Nella nostra rubrica “Un’Italia da Export” abbiamo oggi il piacere di ospitare il contributo di Vincenzo Merenda, CEO di Mash&Co, una app per i bambini in età prescolare basata sulle meravigliose storie di Mash e Periwinkle, due amici che intraprendono un viaggio per trovare una soluzione ad un’improvvisa siccità che ha colpito la foresta. La società ha un carattere internazionale ed è divisa fra Catania, Lille e Budapest e agisce con l’obiettivo di realizzare un efficace storytelling attraverso cartoni animati, cartoni interattivi, mini-game e digital toys veicolando valori come come empatia, rispetto e consapevolezza verso tematiche eco.

Da dove nasce Mash&Co?

Mash&Co è un mondo di valori e ideali. L’idea nasce insieme a Katrin, Art director e Founder di Mash&Co. Entrambi abbiamo avuto una formazione artistico/umanista. Dopo i nostri studi in Graphic Design, Cartoon Animation ed aver maturato esperienza all’estero, abbiamo sentito l’esigenza di costruire qualcosa di indipendente. Creare qualcosa di divertente per i più piccoli, ma anche importante ed autentico. Mash è un funghetto antropomorfo che nasce da un’intuizione di Katrin, un personaggio che vuole essere un modello per i più piccoli, un icona di positività e valori. Cerchiamo attraverso uno storytelling trans-mediale, quindi attraverso cartoni animati, cartoni interattivi, mini-game e digital toys di veicolare valori come empatia, rispetto e consapevolezza verso tematiche eco. Sin da subito ci siamo circondati di artisti e sviluppatori di differenti nazionalità e credo che questo traspaia all’interno delle storie che veicoliamo.

Da chi è composto il team?

Come dicevo siamo un gruppo internazionale, oggi siamo divisi in tre diverse nazioni. Io e Katrin siamo a Lille in Francia, all’interno Plaine Images, perché selezionati in un percorso di finanziamento e affiancamento da parte del governo francese. La parte di sviluppo è di base in Sicilia, mentre parte del team creativo è a Budapest in Ungheria.
Per noi lavorare in remoto è quotidianità, ci definiamo un team “liquido”, ci spostiamo spesso e questo è un modo per contaminarci e soprattutto per “parlare internazionale”.

Quali sono le difficolta per una startup in Italia?

Credo che in Italia ci siano tantissime possibilità e che molto sia stato fatto dai vari attori che supportano l’ecosistema startup. Forse il problema maggiore è che spesso l’innovazione (e non parlo solo dell’aspetto tecnologico) che portano le nuove aziende non riesce a legarsi con i modelli classici del nostro mercato o con i player che ne fanno parte, parlo anche delle istituzioni. In questi anni vi è stato uno slancio positivo e innovativo che spesso ha trovato resistenze e scetticismo, ma c’è chi non molla. Conosco decine di ragazzi appassionati e motivati a perseguire un obiettivo, a spendersi per migliorare quello che gli sta attorno.

Mercati internazionali?

Il nostro brand è davvero trasversale e stiamo lavorando per diventare il più internazionali possibili. Certamente un’ecosistema come quello francese che storicamente è sempre stato attento ai nuovi media ci offre svariate possibilità, che proveremo a cogliere. Per alcuni aspetti siamo molto interessati anche all’Europa dell’est, dove abbiamo già avviato alcune collaborazioni. Riguardo le possibilità di finanziamento, nel nostro specifico caso credo sia un po’ riduttivo parlare di confini geografici perché abbiamo ricevuto supporto e stiamo dialogando con differenti partner che si trovano in mercati molto diversi tra loro.

Incubatori italiani?

Assolutamente sì! Purtroppo oggi c’è un intero movimento anti “startup”, comprendo anche il perché. Si abusa di questo termine che viene utilizzato ormai per definire qualsiasi cosa. Sono convinto che questi siano dei luoghi in cui vi è la possibilità di riflettere su ciò che realmente il mercato ha bisogno e provare a capire in che modo è possibile accontentarlo. Il confronto è uno degli elementi di maggiore crescita, almeno per quello che mi riguarda. Credo che oggi non avrei quel briciolo di consapevolezza se non avessi incontrato alcune persone durate questi percorsi di tutoraggio. Il vantaggio è proprio il network, impari a fare squadra e a cercare di creare sinergie, impari a fare impresa!

Consigli?

Non credo di essere la persona più adatta a dare consigli, ma uno che do a me stesso è quello di pensare internazionale, gli italiani lo sanno fare bene… molti dei brand più famosi al mondo parlano italiano e oggi sono icone internazionali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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