L’Italia può davvero diventare il terminale occidentale della Nuova Via della Seta?

L’Italia può davvero diventare il terminale occidentale della Nuova Via della Seta?

20 Ottobre 2017 Categoria: Exportiamo Incontra Paese:  Cina

Con Ettore Francesco Sequi, Ambasciatore d’Italia in Cina, si è tracciato un quadro delle relazioni fra Roma e Pechino e di come la Belt and Road Initiative possa produrre reciproci beneficiai due Paesi rendendo l’Italia un hub strategico nelle rotte commerciali tra Europa e Cina.

Come si sono evolute nel tempo le relazioni istituzionali ed economiche fra Italia Cina?

Nella Cina che proprio in questi giorni affronta l’importante appuntamento del XIX Congresso del PCC, il rapporto politico-istituzionale è cruciale per la costruzione ed il rafforzamento delle relazioni economiche e commerciali ed oggi il partenariato strategico tra Italia e Cina vive un momento molto felice. Negli ultimi dodici mesi il rapporto bilaterale tra i due Paesi non si è solo consolidato, ma è cresciuto e si è rafforzato, con una frequenza di scambi senza precedenti. Solo nel 2017 abbiamo accolto prima il Presidente della Repubblica Mattarella per una storica visita di Stato in ben quattro città cinesi, accompagnato dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Alfano e dal Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Delrio. Nel maggio scorso, il Presidente del Consiglio Gentiloni ha partecipato al Belt and Road Forum di Pechino e ha avuto lunghi e proficui incontri con il Presidente Xi e con il Primo Ministro Li Keqiang. A metà giugno abbiamo accolto il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Galletti e a fine settembre il Ministro della Giustizia Orlando. Il Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico Scalfarotto in circa un anno ha svolto otto missioni in Cina e numerose sono state le delegazioni parlamentari presenti qui a Pechino.

In tutte queste occasioni abbiamo condiviso strategie, lanciato progetti, firmato accordi anche di carattere economico, rafforzato un’amicizia antica, basata certamente su storici legami commerciali, ma soprattutto su un profondissimo legame culturale. La partecipazione a Belt and Road è stata solo l’ultima di una lunga lista di iniziative che hanno reso i nostri rapporti ancora più stretti.

I vertici delle nostre Istituzioni hanno testimoniato la capacità dell’Italia di comprendere i molteplici cambiamenti in atto nella Cina di oggi, di saper mobilitare imprese, sistema accademico e mondo della cultura per consolidare e sviluppare le relazioni bilaterali. Cosa assai apprezzata dalle Autorità cinesi, abbiamo dato prova di concretezza e lungimiranza. La visita del Presidente Gentiloni ha inoltre promosso l’adozione, insieme al Primo Ministro Li Keqiang, del nuovo Piano d’Azione pluriennale per il rafforzamento della cooperazione politica, economica e culturale tra Italia e Cina da qui al 2020.

Questa scadenza non è casuale. Italia e Cina hanno deciso di lanciare un piano di collaborazione condiviso, la “Road to 50”, una strada da percorrere insieme da qui al 2020: l’anno in cui si celebreranno i 50 anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina e anno in cui si concluderà il XIII Programma Quinquennale cinese, alla cui realizzazione l’Italia può offrire un importante contributo in vari settori. Si tratta in particolare di alcuni settori prioritari individuati dallo stesso Piano d’azione cui facevo riferimento, ovvero: sanità, urbanizzazione, tecnologie verdi, energia e tutela dell’ambiente, agricoltura e sicurezza alimentare, aviazione e aerospazio, cultura e industrie creative.

Ci parla dell’iniziativa Belt and Road? Quali sono le opportunità per l’Italia?

L’Italia ha creduto sin dall’inizio alle enormi potenzialità di “Belt and Road”, l’iniziativa lanciata dal Presidente Xi Jinping alla fine del 2013 allo scopo di rafforzare le interconnessioni tra Cina e Europa. Di qui la scelta di essere socio fondatore della Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) e, più recentemente, la partecipazione del Presidente Gentiloni, unico tra i Capi di Stato e di Governo dei Paesi G7, al “Belt and Road Forum for International Cooperation”, svoltosi su impulso del Presidente Xi a Pechino il 14-15 maggio scorsi.

Situata al centro del Mediterraneo, dotata di eccellenti porti e infrastrutture, collegata ai principali corridoi europei tramite le sue efficienti reti stradali e ferroviarie, riconosciuta come seconda base manifatturiera d’Europa e Paese leader nell’innovazione tecnologica, l’Italia è il terminale occidentale naturale della Nuova Via della Seta.

Ci aspettiamo profondi e reciproci benefici dalla Belt and Road Initiative (BRI): l’Italia può diventare un hub strategico nelle rotte commerciali tra Europa e Cina. La Cina a sua volta potrà avere in noi un partner privilegiato per raggiungere gli ampi e ricchi mercati dell’Europa centrale e settentrionale. Esistono poi importanti opportunità di collaborazione in mercati terzi, in cui i rispettivi punti di forza delle aziende italiane e cinesi possono essere utilmente messi a fattor comune.

Ci delineerebbe un quadro generale delle prospettive economiche dell’economia cinese nel breve e medio periodo?

Oggi la Cina non vive un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca. Il “Sogno Cinese” lanciato dal Presidente Xi Jinping ha due obiettivi dichiarati:

- uno di medio periodo, con uno sguardo al 2021 e al centenario della fondazione del Partito Comunista: la costruzione di una “società moderatamente prospera” e cioè il raddoppio del reddito pro-capite del 2010;

- uno di lungo periodo, da raggiungere nel 2049 a cento anni dalla fondazione della Repubblica Popolare: l’ambiziosa, piena modernizzazione della Cina.

Lo strumento cruciale è, nel primo caso, il XIII° Programma quinquennale di sviluppo socio-economico del Paese (2017-2020), al centro del quale vi sono i sempre attuali temi dell’innovazione, del benessere del popolo e della crescita del PIL a tassi quantitativamente del 6,5% l’anno. Si parla di “nuova normalità”: una crescita meno impetuosa rispetto al recente passato e più attenta alla salute dei cittadini e all’ambiente, centrata sulla qualità dei prodotti e dei servizi.

Per il raggiungimento di questi obiettivi, il Governo ha inoltre lanciato una serie di riforme strutturali con l’obiettivo di rafforzare la stabilità finanziaria del Paese, attraverso una revisione dei meccanismi di vigilanza prudenziale e regolamentazione dei mercati finanziari.

Se si allarga l’orizzonte al 2049 e al secondo centenario summenzionato, occorre pensare al ruolo che la Cina avrà nel mondo e al contributo che i Paesi vorranno dare lungo quelle “Nuove Vie della Seta”, marittime e terrestri, tracciate da Xi Jinping sin dall’inizio del suo mandato presidenziale. A questa iniziativa si affianca un altro importante pilastro della strategia di sviluppo cinese: il piano industriale “Made in China 2025”.

Nel mercato cinese c’è spazio per le PMI italiane o sono sempre le grandi aziende ad avere le maggiori possibilità di successo?

Affrontare un mercato come questo non è semplice, tenuto conto che la Cina è grande come un continente e tra le sue Province vi sono grandi differenze e persino alcuni squilibri. Indubbiamente le aziende maggiormente strutturate hanno il vantaggio di poter investire di più e dedicare risorse al marketing. Al tempo stesso, penso che vi sia spazio anche per le PMI, soprattutto quelle che operano in settori altamente specializzati e innovativi, ad elevato valore aggiunto. Lo confermano i dati del nostro export.

I consumatori e gli imprenditori cinesi apprezzano sempre più la qualità dei prodotti delle nostre aziende (anche le più piccole). Abbiamo esempi di successo, ad esempio nel settore dell’arredo, di PMI che affrontano la sfida di questo mercato in modo organizzato e coeso, con un approccio capace di trasformare in opportunità la complessità del mercato cinese. In linea generale, comunque, la collaborazione tra PMI è ormai riconosciuta come un fattore centrale della collaborazione economica italo-cinese. Essa è stata infatti posta al centro del recente accordo tra Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e China Development Bank (CDB) per la costituzione di un fondo di equity, nonché delle piu’ recenti iniziative del Business Forum Italia-Cina.

Come procede l’interscambio commerciale fra Roma e Pechino e quali sono i prodotti italiani maggiormente apprezzati dalla popolazione locale?

A conferma di quanto dicevo nella mia prima risposta sull’importanza del rapporto istituzionale, l’andamento dell’interscambio bilaterale sulla base dei dati delle Dogane cinesi, elaborati da ICE Agenzia/Ufficio di Pechino, è positivo, con particolare riferimento ai primi otto mesi del 2017 se comparata con lo stesso periodo dello scorso anno.
Nel dettaglio tra gennaio e agosto le importazioni dall’Italia in Cina sono cresciute di oltre il 22% e le esportazioni cinesi verso l’Italia sono cresciute del 7%.
In Cina, l’Italia esporta maggiormente macchinari, autovetture, prodotti chimici e farmaceutici, apparecchiature elettriche e articoli di pelle.

Quali sono le caratteristiche principali che i consumatori cinesi ricercano quando acquistano beni di consumo?

Anche in Cina, l’Italia è sempre più percepita come sinonimo di lifestyle. Il bene di consumo italiano, dalla moda ed accessori all’agroalimentare, ai gioielli, all’arredamento viene associato ad un valore che è intrinsecamente collegato all’origine, italiana, dei prodotti.

La strategia e lo sforzo promozionale che ICE Agenzia sta mettendo in campo con un Programma Promozionale MISE-ICE dedicato alla Cina il cui investimento pubblico è quintuplicato nell’ultimo anno passando da 5 a 20 milioni di euro è proprio quello di far conoscere questo valore al consumatore cinese. Raccontandogli anche la storia, il territorio, l’esperienza e la “cultura” italiana, che si traduce poi in un bene di consumo che, non a caso, è unico in tutto il mondo. E contemporaneamente assicurando che si tratti di un prodotto “sicuro”.

A tale storytelling valoriale si aggiunge un inedito sforzo realizzato nell’ultimo biennio di “comunicare alla Cina con gli strumenti che la Cina ha”, per informarsi e comprare. Ovvero, non più solo operazioni offline (negozi fisici; fiere; ecc.) ma anche online (piattaforme e-commerce e applicazioni dedicate per smartphone;, wechat, ecc.).

I risultati ci stanno dando ragione. Le faccio, su tutti, l’esempio del vino, un settore nel quale abbiamo ampi margini di crescita. Grazie anche a questa strategia messa in campo da ICE e al raccordo che si sta facendo tra tutti i soggetti italiani che si occupano di promozione vino, il recupero è cominciato: oltre il 20% in valore nei primi mesi del 2017.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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