Il Cile è un Paese particolare per la sua stessa conformazione geografica essendo il Paese più lungo del mondo (circa 4300 km) ma rappresenta anche una delle più importanti economie del Sudamerica. Delle prospettive di sviluppo e dello stato delle relazioni commerciali fra Santiago e Roma abbiamo parlato con il Direttore di ICE Cile, il dott. Sergio La Verghetta, che ha evidenziato come - anche se il trattato contro le doppie imposizioni siglato fra i due Paesi nel 2015 non sia ancora entrato in vigore - il Cile stia già riservando un trattamento particolarmente favorevole alle imprese della Penisola.

Dopo diversi anni sembra essersi riacceso l’interesse dell’Italia nei confronti del mercato latinoamericano: oggi quali sono i rapporti commerciali fra Italia e Cile?

A cominciare dal 2010, il nostro export verso il Cile ha ripreso vigore (dal 2009 al 2010, l’incremento è stato del 27%) e, dopo il picco del 2012 (929 milioni di €) ed una piccola valle nel 2013 e 2014, nel 2015 siamo nuovamente cresciuti fino a 963 milioni di €. Per il 2016 siamo ancora in attesa dei dati definitivi e c’è da verificare se si consoliderà il trend, a fronte di un rallentamento dell’economia cilena. Nel periodo gennaio-novembre 2016, le nostre esportazioni hanno registrato un leggero calo rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente (da circa 859 milioni a circa 819). La crescita del PIL nel 2016 è stata debole (+1,7%) ma le condizioni esterne attuali (crescita più rapida dei principali partner regionali, prezzi del rame più stabili, aumento delle esportazioni e crescita degli investimenti) vanno nella direzione di una ripresa dell’economia. Nel 2017 la crescita dovrebbe aumentare al 2% anche a fronte di un rallentamento dell’inflazione al 2,7%.

Come valuta la recente conclusione dell’accordo per l’eliminazione della doppia imposizione fiscale fra Italia e Cile? Quanto inciderà nell’interscambio fra i due Paesi?

In occasione della visita in Cile del Presidente del Consiglio Renzi nell’ottobre 2015, è stato firmato un accordo contro le doppie imposizioni, non ancora entrato in vigore. Per ora, tuttavia, il Governo cileno ha esteso anche all’Italia una trattamento più favorevole “come se” l’accordo fosse già entrato in vigore, in attesa delle ratifiche necessarie a implementarne l’applicazione in maniera definitiva. Si tratta, come in casi analoghi con altri Paesi, di una notevole semplificazione delle procedure in materia tributaria fra Italia e Cile, e quindi utile, anche se non determinante, per l’andamento dell’interscambio. Sarà probabilmente una misura più apprezzata e sentita dalle filiali delle imprese italiane operanti in loco.

Quali sono le iniziative promozionali più importanti che ICE ha in programma per il 2017?

Molta attenzione sarà dedicata, come trend confermata dagli ultimi anni, alle missioni in Italia di operatori cileni, con una grande concentrazione sulla intera “catena del valore” alimentare, su cui il Cile sta lavorando intensamente. Organizzeremo quindi missioni a Macfrut, CIBUS TEC, IPACK IMA, SIMEI. Nel campo della costruzione, stiamo sviluppando un interessante progetto nel settore “Macchine lavorazione marmo” con cavatori e architetti cileni, mentre miriamo al campo della ri-costruzione: il terremoto e lo tsunami del 2010 hanno lasciato in evidenza la fragilità del patrimonio storico, spingendo al lancio di nuovi programmi di supporto alla ricostruzione e al restauro di palazzi, chiese e monumenti, che noi intendiamo far cogliere alle imprese italiane del settore. Altro ambito di intervento: quello degli impianti di risalita e di tutta la tecnologia legata al turismo da neve, dove il Cile gode di una straordinaria dotazione naturale. Per le fiere locali, stiamo programmando la partecipazione italiana a EXPOMIN, fiera del settore minerario, una delle più importanti al mondo per il settore, e dove l’Italia ha una serie di prodotti “accessori” all´industria di riconosciuto valore.

Qual è il consumatore tipo cileno e da quali categorie merceologiche del Made in Italy è maggiormente attratto?

Nell’ultimo decennio si osserva un cambio nel profilo del consumatore cileno. Diversi elementi hanno influito sul comportamento d’acquisto: aumento dell’aspettativa di vita, diminuzione della natalità, un maggior livello di istruzione, la graduale incorporazione della donna nel mondo del lavoro, il consolidarsi di una “nuova” classe media cilena che, con l’allargarsi ed un suo aumento del potere d’acquisto, è maggiormente disposta a “soddisfare un capriccio”. Lo conferma la crescita del mercato del lusso in genere ed in particolare della richiesta di brand italiani, dall’abbigliamento all’offerta di automobili (il 13 % degli “ultimi modelli” venduti ha un prezzo medio che supera i 22.000 € a vettura), passando per la gioielleria e l’orologeria. Il Made in Italy rappresenta dunque uno “status symbol” per i consumatori cileni con un certo potenziale di spesa. La creazione del volo diretto di Alitalia su Roma la dice lunga sull’interesse dei cileni verso il Bel Paese, per il business e per il leisure.

Quali sono i settori economici emergenti nei quali consiglierebbe di effettuare investimenti alle imprese italiane?

Le opportunità sono senza dubbio molte, a cominciare dall’agroindustria, dove il Paese è impegnato ad aumentare il valore aggiunto delle sue produzioni nazionali, e dove il nostro sistema di produzione agro-alimentare, incentrato su PMI, qualità e prodotti tipici molto legati al territorio, è oggetto di particolare attenzione dalle autorità cilene.
Anche il comparto infrastrutturale risulta interessante: il Governo Bachelet ha recentemente presentato la sua “Agenda per le infrastrutture, sviluppo ed inclusione” con un portafoglio di lavori pubblici per un totale di 27 MLD di USD, con previsione di investimenti diretti e concessioni con l’obiettivo di portare la spesa per infrastrutture e la produzione di “beni pubblici” dall’attuale 2,5% del PIL al 3,5% nei prossimi otto anni. Per il periodo 2014-2020, è previsto un portafoglio di progetti in concessione per oltre 9,9 MLD di USD, che comprende aeroporti, autostrade, dighe, tra cui l´Autostrada Costanera Central di Santiago (1,8 miliardi di USD) e il Tunnel “Agua Negra” tra Cile e Argentina (1,4 miliardi di USD). Ferrovie e telecomunicazioni sono altre due aree di importanti progetti di sviluppo. Infine, l’esecutivo sta mettendo in campo una serie di politiche di sostegno alle energie rinnovabili non convenzionali (ERNC) dove gli operatori italiani possono essere interlocutori ideali per la controparte cilena. E da ultimo, in ambito sanitario, vi sono ottime potenzialità in un comparto in cui dominano le cliniche private e con un programma del Governo Bachelet che investe oltre 4 miliardi di USD per la realizzazione di ospedali (20 costruiti, 20 in fase di realizzazione e 20 in fase di studio entro il 2018). Per i beni di consumo, il retail del lusso è in forte espansione, con Santiago divenuta in pochi anni il secondo polo in America Latina dopo San Paolo (giro di affari 2016 di oltre 600 milioni di USD) con una crescita del 3,4% rispetto all’anno precedente ed una proiezione di + 5% per il 2017.

Infine quali ritiene possano essere gli elementi di maggiore rischiosità per chi vuole fare business in Cile?

Le classifiche internazionali degli indicatori di rischiosità di un Paese pongono il Cile in una posizione intermedia: il rapporto Doing Business posiziona il Cile al 57º posto nel ranking mondiale, terzultimo fra i Paesi OCSE e quarto in America Latina. Il Paese ha perso 2 posizioni, forse anche a causa di nuovi criteri introdotti nella compilazione del ranking (fra gli altri, la “inclusione di genere” circa le differenze nel godimento di diritti di proprietà fra uomini e donne sposate, che appare interessante spunto di riflessione, in una paese con un Presidente donna, che però non si è mai sposata!). Migliore la performance rilevata da Transparencies, che pone il Cile al secondo posto in Sud America (dopo l’Uruguay), con un punteggio di 70 su 100 (dove 1 è il massimo della corruzione). Una buona “intelligence” legale ed una entrata pianificata ed assistita garantiscono un controllo del relativamente basso rischio che il Paese presenta oggi. Non a caso, l’interessante Risk Map di SACE riporta quasi tutti “disco verde” per il lunghissimo Paese del Sud America, allertandoci solamente sul “mancato pagamento della controparte corporate”, dove comunque il rischio si pone a 31 su 100.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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