Israele, come fare business nella ‘Startup Nation’

Israele, come fare business nella ‘Startup Nation’

20 Novembre 2017 Categoria: Focus Paese Paese:  Israele

Israele è uno stato tristemente noto per un passato doloroso ed un presente ancora lontano dalla serenità. Forse proprio per questa ragione passano spesso in secondo piano le svariate opportunità che dovrebbero spingere le imprese italiane e straniere ad investire a Tel Aviv e dintorni.

Chiunque abbia visitato Israele ha visto con i propri occhi come i principali luoghi di ritrovo siano presidiati da personale armato e metal detector e quanto i controlli individuali siano molto approfonditi ed invasivi. Addirittura centri commerciali, cinema, locali notturni, ristoranti e palestre usano maggiorare i costi dei ticket d’ingresso o dei prodotti/servizi commercializzati per sovvenzionare il personale armato all’entrata.

Israele è uno stato che vive in uno Stato di guerra e di continua allerta da decenni e per questo pensare di investire in questo mercato non è un’idea che sorge con immediata naturalezza agli imprenditori stranieri.

Tuttavia l’economia israeliana poggia su solide basi e, nell’ultimo triennio, il PIL è cresciuto ad un ritmo medio superiore al 3,3% annuo.

Se si guarda ancora più indietro nel tempo i risultati sono ancora più sorprendenti perché fra il 2006 ed il 2016 l’economia israeliana è cresciuta di oltre 100% in più rispetto a quella americana, evidenziando un costante e cospicuo sviluppo economico.

Fra le caratteristiche fondanti dello Stato vi è una spiccata cultura d’impresa in cui si mescolano una serie di elementi come pragmatismo, ambizione, tenacia ed elevata propensione all’assunzione del rischio imprenditoriale.

Inoltre le istituzioni del Paese rappresentano un alleato prezioso per chi vuole fare impresa in Israele e la loro azione è storicamente orientata a favorire ricerca ed innovazione anche attraverso la creazione di importanti sinergie fra il mondo imprenditoriale e quello scientifico/accademico.

La grande propensione dello Stato nei confronti delle imprese è dimostrata anche dal fatto che Israele si posiziona al primo posto al mondo per il numero di start-up pro capite e per questa ragione si è guadagnato l’appellativo di ‘Startup Nation‘.

Sono infatti circa 4.000 le start-up tecnologiche attive nel Paese e, di fatto, fatta eccezione per la Silicon Valley, è qui che si ritrova la più alta concentrazione di aziende di high-tech su scala globale.

Inoltre alcune delle più grandi multinazionali internazionali hanno sviluppato scoperte chiave nei loro centri di R&D in Israele, fra cui Microsoft, Facebook, Motorola, Apple, Intel, HP, Siemens, Google, Samsung, Philips, Vodafone, Windows e IBM.

Comunque fra i settori trainanti dell’economia del Paese, oltre a quello del software e IT, citiamo:

- Aerospazio: settore che rappresenta una storica eccellenza industriale;

- Agribusiness: sono molte le aziende israeliane che offrono soluzioni in grado di migliorare la qualità e la quantità della produzione agricola. Il settore è in crescita, principalmente per l’impellente necessità di affrontare un clima avverso e la scarsità di terreni e acqua;

- Agroalimentare: l’industria alimentare israeliana offre prodotti che vengono esportati sui migliori mercati di Europa e Stati Uniti. La salute, che è in cima alla lista delle priorità dei consumatori israeliani, ha favorito lo sviluppo dei prodotti alimentari vegetariani, senza zuccheri e biologici;

- Scienze della Vita: Israele è inoltre diventato uno dei principali fornitori di soluzioni innovative nel campo delle scienze della vita, per soddisfare le esigenze moderne nel settore sanitario, ridurre i costi sanitari globali e le crescenti esigenze legate all’invecchiamento della popolazione mondiale e fornire cure mediche di qualità più elevata alle classe medie emergenti dei Paesi in via di sviluppo con particolare focus sulla lotta contro il cancro.

Rapporti con l’Italia

Le dimensioni del mercato interno sono abbastanza ridotte (appena 8,3 milioni di abitanti) e la diffusione dei prodotti italiani non incontra particolari difficoltà fatta eccezione per i prodotti alimentari per i quali è bene non dimenticare che ottenere il certificato kosher è fondamentale per poter entrare nel mercato israeliano nella sue pienezza, nonostante siano state inaugurate anche catene di distribuzione di prodotti alimentari non-kosher.

Un’altra particolarità che emerge (in particolare nel settore dei materiali elettrici) è legata ad ostacoli tecnici all’importazione di prodotti, attraverso l’imposizione di standard equivalenti ai criteri internazionali.

Le relazioni economiche bilaterali fra Italia e Israele hanno subito delle importanti trasformazioni a partire dall’inizio degli anni ’90 anche per merito delle importanti riforme che hanno liberalizzato il mercato.

Con il passare del tempo negli ambienti imprenditoriali italiani è cresciuta, quindi, la consapevolezza del rilievo assunto dall’high-tech israeliano e delle opportunità che offre, mentre l’Italia è vista come un valido partner nella fase di industrializzazione dei prodotti e delle tecnologie, grazie a diversificazione, flessibilità ed estensione del nostro sistema industriale.

Nel 2016 l’interscambio fra i due Paesi si è attestato su 3,4 miliardi di euro con una netta prevalenza delle vendite di prodotti italiani in Israele (€ 2,5 miliardi) rispetto all’import di prodotti israeliani in Italia (€ 900 milioni).

Nei primi sette mesi dell’anno in corso (gennaio-luglio) l’incremento dell’export italiano nel Paese è stato pari al 6% ed i prodotti italiani maggiormente venduti rimangono prodotti chimici, prodotti alimentari, mobili e prodotti della meccanica.

Infine segnaliamo un motivo in più per fare business in Israele: il programma Innovation Visas lanciato dall’Israel Innovation Authority, che fornisce visti e sostegno lavorativo agli imprenditori stranieri residenti in Israele.

Questo programma da agli imprenditori stranieri la possibilità di entrare con maggiore facilità nell’ecosistema locale per sviluppare le loro iniziative innovative ed avviare le proprie aziende nella ‘Startup Nation’.

Con questo visto gli imprenditori potranno rimanere in Israele per 24 mesi, mentre riceveranno sostegno da parte dell’Authority’s Tnufa program, che esiste specificamente per aiutare gli imprenditori nelle fasi embrionali dei loro progetti.

Decisamente un’occasione da non perdere.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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