Il risultato finale del Consiglio Europeo del 18 dicembre rispecchia pienamente le ipotesi della vigilia, e coincide in buona sostanza con l’approvazione del Piano Juncker in forma “azzoppata” e con una più rinvigorita posizione politica sulla questione ucraina.

Passa con successo il concetto di “flessibilità”, seppur circoscritta ai soli investimenti da parte degli Stati nel Piano Juncker e non al totale degli investimenti produttivi come voleva Matteo Renzi. E proprio su tale ultimo aspetto le speranze, messe in campo dallo stesso, hanno perso lo scontro frontale col muro tedesco che sottolinea invece massimo rigore e rispetto del Patto di Stabilità a garanzia di tutti gli attori internazionali.

Le misure approvate prevedono l’istituzione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che avrà l’arduo compito di offrire garanzie per stimolare la crescita degli investimenti a partire dal giugno 2015. Il gruppo BEI, che dovrà occuparsi della sua gestione, é stato invitato a non perdere tempo e a mettere in campo risorse proprie per iniziare le attività già a partire dal prossimo mese; anche gli Stati membri potranno contribuire al Fondo, ma (ed é qui che l’Italia ha dovuto cedere il passo alla Germania) tali contributi saranno esonerati dalle regole del Patto di Stabilità e Crescita secondo i criteri di flessibilità stabiliti dal Patto stesso, e non in modo automatico come era stato auspicato inizialmente dalla Commissione. Approvate anche:  l’istituzione di uno sportello unico degli strumenti finanziari, che dovrà guidare gli investitori in quello che si preannuncia un dedalo di regole e cavilli; le posizioni politiche a sostegno del mercato unico dell’energia; l’armonizzazione normativa in tema di investimenti; la lotta all’elusione fiscale. Bocciata invece, ma non a sorpresa, la richiesta di prorogare la scadenza per l’utilizzo dei Fondi del periodo 2007-2013 alla fine del 2015: tali fondi, pertanto, andranno iscritti nel prossimo bilancio dell’Unione e non potranno più essere spesi dagli Stati membri. Un capitolo a parte é stato infine riservato alla questione ucraina, sulla quale l’Europa ha deciso di non fare passi indietro, probabilmente dopo che il crollo del rublo ha mostrato che le sanzioni imposte nei mesi scorsi possono mettere la Russia in una posizione di debolezza.

Riguardo invece alla situazione italiana Juncker esprime fiducia nelle riforme strutturali promesse da Renzi. E quest’ultimo reagisce con positività e gratitudine replicando che la direzione della flessibilità é “un piccolo passo avanti per l’Italia e un grande passo avanti per l’Europa”.

Nessuna sorpresa, dunque: nonostante l’importanza cruciale di questo Consiglio, i Capi di Stato e di Governo si sono limitati a dare il via libera alle proposte della Commissione senza apportare stravolgimenti clamorosi. Pertanto, le criticità legate alle conclusioni del Consiglio rimangono le stesse già espresse da più parti nei confronti del Piano Juncker, che non sembra aver ricevuto un’iniezione di credibilità da questa approvazione. 

Se siete interessati al documento che racchiude le Conclusioni del Consiglio europeo sulla promozione degli investimenti in Europa del 18 dicembre u.s. potete scaricarlo al seguente link

 

Fonte: elaborazione a cura di Exportiamo, di Marcello Moi, redazione@exportiamo.it

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