Un’Italia da Export: intervista con AMusicalPlace

Un’Italia da Export: intervista con AMusicalPlace

10 Agosto 2016 Categoria: Un'Italia da Export

Nella nostra rubrica “Un’Italia da export” abbiamo il piacere di ospitare i contributi delle eccellenze targate Made in Italy che con competenza e coraggio si affacciano sui mercati internazionali. Tra queste c’è AMusicalPlace, giovanissima realtà fondata a Marzo 2016 e basata a New York ed in Italia. Amp è un portale di sharing tra musicisti e tecnici della musica sul quale si possono pubblicare annunci relativi a servizi o affittare strumenti musicali, attrezzature, spazi e creatività in tutto il mondo sia dal proprio computer che dal proprio cellulare o tablet. Nell’intervista rilasciataci da Salvatore Pluchino e Chiara Tribulato – rispettivamente CEO e CPO dell’azienda (oltre che co-founders) – emerge con chiarezza che lo scopo della piattaforma è di dare la possibilità a tutti i musicisti di poter fare musica in qualsiasi luogo e con una spesa il più possibile contenuta.

1) Da dove nasce l’idea di AMusicalPlace e qual è il bisogno che intendete soddisfare con la vostra piattaforma?

L’idea di AMP nasce nell’autunno 2015 mentre io e la mia cofounder ci trovavamo a Milano. Siamo sempre stati abituati a soggiornare per brevi e lunghi periodi in diverse città sia in Italia sia all’estero, prima per ragioni di studio e poi di lavoro. In ognuna di quelle occasioni ci vedevamo costretti a rinunciare ad una grande passione che ci ha accompagnato per gran parte della nostra vita, ovvero la musica. Viaggiare con uno strumento musicale non è proprio la situazione più comoda e soprattutto si va incontro ad un notevole dispendio economico. Insomma all’alba del 2016 non ero in grado a Milano di “affittare” facilmente una chitarra elettrica anche solo per un pomeriggio. L’unica alternativa disponibile erano solo alcuni grandi negozi di strumenti musicali, ma le cifre non erano e non sono sicuramente sostenibili. Abbiamo parlato il giorno stesso con un nostro caro amico, musicista di professione che ha subito appoggiato l’idea. Anzi l’ha trovata davvero rivoluzionaria per persone che necessitano di viaggiare soprattutto all’estero per la loro carriera. La vision dunque di AMusicalPlace è molto semplice, permettere ai musicisti di risolvere i problemi di mobilità e suonare con semplicità ovunque.

2) Quali sono le difficoltà che una startup incontra nel mercato italiano?

La nostra esperienza in Italia è stata molto breve perché abbiamo subito avuto la possibilità di esportare il nostro business negli Stati Uniti e abbiamo colto l’occasione al volo. Dal punto di vista tecnico la maggior difficoltà che abbiamo riscontrato in Italia è l’accesso a soluzioni tecniche a basso costo, fondamentale per una nuova attività che non ha a disposizione risorse economiche. Secondo punto è l’accesso a risorse economiche senza dover sacrificare già una buona percentuale della propria società. Per quanto riguarda i clienti, nel nostro caso si tratta di sharing economy, mercato in forte espansione all’estero e anche in Italia ma con tempi molto rallentati. L’impressione è che il mercato Italiano sia meno recettivo e abbia comunque bisogno di più tempo per adattarsi alle innovazioni nei vari ambiti. Se stai cercando di rompere le regole in un mercato o crearne uno nuovo , l’Italia non è proprio il luogo dove iniziare. Però è un buon indicatore, se una cosa funzione in Italia è un modello che potrebbe essere facilmente esportabile, parlando di sharing economy.

3) Quali mercati internazionali pensate siano più attrattivi per il vostro business e quali quelli dove trovare più facilmente investitori o finanziamenti?

Sicuramente nel caso di un marketplace come il nostro è sempre importante non partire a macchie di Leopardo. Fondamentale è sollecitare la domanda e soddisfare la richiesta prima in un centro e poi estendere il servizio ad altri centri importanti. Sicuramente New York con i suoi 8 milioni di abitanti e la sua forte cultura musicale ha costituito per noi il luogo ideale in cui testare e sviluppare il nostro business. Inutile aggiungere che l’accesso ai finanziamenti negli Stati Uniti è facilitato e incoraggiato dagli investitori stessi. Ovviamente i numeri richiesti per accedere ai finanziamenti costituiscono una grande sfida, ma è questo quello che ricerchiamo ogni giorno, una nuova sfida per cambiare le regole.

4) Com’è il rapporto con la burocrazia all’estero e, più in generale, quali sono state le principali difficoltà riscontrate?

Negli Stati Uniti le operazioni sono molto più snelle e veloci. Ovviamente è possibile svolgere tutte le operazioni online ed essere attivi con una società in meno di un giorno. Anche le scelte delle forme giuridiche sono ben precise e per una startup non c’è altra possibilità se non una C-Corp nello stato del Delaware. La differenza principale risiede nella gestione, molte risorse vengono spese in assistenza legale e pubblicitaria piuttosto che in consulenza finanziaria.

5) Partecipare a programmi di supporto e tutoraggio offerti da incubatori ed acceleratori esteri genera un’utilità ed un vantaggio competitivo per una startup?

Certamente, direi che è assolutamente obbligatorio prendere parte ad uno di questi programmi. In primo luogo ti permettono di ampliare la tua rete di contatti, cosa fondamentale all’inizio quando hai bisogno del massimo supporto. Inoltre è fondamentale riuscire a lavorare in ambienti di grande condivisione, dove imprenditori affermati e startupper che hanno già seguito un determinato percorso possano istruirti con i loro consigli, soprattutto per riuscire ad individuare le mosse da evitare. Detto questo secondo la nostra opinione un incubatore non è il discriminante per il successo di una nuova attività o servizio. Inoltre mi sento di sconsigliare vivamente di accettare la cessione di quote societarie in cambio di servizi offerti all’interno degli incubatori, almeno agli esordi e nel primo anno di attività. Ovvero nella fase di definizione del prodotto. In questa fase è di fondamentale importanza parlare e chiedere pareri a 360° gradi, soprattutto ai potenziali clienti e per fare questo non credo ci sia bisogno di un esperto.

6) Quale consiglio dareste ai giovani startupper che intendono sviluppare una propria idea in Italia?

L’unico consiglio che mi sento di dare è di cercare a tutti i costi di spendere dei periodi all’estero, inutile dire che la meta da non mancare assolutamente dovrebbero essere le due americane, quindi Silicon Valley e Silicon Alley a New York. Soprattutto nell’ultima stanno ormai arrivando ingenti capitali di investimento che si andranno ad allineare con quelli della più famosa Silicon Valley. New York non è più solo una capitale finanziaria ma un bacino di milioni di utenti pronto a recepire l’innovazione in qualsiasi aspetto della vita quotidiana. Una volta vissuti questi posti dal punto di vista del business sarà molto più semplice innovare in Italia, anche perché abbiamo un gap da colmare davvero immenso, sia per quanto riguarda accesso ad investimenti che mentalità dei potenziali clienti.
Altra cosa fondamentale da fare è trovare delle partnership con marchi importanti a cui tu puoi dare in qualche modo un servizio in cambio di visibilità. Questo contribuisce a costruire una prima dose di autorevolezza intorno al tuo giovane brand.

7) Obiettivi per il futuro…

Non posso rivelare molto ma, l’obiettivo è rendere AMusicalPlace non solo un marketplace online ma un vero è proprio punto di riferimento per i musicisti in mobilità. Creare la possibilità di muoversi ti apre ad altre opportunità, ma per fare questo da musicista hai bisogno di supporto e soprattutto di fondi. Quello che ci viene detto praticamente ogni volta che parliamo con un musicista è “Io sono un musicista e voglio fare musica, al resto vorrei pensare il meno possibile”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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