Il fenomeno dell’Italian Sounding è immanente e drammaticamente attuale con la sua capacità di sottrarre al sistema economico italiano una cifra enorme - stimata in circa 60 miliardi di euro all’anno - con pratiche poco nobili e fuorvianti per il consumatore stesso. Tutto ciò si realizza attraverso l’utilizzo ingannevole di denominazioni, riferimenti, immagini e simboli che evocano l’Italia per promuovere la commercializzazione di prodotti in realtà stranieri e che non hanno proprio nulla a che vedere con l’eccellenza e la qualità del Made in Italy.
Exportiamo.it sente il dovere di provare a dare il suo piccolo contributo e per questo motivo ha lanciato sui canali social una campagna di contrasto a questo odioso fenomeno che - oltre a sottrarre profitti - inficia la stessa immagine del nostro Paese.
Abbiamo invitato quindi i nostri lettori all’utilizzo degli hashtag #StopItalianSounding e #NoItalianSounding per dare il loro contributo condividendo quello che si è costretti ad ammirare sugli scaffali della GDO in giro per il mondo.
Per capire meglio il fenomeno, abbiamo deciso di provare a sentire chi ogni giorno lavora proprio per tutelare eccellenza, tradizione e territorio e oggi abbiamo il piacere di ospitare il contributo del direttore Stefano Fontana del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola Dop che, oltre a spiegarci la preziosa attività quotidiana dell’organizzazione, ha condiviso con noi la sua esperienza e la sua visione sul fenomeno.
Anche per merito dell’attività di tutela del marchio condotta dal Consorzio negli ultimi anni, il Gorgonzola Dop si lascia alle spalle un 2015 magico che ha visto crescere le proprie esportazioni in maniera consistente (+12,21%) rispetto al 2014, con una quantità complessiva pari a 13.464 quintali distribuiti nei Paesi esteri.
1. Partiamo dalla storia: ci racconta brevemente come nasce il “Consorzio per la tutela del Formaggio Gorgonzola DOP” e quali sono le principali funzioni svolte?
Verso la fine degli anni ’60 del secolo scorso, con il mercato del gorgonzola interessato da una massiccia invasione di prodotti similari di provenienza estera e scarsa qualità ma di costo inferiore, alcuni produttori sentono la necessità di regolamentare e tutelare il formaggio gorgonzola. La costituzione dell’attuale ente con sede a Novara, si ha nel 1970 con 35 fra produttori e stagionatori dei settori industriale e agricolo. Nel 1971, con Decreto Ministeriale, è affidato al Consorzio l’incarico di vigilanza sulla produzione e sul commercio del formaggio gorgonzola.
Scopi e funzioni del Consorzio: tutelare e vigilare sulla produzione e il commercio della DOP Gorgonzola e sull’uso della sua denominazione; promuovere ogni utile iniziativa intesa a salvaguardarne la tipicità e le caratteristiche peculiari da ogni abuso, concorrenza sleale, contraffazione, uso improprio della DOP, comportamenti vietati dalla legge. Promuovere la conoscenza della DOP in tutti i mercati; valorizzare il prodotto; informare i consumatori con tutti i mezzi ed iniziative; curare gli interessi generali della DOP Gorgonzola.
2. Quali sono gli elementi e le condizioni che hanno decretato il grande successo del Gorgonzola DOP sui mercati internazionali?
Parliamo di un formaggio che ha ottenuto il riconoscimento quale DOP nel 1996 con il Reg CE 1107, ma fa la sua prima comparsa, secondo tradizione, nel lontano anno 879.
Quindi sicuramente stiamo parlando di un formaggio della tradizione e sicuramente parliamo di un simbolo di italianità ormai conosciuto e apprezzato nel mondo, infatti circa il 30% della produzione (17 mila tons. anno) è destinata all’esportazione, risultando il terzo formaggio nazionale DOP (Dopo i due grana) maggiormente consumato all’estero.
I consumatori più affezionati sono Germania e Francia, a seguire, Svizzera, Regno Unito, Paesi Bassi, Paesi Scandinavi, e Spagna. Per ciò che concerne il territorio extraeuropeo, si annoverano ghiotti consumatori di formaggio gorgonzola in Canada, negli Stati Uniti, in Giappone, in Corea e persino in Australia.
Quindi, un formaggio che piace proprio a tutti, soprattutto perché chi consuma Gorgonzola DOP sa di affidarsi ad un prodotto certificato e controllato in ogni fase produttiva, è certo della provenienza delle materie prime e può conoscere esattamente il processo produttivo che parte dal latte fino ad arrivare sulle proprie tavole.
3. In questi anni di crisi, per le aziende consorziate quanto la ricerca del successo (e del profitto) all’estero è stata una scelta e quanto una necessità? Quali sono gli strumenti e le iniziative intraprese per riuscire a vincere sui mercati internazionali?
Sicuramente il formaggio gorgonzola è stato il formaggio che meno ha risentito dei cali sui consumi in questi ultimi anni; infatti fra tutti i formaggi DOP nazionali, è uno tra i pochi che ha segnato un leggero aumento della produzione, quindi dei consumi (+ 1.30%) anche nell’anno appena concluso.
Sicuramente le esportazioni hanno una grande influenza sull’andamento positivo del settore. Gli associati che hanno questo canale di vendita, hanno visto nella maggior parte dei casi aumentare i volumi sui mercati più ricettivi cioè in quei paesi che da sempre consumano Gorgonzola ed anche in nuovi paesi emergenti. Oltre alle promozioni svolte dalle singole aziende, dall’anno 2015 il Consorzio ha sviluppato notevolmente il mezzo web, sia incrementando le lingue del proprio sito (11), sia promuovendo i canali social in tutto il mondo con apposite campagne di web market.
4. Andando ai problemi pratici, nella commercializzazione del Gorgonzola DOP all’estero quali sono state le principali difficoltà riscontrate?
Il fenomeno delle contraffazioni, nel campo dei formaggi DOP, purtroppo è in costante e veloce aumento. Con la globalizzazione degli scambi, l’aprirsi di nuovi mercati permette ad operatori spregiudicati, facili guadagni con la commercializzazione di prodotti similari se non veri falsi, che richiamino un’assonanza italiana ai prodotti DOP ed IGP, arrecando danno non solo all’industria alimentare ed all’economia dello Stato ma anche all’anello debole della catena alimentare, il “consumatore finale”.
Il formaggio gorgonzola DOP oltre confine è spesso vittima di usurpazioni della denominazione.
Fuori dall’Unione Europea è facile imbattersi in prodotti similari, in particolare negli Stati Uniti dove esistono una trentina di caseifici che producono e commercializzano “gorgonzola locale”. Nell’Unione Europeo è difeso attraverso le norme contenute nel nostro disciplinare, depositato in sede comunitaria.
In questi ultimi anni si stanno realizzando numerosi accordi bilaterali con i diversi stati del mondo, per definire protocolli di protezioni tramite le registrazioni dei marchi o della denominazione gorgonzola. Inoltre sono molto attive le collaborazioni con i diversi organi internazionali di vigilanza per i controlli delle stesse DOP sui territori esteri.
5. Quali sono invece i mercati in cui il Gorgonzola DOP è maggiormente apprezzato? A suo parere inoltre quali sono i mercati più semplici da conquistare nel prossimo futuro?
Nella sola Unione Europea è destinato l’80 % del totale, con Germania, Francia Spagna e Paesi dell’est in crescendo. Francia e Germania assorbono comunque oltre il 50% del totale esportato.
Più che positive anche le esportazioni verso l’Asia in generale, con incrementi maggiori verso Giappone e Corea del Sud che importano oltre 576 tonnellate.
Come tutto il “Made in Italy” esiste una percezione nel mondo di buona cucina e ottimi cibi; il Gorgonzola potenzialmente è maggiormente gradito nei paesi con un clima simile al nostro. Tutto dipenderà dalla capacità dei nostri imprenditori di farsi conoscere nel mondo, anche attraverso gli aiuti che Unione Europea o Stato Italiano potranno concedere per la promozione dei prodotti DOP.
6. In che misura il fenomeno dell’Italian sounding è penalizzante per il Gorgonzola DOP?
Difficile valutare gli effetti economici di questo fenomeno per un solo prodotto. Sicuramente è molto penalizzante.
7. Sono stati attivati significativi interventi di contrasto? Quanto conta l’informazione contro l’Italian Sounding?
Il recente accordo tra UE e Canada ha certamente aperto una via che pur con qualche compromesso, avrà ripercussioni favorevoli per lo sviluppo delle DOP e IGP nel paese anglosassone. Ben 39 saranno le indicazioni italiane riconosciute. Ci auspichiamo che anche gli accordi con gli Stati Uniti da poco iniziati, portino almeno alla stessa decisione con il Canada.
Gli Stati Uniti negli anni hanno diminuito i consumi a seguito di quanto segnalato più sopra, cioè alle produzioni domestiche. E’ un mercato potenzialmente interessante e certamente se gli accordi per la salvaguardia delle DOP saranno positivi, attraverso maggiori informazioni e indicazioni, il consumatore americano potrà essere più propenso ad acquistare un prodotto “originale” rispetto all’imitazione locale.
8. Crede che lo sviluppo di una cultura del Made in Italy capace di educare i consumatori stranieri al riconoscimento delle peculiarità dei prodotti italiani sia una strategia di cui debba farsi carico esclusivamente il governo italiano?
Certamente anche l’Unione Europea dovrà contribuire a favore delle DOP e IGP europee. Il governo italiano attraverso MIPAAF, ICE e MISE ha avviato una massiccia campagna per il settore alimentare in Canada e Stati Uniti su questo tema a cui gli stessi Consorzio dei prodotti DOP e IGP collaborano.
9. In conclusione dalla sua prospettiva e alla luce della sua esperienza, ha qualche proposta innovativa da condividere per il contrasto del fenomeno?
Quanto investito in Canada e Stati Uniti (50 mil. €) dovrebbe essere ulteriormente destinato ad una promozione verso i Paesi extra Ue dove il fenomeno dell’Italian Sounding è così marcato.
Intervista a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it
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