Nella nostra rubrica “Un’Italia da Export” abbiamo il piacere di ospitare i contributi delle eccellenze targate Made in Italy che con competenza e coraggio si affacciano sui mercati internazionali. Tra queste c’è Hi-Interiors, azienda che produce HiCan, uno degli “smart bed” più rivoluzionari del momento. Ne abbiamo parlato con Ivan Tallarico, CEO e founder di Hi-Interiors, che ha sottolineato come per avere successo sui mercati esteri sia molto importante avere la capacità di sapersi adattare alle specificità locali, senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, siano esse culturali, burocratiche, tecniche o di mercato.
Ci racconti brevemente la storia della sua azienda…
HiCan è nato alla fine del 2007 da un progetto di ricerca condotto presso la facoltà di Ingegneria dell’Università della Calabria, promosso dall’azienda di famiglia, con l’obiettivo di esplorare l’integrazione della tecnologia nel settore del mobile. A quel tempo il gruppo di ricerca, stava sviluppando un cubo high-tech per applicazioni museali da cui il designer Edoardo Carlino ha tratto la sua prima fonte di ispirazione per sviluppare l’idea di un baldacchino tecnologico.
Il “concept” è diventato un prototipo nel 2008 ed è stato ufficialmente lanciato durante il Salone del Mobile di Milano nell’aprile 2009. Dopo Milano, HiCan è stato ospite nelle principali fiere ed eventi del settore in varie capitali internazionali: Londra, Dubai, Mosca, Miami e Orlando.
Hi-Interiors è stata selezionata nella prima “Start-up Arena” organizzata da Intesa Sanpaolo nel 2009, essendo annoverata in quell’anno tra le 14 start-up italiane più innovative e il primo modello di HiCan è stato esportato con successo nei seguenti mercati esteri: Russia, Stati Uniti, Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.
Il resto è storia…
Quali sono gli elementi e le condizioni che hanno decretato il successo della sua azienda sul mercato attuale?
Per ottenere il successo sperato, la strada è ancora lunga! Sicuramente la visibilità conquistata sui mercati esteri è frutto della nostra voglia di integrare l’innovazione all’interno del quotidiano in maniera del tutto anticonvenzionale per i canoni del settore.
In questi anni di crisi, quanto la ricerca del successo sui mercati internazionali è stata una scelta e quanto una necessità per la sua azienda?
Sicuramente una scelta obbligata, che si è rivelata estremamente positiva: affacciarsi su mercati diversi offre una visione più ampia anche delle proprie potenzialità e del proprio valore, mette a confronto con realtà inaspettate e spinge a migliorarsi ogni giorno.
Quale metodologia di ingresso ha adottato per fare business all’estero ed in quali mercati siete oggi presenti?
Abbiamo vendite all’attivo in molti Paesi europei. Per quanto riguarda, invece, il resto del mondo i nostri principali mercati di proiezione sono: USA, Canada, Russia, UAE, Arabia Saudita e Brasile. Il Brasile è l’unico Paese dove abbiamo una presenza diretta.
Qual è il “peso” delle attività internazionali oggi sul suo business?
Direi che il 90% delle nostre vendite oggi è realizzato sui mercati internazionali, ma non dimentichiamo mai le nostre origini e da dove siamo partiti.
Nel vostro percorso di espansione all’estero siete stati supportati da strutture pubbliche e/o da società di consulenza private?
No, è stato un percorso interamente autonomo, possibile grazie all’esperienza personale maturata come consulente in questo ambito per un certo periodo. Ad ogni modo siamo consapevoli di quanto un’assistenza qualificata sui mercati esteri sia fondamentale per garantire il successo. Il fai da te non è una formula efficace nella stragrande maggioranza dei casi, a meno che non si abbiano spalle molto grosse per supportare errori, ritardi e una curva di apprendimento più o meno lunga senza subire danni irreparabili.
Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero e, più in generale, quali sono state le principali difficoltà riscontrate?
Bisognerebbe considerare molti casi distinti perché ogni mercato è diverso dall’altro e alcuni, come USA e Brasile, sono su pianeti diametralmente opposti. Senza dubbio un requisito generale è avere la capacità di sapersi adattare alle specificità locali, senza lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà, siano esse culturali, burocratiche, tecniche o di mercato. Ciò che ho imparato nella mia esperienza è che l’Italia e gli italiani hanno più valore fuori dall’Italia, quindi requisiti fondamentali sono coraggio e determinazione ad affrontare tutte le difficoltà necessarie a cogliere le opportunità presenti in molti mercati per noi italiani.
Quali sono i vostri piani futuri di sviluppo? Avete già in mente nuovi mercati da conquistare?
Le nostre principali aspettative commerciali sono rivolte oggi al mercato residenziale di alta gamma americano, ma siamo molto affascinati anche dai mercati asiatici, in particolar modo siamo interessati ad esplorare delle opportunità in India, da cui riceviamo numerose richieste e manifestazioni di entusiasmo per il nostro prodotto. Sono territori ricchi di competenze e di opportunità legate al mondo dell’innovazione e per questo sicuramente mercati fertili per la nostra azienda. Inoltre siamo aperti a valutare l’inserimento del prodotto anche in contesti contract dal profilo adeguato. Pensiamo in particolare allo sviluppo di accordi commerciali nel settore alberghiero per inserire HiCan nelle suite di prestigiosi hotel nelle principali capitali del mondo.
Quale consiglio si sente di dare agli imprenditori che intendono affacciarsi nello stesso contesto estero?
Dipende molto dalla tipologia di prodotto e del settore. Nel nostro caso abbiamo un prodotto esclusivo che si rivolge al momento ad un pubblico elitario. Quindi, per poter raggiungere numeri sufficienti a supportare la struttura aziendale, occorre ragionare in maniera globale e provare a vendere in diversi Paesi del mondo. Noi per fare questo stiamo per esempio ora esplorando le opportunità offerte dal crowdfunding. Abbiamo infatti lanciato lo scorso 8 Novembre una campagna su Indiegogo. Contiamo in questo modo di riuscire ad essere visibili ad una comunità di early-adopters di circa 2.6 milioni di persone nel mondo e ricevere feedback importanti per l’ulteriore sviluppo del prodotto. In altri casi l’accesso ai mercati esteri è opportuno sia molto più puntuale e progettato in base alle esigenze specifiche dei singoli Paesi considerati come attrattivi per il proprio prodotto/servizio. Spesso scelte mirate di investimento in alcune piazze selezionate, anche mediante operazioni di M&A, sono l’alternativa più efficace per l’internazionalizzazione delle nostre imprese. In realtà, ogni caso ha le proprie peculiarità, per cui non esiste una ricetta generale. E’ necessario comprendere e analizzare ciascuna realtà imprenditoriale, in che tipo di contesto opera e, in funzione di questo, capire dove è più opportuno cogliere delle opportunità e con che tipo di strategia.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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