Il PIL che è tornato finalmente in territorio positivo, la disoccupazione che ha cominciato timidamente a calare ed il declassamento dell’Italia da primo a secondo partner commerciale di Zagabria. Questi sono solo alcuni dei temi trattati con Massimo Sessa, Direttore dell’ufficio ICE di Zagabria, che ha spiegato anche perché l’ammontare degli investimenti italiani sul territorio croato è in realtà statisticamente più alto rispetto a quello che si legge nei dati ufficiali…


1. Ad inizio giugno 2016 l’Istituto di Statistica croato ha rilevato che il PIL è in aumento da ben 18 mesi, l’economia croata sta finalmente tornando a vedere la luce?

Dopo 6 anni di calo continuo, a fine del 2014 si è registrato un lieve aumento del PIL (+0,2%). Il trend positivo è continuato per sei trimestri; l’aumento verificatosi per tutto l’anno 2015 è stato dell’1,6% e nel primo trimestre del 2016 del +2,7% rispetto al primo trimestre 2015. Dunque anche se la crisi, iniziata nel 2008, prosegue fino ai periodi più recenti, la ripresa dell’economia croata sembra essere ormai iniziata. Nelle previsioni economiche di primavera della Commissione Europea, si conferma un moderato ottimismo per il futuro. Nel biennio 2016-2017 si rafforzerà la crescita economica (PIL +2,1%), si conterrà il rapporto deficit/PIL e si ridurrà il tasso di disoccupazione. Tuttavia il definitivo rilancio economico è ancora limitato dal debito elevato, sia nel settore privato che in quello pubblico. Il Paese dovrebbe inoltre impegnarsi in misura significativa per accrescere l’ utilizzo, molto scarso, dei fondi dell’UE.

2. La disoccupazione a lungo termine sta diventando un fenomeno di massa in alcuni Paesi dell’UE e si configura come una minaccia alla ripresa economica dell’Europa: qual è la situazione attuale in Croazia?

Il livello di disoccupazione è tuttora relativamente alto ma la situazione sta migliorando: a fine aprile 2016 il tasso di disoccupazione è sceso al 15,9%, a fine maggio è arrivato al 14,4% (anche se questo calo - almeno in parte - può essere attribuito anche all’occupazione stagionale). La disoccupazione giovanile è uno dei maggiori problemi del mercato del lavoro in Croazia; secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Eurostat, il problema è in crescita e in forte aumento negli ultimi tre anni. Dai dati recentemente pubblicati dall’ Ente croato che si occupa di collocamento lavorativo emerge che quasi un terzo dei disoccupati (30,7%) è di età inferiore ai 29 anni.

3. L’Italia è stata nell’ultimo decennio il primo partner commerciale della Croazia ma a partire dal primo semestre del 2015 ha perso questo primato a vantaggio della Germania. Come interpreta questo dato?

L’Italia è uno dei principali partner commerciali della Croazia e nell’ultimo decennio, fino al 2015, si è confermata il primo partner nell’interscambio e primo mercato di destinazione della merce croata (fino all’anno 2013 figurava anche quale principale fornitore). Nel 2015 ha, però, perso tali posizioni e si è collocata, seppur per poco, al secondo posto dopo la Germania. Nell’analizzare i dati sugli scambi commerciali si deve però anche tener presente che a seguito dell’adesione della Croazia all’UE la rilevazione dei flussi commerciali in entrata viene effettuata per Paese fornitore (che non è necessariamente anche quello produttore) mentre prima del 1° luglio 2013 la rilevazione era realizzata per Paese produttore.

4. L’Italia è inoltre il sesto investitore straniero nel Paese con circa 1,4 miliardi di Euro investiti dal 1993 a fine 2015. Oggi in quali settori vede le maggiori opportunità di investimento per le PMI italiane?

La vigente normativa in materia societaria equipara l’investitore straniero all’investitore locale. Considerato che non è necessario effettuare una registrazione particolare in quanto investitore straniero, i dati divulgati dalla Banca Nazionale Croata (BNC), classificati per Paese di provenienza dei flussi finanziari, non riflettono in modo preciso la provenienza dei capitali investiti. Questo soprattutto perché numerose imprese che effettuano investimenti in Croazia si avvalgono di triangolazioni finanziarie. Limitandoci ai dati ufficiali della Banca Centrale Croata, che considerano i flussi finanziari provenienti direttamente dall’Italia, tra il 1993 e il primo trimestre 2016 si registra uno stock di investimenti diretti pari a 1,431 miliardi di euro che posiziona l’Italia al sesto posto con il 4,8% del totale degli IDE in Croazia. L’intermediazione finanziaria (settore bancario ed assicurazioni) è stato sinora il settore più attraente per gli investitori italiani. E’ da considerare, al riguardo, che i due principali gruppi bancari sono entrambi italiani (Unicredit group controlla la Zagrebačka Banka; Banca Intesa San Paolo detiene il 76,3% della Privredna banka Zagreb) e che essi rappresentano quasi la metà delle attività del settore; è presente altresì Veneto Banca. Dal 2004 è operativa inoltre in Croazia Assicurazioni Generali, con la controllata Generali Osiguranje, che nel Paese detiene una quota di mercato del 4% ca.


Tra il 1993 e il 2015 gli IDE italiani hanno riguardato le attività bancarie e finanziarie (in totale 481 milioni di €, ovvero il 34% del totale), le attività immobiliari, compresi gli investimenti azionari in beni immobili (in totale 299,4 milioni di euro - 21% del tot.), le attività commerciali (175,4 milioni di € - 12,4% del tot.), i servizi alberghieri e di ristorazione (111,9 milioni di € - 7,9% del tot.) e la produzione di macchine e apparecchi (62,3 milioni di € - 4,4% del tot.).

Occorre ribadire, tuttavia, che numerose grandi imprese italiane hanno effettuato investimenti in Croazia attraverso triangolazioni finanziarie; gli investimenti sono pertanto transitati da Paesi terzi (nella maggior parte dei casi Lussemburgo, Austria e Paesi Bassi), ove vigono normative particolarmente favorevoli in materia fiscale per le holding finanziarie. A titolo di esempio, prendendo in considerazione il settore bancario ed assicurativo, sono transitati attraverso il Lussemburgo e l’Austria gli investimenti effettuati dal Gruppo Intesa San Paolo e da Assicurazioni Generali. Altri investimenti italiani nei settori della GDO e del tessile sono transitati attraverso holding comunitarie. L’ammontare degli investimenti italiani è, quindi, statisticamente più alto rispetto ai dati ufficiali: il valore complessivo supererebbe i due miliardi di euro, ovvero quasi il 10% dello stock totale degli IDE in Croazia. Considerata la strategia economica croata ed i settori che il Paese si propone di sviluppare nonché l’attuale situazione in alcuni dei settori/comparti prioritari potrebbero esservi per le PMI italiane opportunità nei seguenti settori e attività:

• collaborazione industriale / integrazioni produttive. Conformemente alle linee guida indicate nella Strategia industriale croata ma anche in base alla situazione attuale sul mercato locale si riscontrano opportunità nei seguenti settori:

- settore metalmeccanico (produzione/lavorazione prodotti in metallo e costruzioni macchine ed attrezzature);
- lavorazione della plastica: i segmenti più importanti sono la produzione di prodotti/elementi per l’edilizia, produzione di tubi (per acquedotti, gas, canalizzazione, telecomunicazioni) e profili, produzione di imballaggi;
- industria della lavorazione del legno.

• settore turistico – servizi di alloggio e ristorazione: premesso che gli obiettivi strategici da raggiungere fino al 2020 riguardano la realizzazione di circa 150 progetti, particolari opportunità di investimenti possono esservi anche nella nuova costruzione di alberghi e resort (comprese pensioni private, e alberghi diffusi);

• settore agricolo - le specifiche condizioni climatiche e la configurazione dei terreni coltivabili in Croazia sono piuttosto favorevoli per lo sviluppo della produzione agroalimentare e l’incremento della zootecnia.

5. Quali sono i casi successo più eclatanti di PMI italiane sul territorio croato?

Vi sono numerosi casi di successo delle PMI italiane sul territorio croato, fra cui menzioniamo:

- la società IND.I.A. (Industria Italiana Arteferro) che ha acquisito nel 1980 la ditta locale Dohomont e costituito uno stabilimento di produzione di manufatti metallici nella città di Goričan (ARTEFERRO DOHOMONT);
- la società SIDERURGICA S.r.l. che ha costituito nell’anno 2000 la società croata ALBA PROFIL per lavorazioni metalmeccaniche;
- il WAM GROUP che ha costituito nel 2001 la società di diritto croato WAM PRODUCT per la produzione di macchine e componenti per impianti di trattamento polveri;
- CROMARIS, costituita dall’omonima impresa italiana ed attiva nel settore della maricultura;
- ŠIŠARKA creata per la produzione di pellet di legno;
- Impreditori italiani e croati hanno inoltre costituito PLAMEN, società attiva nella produzione di prodotti di fonderia, stufe e corpi riscaldanti.

6. Quali sono le categorie merceologiche dei prodotti Made in Italy maggiormente apprezzate dalla popolazione croata?

La composizione delle forniture italiane verso la Croazia è molto variegata, con diversi settori rappresentati in maniera abbastanza uniforme. Anche se nell’immaginario del consumatore locale il made in Italy è prevalentemente collegato a beni di largo consumo (abbigliamento, calzature, mobili e prodotti per allestimento/arredamento interni, ceramica, prodotti alimentari ecc.), anche i beni strumentali assumono un peso di rilievo. Molti comparti dell’economia croata hanno risentito fortemente della crisi e stanno attraversando una fase di stagnazione e l’andamento negativo del settore industriale croato ha influito sull’entità degli investimenti in beni strumentali. Sono, infatti, diminuite le importazioni di macchinari in generale e, di conseguenza, anche dall’Italia. Ciò premesso, nel 2015 è risultato di provenienza italiana:

• il 38,9% del valore delle importazioni di abbigliamento;
• il 30,9% delle importazioni di filati, tessuti ed altri prodotti tessili;
• il 29,2% delle importazioni di ferro e acciaio;
• il 19% delle importazioni di calzature;
• il 18,3% delle importazioni di mobili e loro parti;
• il 17,2% delle importazioni di prodotti di minerali non metalliferi;
• il 12 ca. delle importazioni di prodotti alimentari, in particolare frutta e ortaggi, prodotti a base di cereali (soprattutto riso e paste alimentari);
• il 10,4% dell’import croato nella sezione macchine e mezzi di trasporto. In questo comparto si è collocato il 18,9% del valore totale delle importazioni croate dall’Italia.

7. Infine una domanda relativa alla presenza di italiani nel Paese: ad oggi quanti sono gli italiani che vivono in Croazia? Esiste una comunità di italiani sul territorio croato cui le nostre PMI possono guardare come potenziale segmento di clientela?

Secondo i dati dei vari censimenti effettuati negli anni, si sono dichiarati di etnia italiana, fra il 1971 ed il 2011, un minimo di 14.433 ed un massimo di 21.303 persone. L’ultimo dato disponibile relativo all’anno 2011 certificava la presenza di 17.807 italiani sul territorio croato. E’ da menzionare, comunque, che in base all’autocertificazione (dato dell’Unione italiana) in data 29 giugno 2014 in Croazia risultavano abitare 34.345 Italiani. Gli italiani sono insediati principalmente nell’area dell’Istria, delle isole del Quarnero e di Fiume. Nella Dalmazia costiera ve ne sono ca. 500, quasi tutti a Zara e Spalato. Ci sono 52 Comunità Nazionali Italiane sparse su tutto il territorio locale e sono organizzate nell’Unione Italiana che si trova a Fiume. E’ operativa anche l’Associazione degli Imprenditori Italiani in Croazia (l’AIIC) i cui membri sono gli operatori italiani e italo/croati attivi in Croazia. L’Associazione è stata fondata nel maggio 2014 a Zagabria, in stretta collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Zagabria e con l’Ufficio di Zagabria dell’ICE-Agenzia ed è ufficialmente registrata e riconosciuta come personalità giuridica da parte delle autorità della Repubblica di Croazia. Obiettivi dell’ AIIC sono lo sviluppo e il miglioramento dei rapporti tra imprenditori italiani e croati, favorire i contatti e la collaborazione con le autorità locali e statali della Repubblica di Croazia, promuovere la cooperazione tra Italia e Croazia in campo economico, commerciale e culturale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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