Chi scrive ha 31 anni ed é abbastanza fatalista per indole, formazione e credo.

A mia memoria negli ultimi 10-15 anni più volte l’umanità é andata incontro al rischio estinzione a causa di pandemie quali “SARS” (2002-04), “Influenza Aviaria” (2009) e andando più a ritroso anche l’Encefalopatia Spongiforme Bovina, per intenderci la “Mucca Pazza” che illo tempore ha fatto sognare incubi.

Il mio fatalismo mi ha sempre tenuto alla lontana da allarmismi ed eccessive precauzioni, ben cosciente di come l’emergenza a volte sia più che la realtà, una distorsione della stessa ad uso e consumo di media e sensazionalismo.

Le conseguenze di tutto ciò però possono essere molto pericolose e devastanti.

L’incubo globale del momento é la nuova avanzata del virus ebola ed é dovere di tutti fare chiarezza sull’argomento e cercare di discernere la realtà dei fatti, dalla paranoia delle interpretazioni, delle illazioni e dei sensazionalismi.

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Exportiamo.it risponde quindi con favore all’appello lanciato da “Africa e Affari” con il numero speciale di dicembre dal titolo inequivocabile: #AfricaNOEbola.

La “Rivista Mensile sul Continente del Futuro” nasce proprio con l’intento di colmare un vuoto informativo ingiustificabile sulle possibilità e le opportunità offerte dal continente africano e proprio per questo motivo di fronte all’amplificarsi della minaccia e della fobia, come scrive nell’editoriale la Redazione:

“Questo numero spiega in modo semplice e intuitivo che l’Africa non é ebola, che l’epidemia interessa 3 paesi su 54, che da ebola si può guarire, che ebola si può fermare, che le principali capitali europee sono più vicine in linea d’aria di quelle dell’Africa orientale o dell’Africa australe.”

L’iniziativa prevede la distribuzione gratuita della pubblicazione e l’organizzazione di una Conferenza pubblica di presentazione e sensibilizzazione sul tema che si terrà giovedì 11 dicembre alla Camera dei Deputati, puntando al coinvolgimento dei media mainstream e degli addetti ai lavori pubblici e privati, pronti a impegnarsi per una battaglia di verità sull’argomento.

Si tratta di un’iniziativa encomiabile di sensibilizzazione sul tema che vuole dimostrare come in realtà siano la paura, la fobia figlia dell’ignoranza e i conseguenti danni sulle economie dei paesi africani ad avere conseguenze ben più disastrose del virus stesso.

Negli intenti dei promotori, non si vuole far finta di nulla e si ha ben coscienza del fatto che “la situazione in atto in Liberia, Guinea e Sierra Leone é molto seria, e merita l’attenzione di tutti noi e della comunità internazionale. Merita tutto il nostro aiuto. Allo stesso tempo, dobbiamo ricordare che ebola si trova soltanto in questi tre Paesi, dove speriamo sia presto sconfitta, e che parlando di Africa occorre evitare di cadere nei soliti pregiudizi.”

Il numero speciale di dicembre, che qui potete scaricare gratuitamente, vuole proprio andare oltre a pregiudizi e difetti interpretativi.

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Come scrive a chiare lettere nel suo approfondimento “La gravità di un’epidemia, i ritardi e i danni di una cattiva informazione” il Direttore responsabile di “Africa e Affari”, Massimo Zaurrini, la chiarezza sull’argomento é necessaria perché:

“Spinta dal superficialismo dei media e da un abituale disinteresse per le questioni africane, l’epidemia di ebola pare aver confermato nelle opinioni pubbliche occidentali alcuni dei peggiori stereotipi sul continente.

Il caso della bambina rientrata nella sua scuola di Fiumicino dopo essere stata a Kampala, in Uganda, e a cui alcune mamme hanno impedito l’accesso per paura che avesse contratto ebola e fosse quindi contagiosa,  é emblematico. Forse a dissipare la psicosi non basterebbe neanche sottolineare che la distanza tra Monrovia, capitale della Liberia e oggi epicentro dell’epidemia, e Kampala é di 7400 chilometri. Tanto per capirsi Roma e Monrovia distano ‘solo’ 6720 chilometri.
Seguendo il principio applicato dalle mamme di Fiumicino, dovremmo isolarci e metterci in quarantena tutti quanti.

A poco serve anche spiegare che per essere contagiati dal virus é necessario un contatto prolungato con un malato, con liquidi corporei o con le sue feci. Ebola non si trasmette per via aerea.

Ebola é sangue e merda. Ebola va toccata con le mani. O con le mani vanno toccate le pustule, il sudore, le feci, il corpo di un malato.”            

E’ il sensazionalismo a mettere in stand-by la ragione, ovvero ciò che distingue l’uomo dagli altri animali.

E’ opportuno riaffermare la nostra umanità per poter fare chiarezza.

Ed é proprio attraverso le testimonianze di ONG italiane e internazionali “in trincea” (AMREF, CUAMM, Emergency, Medici senza frontiere ed ENGIM) e dei Missionari molto presenti in tutti e tre i Paesi dell’Africa occidentale epicentro dell’attuale epidemia e impegnati nell’assistenza sanitaria che si può far chiarezza e si può capire anche come la comunità internazionale ha preferito pensare a chiudere le frontiere (con rarissime eccezioni come Cuba impegnato in prima linea con missioni di assistenza sanitaria fin dall’inizio dell’emergenza) e non favorire un intervento tempestivo che avrebbe potuto evitare conseguenze più gravi per i Paesi interessati, tra i più poveri al mondo e che rischiano di compromettere la debole dinamica di sviluppo sociale ed economico avviata negli ultimi anni.  

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In un’intervista rilasciata per l’occasione, lo stesso Ministro dello Sport della Sierra Leone, Peter Konteh – che ha vissuto per molti anni in Italia ed é stato governatore della regione più colpita da ebola – afferma a chiare lettere: “Il mondo é in ritardo, non abbiamo bisogno della paura ma di aiuti reali”, ed evidenzia come per il suo Paese lo scoppio dell’epidemia si sia trasformato in un embargo economico.

Il Ministro della Salute italiano, Beatrice Lorenzin invece tranquillizza la popolazione italiana sul fatto che pur rappresentando il confine sud dell’Europa, il nostro Paese non corre rischi ed ha attivato tutte le procedure necessarie ed é sul campo non solo con le ONG ma anche con gli specialisti dell’Ospedale “Lazzaro Spallanzani” con un intento specifico:

“Tutti i progetti che mirano a formare personale sanitario in loco e a coordinare non solo le attività diagnostico-assistenziale ma anche quelle igienico-preventive sono sicuramente un avanzamento importante nella crescita dell’autonomia dei sistemi sanitari di quei Paesi e quindi della loro capacità di contrastare il diffondersi di infezioni che, pur essendo difficili da eradicare, perché hanno serbatoi animali ampiamenti diffusi sul territorio, possono essere però contenute e limitate.”

Non rimane quindi che rilanciare il mantra, puntare a diffondere il più possibile le informazioni contenute in questo numero speciale di “Africa e Affari” e cercare sempre di far prevalere la ragione sulle sensazioni e le paure:

 

#AfricaNOebola.

 

Fonte: a cura di Exportiamo su dati tratti da “Africa e Affari”, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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