L’Australia é abitata da circa 40.000 anni, ma gli europei ne ignorarono l’esistenza fino al XVII secolo, quando nel 1606 il navigatore olandese Willem Janszoon, scoprì il “nuovissimo continente”.
Con l’arrivo - nel 1770 - dell’allora tenente di marina del Regno Unito, James Cook, i due terzi orientali del paese vennero reclamati dal Regno Unito che configurò i lontani territori australiani colonie penali per i rei sudditi di sua Maestà.
Nel 1829 l’impero britannico reclamò il resto del territorio australiano e “l’indipendenza”, come dominio all’interno del Commonwealth britannico, fu proclamata nel 1901.
Se le colonie britanniche oltreoceano antenate degli Stati Uniti, furono fondate da chi fuggiva dalle persecuzioni in madrepatria, alla ricerca di nuove terre pronte a far germogliare, nascere e crescere una nuova società; i pionieri che colonizzarono il territorio australiano, almeno nella fase iniziale, furono i “galeotti” dell’impero che preferirono i rischi, l’avventura e la scoperta di andare a vivere agli antipodi alle patrie galere.
Oggi, così come assistiamo alla decadenza e alla regressione di paesi e popoli eredi di imperi millenari, gli eredi dei “galeotti” britannici, rappresentano la 12^ economia al mondo, la 4^ in tutta l’Asia e da circa 25 anni l’economia australiana cresce a tassi superiori alla media delle economie OCSE.
Per rendersi conto della distanza non solo geografica basta notare come i dati di ottobre 2014 che fotografano una disoccupazione al 6,2%, a Canberra sono considerati allarmanti e pericolosi mentre nella “Vecchia Europa” la “doppia cifra” diviene quasi un dato strutturale, se non una categoria dello spirito, un paesaggio dell’anima per intere generazioni, e il nostro paese conosce tristemente questa realtà.
Non é un caso che la solidità dell’economia australiana sia stata confermata negli ultimi anni dal limitato impatto generato dalla crisi finanziaria ed economica globale.
In questi anni l’Australia, soprattutto in ragione della crescente integrazione con le economie emergenti asiatiche, ha mantenuto un tasso di crescita economica di segno positivo senza entrare in recessione.
L’economia australiana infatti e? cresciuta del 2,4% nel 2011, del 3,7% nel 2012 e del 2,8% nel 2013 e, complessivamente, negli ultimi cinque anni il tasso di crescita combinato ha raggiunto il 13% mentre gli ultimi dati relativi a giugno 2014 registrano una crescita su base annua del 3,1%.
Il 21,3% del PIL é generato dalle esportazioni ed il 36% generato dagli Investimenti Diretti Esteri - IDE (la media delle economie avanzate, calcolata dall’UNCTAD é intorno al 27%).
A partire dagli anni ‘80, l’Australia ha adottato infatti una serie di riforme significative (abbattimento regime tariffario, sviluppo settore finanziario e bancario, privatizzazioni) che hanno progressivamente determinato una maggiore liberalizzazione dell’economia e lo hanno reso un paese aperto al commercio internazionale.
In posizione centrale all’interno della regione Asia-Pacifico, l’area più dinamica e con i più elevati tassi di sviluppo economico a livello mondiale, l’Australia nel tempo si é affermata quale principale attore regionale, non solo rinsaldando le “storiche” alleanze strategiche con Stati Uniti, Giappone, Corea del Sud, Nuova Zelanda; ma anche allargando la propria azione diplomatica a India e Cina e espandendo il proprio raggio di azione in Africa, Mediterraneo e Medio Oriente.
Sono numerosi gli accordi di libero scambio Free Trade Agreement - FTA che l’Australia ha sottoscritto: con Nuova Zelanda, Singapore, Thailandia, Stati Uniti, Cile, Associazione dei Paesi del Sud-est asiatico - ASEAN e Malaysia. Nell’aprile 2014 l’Australia ha firmato il FTA con la Corea del Sud e nel luglio 2014 con il Giappone e sono in fase avanzata anche i negoziati con la Cina che rappresenta il I^ partner commerciale australiano, alimentando la domanda di energie e minerali necessarie al frenetico sviluppo di Pechino.
Negli ultimi mesi il dibattito nazionale si é concentrato sulla crisi del settore manifatturiero e sulle forti riduzioni alla spesa pubblica proposte dal Governo nell’ultima manovra di bilancio, ma i dati statistici australiani segnalano un ottimo stato di salute dell’economia, suffragata in larga parte ancora una volta dall’ottimo contributo del settore minerario, dalla competitività del sistema finanziario e bancario, dall’andamento positivo delle esportazioni e dal tendenziale aumento della produttivita’ del lavoro, cresciuta su base annua del 3,1%.
La necessità di cercare nuovi stimoli per la crescita e di diversificare l’economia, nasce dalla consapevolezza della dinamica internazionale di riduzione del prezzo delle commodity su cui si fonda la ricchezza australiana (ferro, carbone, gas, oro e greggio).
La spinta derivante dalla crescente integrazione economico-commerciale dell’Australia con le dinamiche economie del Sud Est Asiatico ha determinato l’avvio di imponenti programmi di investimento nei settori infrastrutture, energia e risorse.
L’ammodernamento delle infrastrutture fisiche del Paese é una risposta alle sfide determinate dalla crescita economica, dall’incremento della popolazione (le stime più recenti indicano una popolazione che supererà i 40 milioni entro il 2040) e dal commercio delle materie prime.
Si prospettano pertanto notevoli opportunità per le imprese italiane soprattutto in alcuni settori quali difesa, infrastrutture, energia, meccanica strumentale, agroalimentare e turismo.
Nel 2013 l’interscambio é ammontato a 4,3 miliardi di euro ed in particolare le esportazioni italiane sono state pari a poco più di 3,7 miliardi di Euro.
I dati relativi ai primi 8 mesi del 2014 registrano invece una contrazione sia delle nostre esportazioni (-12,4%) che delle importazioni (-17,8%).
Il “Bel Paese” é il 12^ fornitore dell’Australia, 3^ tra i partner Europei (dopo Germania e Regno Unito) mentre la “Terra dei Canguri” rappresenta il 3^ mercato di esportazione italiano nell’area dell’Asia/Oceania (dopo Cina e Giappone), il Paese dell’area con cui l’Italia registra il piu? elevato saldo positivo della bilancia commerciale.
L’Australia oggi attraverso un sistema facilitato di accesso al business, rappresenta un luogo tra i piu? favorevoli dove investire in questo momento.
Non da ultimo, i recentissimi accordi raggiunti con Pechino che azzererà i dazi sulle importazioni del 95% dei beni australiani in cambio di minori vincoli agli investimenti sul territorio e la riduzione di tariffe doganali, offre importanti opportunità alle aziende europee.
Le aziende cinesi sono alla continua ricerca di partner commerciali e aziende attraverso cui aumentare la propria presenza a livello internazionale mediante M&A ovvero joint ventures mirate a specifici progetti e l’apprezzamento per il know-how europeo é innegabile.
Per quanto riguarda i nostri interessi, il valore complessivo degli investimenti nei due sensi é storicamente limitato in ragione soprattutto della lontananza geografica e della struttura economica contraddistinta in entrambi i Paesi da PMI.
Negli ultimi anni si assiste a un rinnovato interesse dei nostri investitori verso l’Australia e al contempo le Autorita? di Governo federali e statali, nonche? i rappresentanti dell’industria australiana, manifestano senza nascondersi l’interesse a sviluppare relazioni con il nostro Paese, in termini di partecipazione a gare per la realizzazione di progetti infrastrutturali, investimenti in equity, costituzione di joint-ventures, accordi per lo sfruttamento delle risorse, fornitura di tecnologia e macchinari per l’industria mineraria ed energetica e tutto ciò si sostanzia in una notevole crescita della partecipazione di imprese italiane nei progetti australiani di sviluppo.
Anche a livello politico la cooperazione tra i due paesi si e? intensificata particolarmente nel corso del 2014, a seguito della presidenza australiana del G20 e della presidenza italiana dell’Unione Europea come verificato durante l’ultima riunione del G20 a Birsbane.
Un’unica certezza sembra emergere: chi sarà in grado di guardare lontano e puntare agli antipodi, avrà le sue soddisfazioni.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it