Dai BRICS ai MINT. I paesi emergenti non tirano il freno, continuano la loro corsa e, secondo l’economista britannico e ex chief economist della Goldman Sachs, Jim O’Neil, si sentirà ancora a lungo parlare di mercati emergenti. O’Neil, tra l’altro è stato colui che nel 2001 coniò il termine BRIC e oggi ci parla di MINT, ovvero Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia.
Secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale nel 2050 queste saranno le maggiori economie del mondo:
1) CINA, 23% del PIL;
2) USA, 13% del PIL;
3) INDIA, 8% del PIL;
4) BRASILE, 4% del PIL;
5) GIAPPONE, 3% del PIL;
6) RUSSIA, 3% del PIL;
7) INDONESIA, 3% del PIL;
8) MESSICO, 2% del PIL;
9) GRAN BRETAGNA, 2% del PIL;
10) GERMANIA, 2% del PIL.
Insomma, ne emerge che i BRIC saranno ancora tra le prime sei posizioni, e i MINT tra le prime quindici. Ma il panorama non è tutto roseo. Altri economisti avvertono sul possibile rallentamento di queste economie, sul fenomeno del re-shoring*, piuttosto che il calo dei prezzi delle materie prime. Tutti fattori reali che determinano un calo degli investimenti in tali paesi e di conseguenza un rallentamento nella loro crescita, fenomeni pur sempre temporanei e da contestualizzare.
Più concreta appare invece l’analisi di Bertrand Badré, chief financial officer della Banca Mondiale, sostenendo la necessità di una riforma del sistema finanziario nei mercati emergenti, proprio come leva per lo sviluppo e per immettere più liquidità nell’economia reale.
* Re-shoring: ritorno a casa degli investimenti occidentali dai paesi emergenti.
Fonte: rielaborazione dati da IlSole24Ore.