L’economia della Repubblica Ceca sta attraversando una positiva fase espansiva sulla quale però gravano ancora le incertezze relative al processo di adesione alla moneta unica. Saranno le elezioni del prossimo ottobre a fornire ad investitori e businessman globali una maggiore chiarezza in tal senso?

La Repubblica Ceca può essere considerata a tutti gli effetti un’economia emergente: basti pensare che, secondo la Central Intelligence Agency, il reddito pro capite medio è cresciuto, dal 2014 al 2016, di ben 2.000 dollari attestandosi a 33.200 dollari.

Inoltre il Paese è recentemente salito al primo posto della classifica stilata da Degroof Petercam Asset Management (Dp) fra i Paesi emergenti che effettuano investimenti più sostenibili precedendo nell’ordine Hong Kong, Polonia, Albania e Panama.

Oggi i fondamentali economici di Praga sembrano buoni e la crescita del PIL è trainata da un incoraggiante incremento dei consumi delle famiglie ceche che hanno beneficiato di un consistente abbassamento del tasso di disoccupazione sceso ad un valore vicino al 4% annuo.

Anche sul fronte industriale si registrano buone notizie, specialmente per ciò che concerne il comparto automotive, che lo scorso anno ha mostrato ottimi trend di crescita. Esso rappresenta un cardine dell’economia ceca (lo Stato ospita i siti produttivi di tre grandi case automobilistiche: Škoda, Toyota Peugeot Citroën Automobile e Hyundai – ndr) in quanto contribuisce al PIL per oltre il 7% assorbendo circa 1/4 della produzione manifatturiera e delle esportazioni complessive del Paese.

Il Paese inoltre dispone di caratteristiche peculiari che lo rendono assai attrattivo per imprenditori ed investitori stranieri fra cui spiccano un sistema politico-sociale stabile, un’ampia disponibilità di manodopera qualificata a costi ragionevoli ed un sistema di incentivi agli investimenti vantaggioso e trasparente.

Fra le altre condizioni più interessanti offerte ci sono poi un mercato del lavoro flessibile, una tassazione agevolata (l’imposta sul reddito delle persone giuridiche è al 19% mentre quella relativa alle persone fisiche è al 15%) e un buon livello di sicurezza tanto che nel 2017 il Paese si è confermato al sesto posto fra gli Stati più sicuri al mondo secondo il “Global Peace Index″.

Rapporti con l’Italia

L’interscambio fra Roma e Praga gode di splendida salute e nel 2016 ha abbattuto un nuovo record avvicinandosi sensibilmente a quota 12 miliardi di euro (+11,6% rispetto al 2015) anche se il saldo commerciale è al momento sfavorevole per l’Italia per circa 800 milioni di euro.

Il Belpaese rappresenta oggi il quinto partner commerciale della Repubblica Ceca: meglio di noi fanno Germania, Slovacchia, Polonia e Cina.

In linea generale i prodotti Made in Italy sono riconosciuti come sinonimo di qualità e grande tradizione dai consumatori locali che amano in particolare i prodotti alimentari, d’arredamento e d’abbigliamento provenienti dalla Penisola. Da rilevare poi che l’acquisto di prodotti alimentari italiani è in grande ascesa nel Paese e seguire i precetti della dieta mediterranea sta diventando una moda sempre più diffusa.

Va infine evidenziato che il volume dell’export italiano verso la Repubblica Ceca è addirittura più elevato rispetto alle vendite di prodotti del Belpaese verso importanti mercati quali India, Australia, Brasile, Canada, Arabia Saudita e Sud Corea.

Moneta unica: sì o no?

Un’ultima questione sulla quale vale la pena porre una lente d’ingrandimento è quella relativa al processo di adesione del Paese all’euro, in merito al quale ci sono alternati segnali contrastanti negli ultimi mesi.

“La Repubblica Ceca è pronta ad adottare l’euro” – così Jiri Rusnok, governatore della Banca Centrale del Paese dell’Europa dell’est, si è espresso lo scorso giugno in merito alla possibilità che Praga possa adottare la moneta unica nei prossimi anni.

A dir la verità però ancora non è stata definita una roadmap che scandisca le tempistiche di un eventuale processo di adesione anche perché questo sarà uno dei temi cruciali di cui si discuterà in questi mesi che precedono le elezioni politiche, che avranno luogo il 20 e 21 ottobre 2017.

Sicuramente prima di poter introdurre la moneta europea sarà necessario ridurre il gap fra i prezzi ed i salari di Bruxelles e quelli di Praga, al fine di non rendere traumatica una transizione che avrebbe una certa valenza anche dal punto di vista storico in quanto il Paese ha fatto parte per decenni del cosiddetto blocco sovietico.

Effettivamente l’euro ha progressivamente perso appeal per cittadini ed istituzioni ceche a tal punto che la Banca nazionale ceca ha deciso di sganciare – ad aprile scorso – la corona dall´euro: abbandonando così il tasso di riferimento che da un triennio era rimasto bloccato a 27 corone ceche, la valuta nazionale è quindi ora libera di apprezzarsi/deprezzarsi in base alle richieste del mercato.

Questa decisione stenta a collimare con le sopracitate dichiarazioni del governatore che però sembra aver preferito frenare le turbolenze che negli ultimi tempi si stavano addensando sul bilancio pubblico nazionale.

Difficile prevedere cosa accadrà ma quel che è sicuro è che si registra una preoccupazione crescente circa i potenziali effetti che, un eventuale abbandono di Praga del cammino intrapreso verso la moneta unica, potrebbe avere sull’economia europea nel suo complesso.

Per saperne di più bisognerà almeno attendere il prossimo autunno e dunque l’esito delle elezioni politiche che vedranno contrapporsi l’attuale primo ministro della Repubblica Ceca, Bohuslav Sobotka (partito socialdemocratico), e l’ex ministro delle Finanze Andrej Babis (a capo di una formazione centrista) rimosso lo scorso 24 maggio dal suo incarico in seguito ad una crisi di governo perché indagato per irregolarità finanziarie ma che sembra godere di un diffuso consenso nel Paese.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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