una serie di eventi nefasti come una guerra civile durata quindici anni, il conflitto con Israele nel 2006 e l’afflusso di quasi due milioni di profughi dalla Siria (in un paese che conta un totale di sei milioni di abitanti), sembra però essere ora a rischio.

In particolare un’eventuale svalutazione della lira libanese (ancorata da tempo ad un cambio fisso ma non ufficiale con il dollaro) avrebbe conseguenze molto gravi per il potere d’acquisto della popolazione con effetti imprevedibili sulla società libanese.

Rapporti con l’Italia

Italia e Libano intrattengono buone relazioni politiche e commerciali e l’interscambio fra i due Paesi nel 2016 si è attestato su 1,2 miliardi di euro, con una schiacciante prevalenza dell’export italiano (1,19 miliardi di euro) contro gli appena 35 milioni di euro di acquisti di prodotti Made in Libano nel Belpaese. Ed il trend, nei primi sette mesi del 2017, è in ulteriore crescita con un incremento delle vendite di prodotti italiani in Libano pari al 27,4%.

In Libano vendiamo soprattutto prodotti della meccanica, abbigliamento (con particolare riferimento ai prodotti in pelle), prodotti chimici, coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio. A Beirut e dintorni il consumo di prodotti italiani è legato al concetto di qualità e di lusso perché contribuisce a migliorare l’immagine di chi lo consuma, in un Paese in cui l’immagine conta molto.

Fra i due Paesi inoltre si riscontra una certa vicinanza culturale che si nota semplicemente passeggiando per le vie della capitale del Paese, dove i nomi italiani nelle insegne dei negozi sono davvero numerosi specialmente per quel che riguarda attività commerciali relative all’abbigliamento femminile ed alla ristorazione.

Infine si sottolinea che sussistono diversi fattori (vicinanza geografica, dinamismo imprenditoriale, diffusa conoscenza della lingua italiana, similarità delle strutture aziendali e della gestione familiare) che contribuiscono a favorire i rapporti tra le aziende italiane e libanesi, nonostante il delicato politico contesto con cui Beirut è costretta a convivere.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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