Il Messico rappresenta un mercato di grande interesse per le produzioni italiane sia per le sue dimensioni (123 milioni di abitanti) ma anche e soprattutto perché nel Paese sta crescendo una classe medio-alta fortemente attratta dall’Italian style. Ne abbiamo parlato con il Direttore di ICE Città del Messico, Giuseppe Manenti, che ha evidenziato gli incentivi e le opportunità che le nostre PMI possono cogliere nel Paese centroamericano.

Quali sono le condizioni e le prospettive di crescita nel prossimo futuro per l’economia messicana?

Il Messico è un Paese con forti contraddizioni e grandi diseguaglianze: a fasce di povertà estrema si contrappongono infatti segmenti di ricchezza milionaria. Negli ultimi 20 anni nel Paese è però cresciuta una fascia di popolazione con reddito medio-alto che ha permesso l’aumento dei consumi interni con relativo incremento dell’import anche nel settore del lusso.

Nonostante i fenomeni di corruzione, micro- criminalità e delinquenza legata al narcotraffico, il Paese ha avuto negli ultimi decenni una costante crescita che ha però subito un certo rallentamento negli ultimi tempi. Le principali organizzazioni internazionali indicano che il PIL continuerà a crescere ad un ritmo superiore al 2% annuo.

Gli annunci di Trump hanno inizialmente bloccato gli investimenti mentre adesso gli analisti economici statunitensi confermano che imprese e la maggioranza dei politici a stelle e strisce sono convinti che il NAFTA sia un accordo che ha favorito lo sviluppo economico e sociale dei tre Paesi membri. Il termine “rinegoziazione” deve quindi essere inteso non come un’abolizione ma nella direzione di una modernizzazione e un miglioramento del trattato.

Che percezione ha il consumatore messicano dei prodotti Made in Italy?

Il messicano è molto conservatore negli usi e nei costumi e tradizionalmente più incline a seguire le usanze spagnole. In ogni caso la classe sociale medio-alta, che viaggia e che conosce le eccellenze italiane, è fortemente attratta dal Belpaese, dal nostro stile di vita e dai nostri prodotti. Un desiderio diffuso fra i cittadini messicani è quello di visitare l’Italia ed in effetti il turismo verso la Penisola è in aumento (e non solo verso le “mete classiche”).

Quali sono le categorie del Made in Italy più richieste in voga in Messico?

Il Messico è una destinazione importante per il nostro export: è il secondo mercato di sbocco delle nostre merci alla pari del Canada, in tutto il continente americano.
Certamente tra i beni di consumo l’arredamento, la moda, l’alimentare ed il vino sono quelli più gettonati e popolarmente riconosciuti.

I dati del 2016 ci dicono che il comparto della moda italiana è cresciuto del 15%, l’alimentare del 10% ed il vino del 17%. Quest’ultimo dato però non deve ingannare il consumo pro capite di vino è ancora molto basso, meno di un litro l’anno.

Discorso a parte meritano i macchinari e le tecnologie che rimangono il primo comparto per l’export italiano, circa i 2/3 del totale, in particolare il Messico è il nostro primo mercato di destinazione per le macchine utilizzate nella lavorazione del vetro, terzo per quelle della plastica, quarto per le fonderie e quinto per la ceramica.

Quali azioni hanno in programma le istituzioni messicane per incentivare gli investimenti esteri?

Il Messico è una Federazione di 32 stati ed ognuno di essi ha autonomia in molti settori tra cui le politiche per l’attrazione degli investimenti esteri. Per la maggior parte dei casi si tratta di incentivi fiscali, detrazioni di imposte e buone infrastrutture, sono infatti presenti Parchi industriali che permettono alle imprese straniere di minimizzare le difficoltà iniziali ottenendo servizi logistici, di connessione e di sicurezza ottimali.

In quali comparti industriali il Messico ha maggiore interesse nell’attirare investitori stranieri?

Il Messico è il quarto esportatore mondiale di auto, il settore attrae circa il 20% degli IDE provenienti da tutto il mondo, sia attraverso le case automobilistiche sia attraverso gli investimenti dei loro fornitori. Con 21 stabilimenti tutte le principali marche mondiali di auto sono operative in Messico dalle americane alle giapponesi, dalle francesi alle coreane sino alle cinesi.

L’Italia, oltre che con il gruppo FCA, è presente con un numero importante di imprese fra cui Pirelli, Magneti Marelli, Brembo ma anche con circa 30 imprese fornitrici di autoparti (Tier 1, Tier 2) . Altri settori dove sono molto attivi gli investimenti stranieri sono energia rinnovabile, Oil & Gas, hospitality e alcune nicchie come il comparto calzaturiero.

Quali sono le principali novità per le imprese straniere in seguito all’approvazione della riforma fiscale varata dal Governo del Presidente Pena Nieto?

La riforma fiscale è stata approvata per migliorare il sistema tributario del Paese, aumentare le capacità finanziarie dello stato, che nel 2014 registrava il gettito più basso di tutta l’America Latina, e dare ordine alle varie imposte sui redditi e sulle imprese. Ma oltre a quella fiscale, altra riforma forse la più significativa è stata quella energetica con l’apertura del mercato ad altri concorrenti nazionali ed esteri attraverso gare internazionali, come quella che ha visto l’italiana ENI aggiudicarsi l’esplorazione e l’estrazione del petrolio ín maniera esclusiva in acque del Golfo del Messico sia sulla terraferma.

Per quanto riguarda il settore elettrico ed in particolare per gli investimenti del rinnovabile, Enel Green Power ha importanti progetti attivi nel Paese come il nuovo campo eolico con il quale diventerà il primo produttore di energia derivata dal vento in Messico ed il parco fotovoltaico di Villanueva, i cui lavori sono appena iniziati, destinato a diventare il più grande impianto dell’America Latina.

Quali sono le principali difficoltà che un’impresa straniera deve metter in conto di fronteggiare qualora voglia espandersi/vendere in Messico?

Per quanto riguarda il commercio in generale, grazie al trattato di libero commercio con l’UE i dazi sono pressoche azzerati. Dunque non ci sono grossi problemi, fatta eccezione per alcuni settori, come il farmaceutico, cosmetico ed alimentare (specialmente latticini e derivati della carne) dove barriere sanitarie, certificazioni e lungaggini burocratiche inducono spesso a non proseguire con le trattative.

Per quanto riguarda gli investimenti invece non ci sono particolari difficoltà dal punto di vista legale e/o istituzionale. Le questioni da tener presenti sono: le differenze culturali, la non elevata qualità delle maestranze ed il loro frequente turnover con relativa mancanza di fidelizzazione.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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