La Seconda Conferenza ONU sui Landlocked Developing Countries e le nuove opportunità sulla vecchia “Via della Seta”

La Seconda Conferenza ONU sui Landlocked Developing Countries e le nuove opportunità sulla vecchia “Via della Seta”

11 Novembre 2014 Categoria: Marketing Internazionale

Nel mondo sono 32 i cosiddetti Landlocked Developing CountriesLLDCs, i paesi che non hanno alcuno sbocco sul mare, al centro dell’attenzione - a Vienna dal 3 al 5 novembre scorso -  durante i lavori della II^ UN Conference on Landlocked Developing Countries.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2001 con l’adozione della risoluzione 56/227 ha previsto la creazione dello United Nations Office of the High Representative for the Least Developed Countries, Landlocked Developing Countries and the Small Island Developing States - UN-OHRLLS che, successivamente, é stato il motore propulsore dei successivi impegni internazionali nei confronti dei LLDCs.

Nel febbraio 2004 é stato adottato l’Almaty Programme Action, con gli occhi della Comunità Internazionale post guerra fredda per la prima volta concentrati sulle condizioni di questi paesi che complessivamente ospitano 453 milioni di abitanti, il 72% dei quali vive in aree rurali e sono fortemente penalizzati dalla loro posizione geografica e dalla mancanza di infrastrutture e vie di comunicazione. Nell’accordo di Almaty s’individuavano 5 priorità fondamentali da perseguire per favorire l’integrazione e lo sviluppo di questi paesi:

1)Affrontare la transizione politica e ridurre la burocrazia e le tasse doganali, per ridurre costi e giorni di viaggio per le esportazioni.

2)Potenziare le vie di comunicazione e le infrastrutture

3)Favorire l’integrazione nel Commercio Internazionale attraverso il riconoscimento di misure preferenziali alle merci provenienti dai LLDCs;

4)Garantire l’assistenza tecnica e finanziaria internazionale

5)Monitoraggio Accordi e Impegno Comunità Internazionale attraverso la previsione di indicatori e di una relazione annuale.

A Vienna - a 10 anni di distanza da Almaty e dopo la verifica dei risultati di mid-term nel 2007-2008 con l’organizzazione di diversi Seminari tematici di approfondimento e un nuovo impegno a proseguire sulla strada tracciata – ci si é ritrovati a novembre proprio per dare uno sguardo ai progressi fatti e lanciare nuove sfide comuni per il futuro.

Vivere a 3.000 km dal mare                                                           

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Innanzitutto anche mentalmente, per noi italiani che viviamo in una penisola, é inimmaginabile pensare di stare a oltre 3.000 km dal mare come accade a chi vive in alcune zone di Kazakhstan e Kirghizistan: tutto ciò naturalmente influisce, e non poco, sulla capacità di integrazione di questi paesi nell’economia internazionale.

Dando uno sguardo ai dati si scopre ad esempio che dal 2006 al 2014 - mediamente - i giorni necessari per importare un container sono passati da 57 a 47 mentre quelli per esportarlo da 49 a 42. Solo 9 paesi su 32 possono contare su una rete stradale asfaltata per più del 50%; meno del 44% della popolazione ha accesso all’elettricità. Al contempo però si nota come dal 2003 al 2012 i flussi di Investimenti Diretti Esteri sono passati da 8,9 a 34,6 miliardi di dollari anche se oltre il 60% di questi é stato assorbito sostanzialmente dai tre grossi produttori di gas dell’Asia Centrale (Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan).

Parte integrante dei lavori della Conferenza di Vienna é stato il Business and Investment Forum del 4 novembre, un sede di confronto diretto tra istituzioni, comunità internazionale e settore privato per ragionare insieme sulle nuove priorità da perseguire.

Tra i temi affrontati é stata posta enfasi sul ruolo cruciale degli investimenti che - se orientati in maniera sostenibile e responsabile - divengono volano di sviluppo per le economie locali; così come il supporto della comunità internazionale é fondamentale per favorire lo sviluppo dell’industria locale e la diversificazione dell’economia.

Il documento finale della Conferenza é un nuovo impegno decennale nei confronti dei LLDCs ed é stato descritto dal Segretario Generale UN-OHRLLS, Gyan Chandra Acharya come una tappa importante nel promuovere l’agenda dello sviluppo dei LLDCs affermando: “Siamo fortemente impegnati per l’attuazione del programma d’azione di Vienna per affrontare, in modo olistico, delle particolari esigenze di sviluppo e le sfide dei paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare che derivano dai loro vincoli geografici”.

Il documento esprime un impegno inequivocabile da parte di tutti i governi per garantire una maggiore enfasi sulla riduzione del tempo di transito, sulla promozione dello sviluppo delle infrastrutture e la garanzia di misure di facilitazione degli scambi commerciali oltre al loro collegamento con la promozione della diversificazione economica, con l’obiettivo di generare una trasformazione strutturale dell’economia in grado di agganciare le produzioni locali alle catene globali del valore. Sono queste le sfide da affrontare per realizzare una crescita economica sostenuta e sostenibile e per poter garantire un significativo livello di integrazione delle economie di questi paesi.

La “via della seta” da deserto a oasi

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Tra le regioni del mondo che nel corso degli ultimi vent’anni hanno conosciuto “l’espulsione” con la fine del blocco sovietico e la successiva “reintegrazione” nel commercio internazionale sicuramente vi é l’Asia Centrale e le 5 repubbliche ex sovietiche di Kazakhstan, Kirghizistan, Tajikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, ovvero buona parte dei paesi un tempo attraversati dalla “Via della Seta”.

Da questo punto di vista, la terza edizione della Investment Guide to the Silk Road, pubblicazione United Nations Conference on Trade and DevelopmentUNCTAD é uno strumento utile per fare il punto sui progressi fatti nella regione e nell’analisi oltre alle citate ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, si analizzano il clima per il business e le opportunità di investimento presenti nelle 5 regioni occidentali della Cina (Gansu, Ningxia, Shaanxi, Xinjiang) attraversate dalla vecchia (e nuova) “Via della Seta”.

Il ricordo lontano dei fasti dell’antichità e del valore che aveva per le popolazioni dei paesi che attraversava come vettore di sviluppo e confronto, la “Via della Seta”, caduta poi nell’oblio, secondo l’UNCTAD potrebbe tornare a essere una realtà.

Negli ultimi vent’anni infatti si é assistito a una rivitalizzazione dell’antica via in ragione dello sviluppo economico dei paesi dell’area e del conseguente potenziamento viario e infrastrutturale che ha favorito gli scambi e un livello di apertura sempre maggiore al commercio intra-regionale e internazionale oltre al processo di integrazione regionale basato prevalentemente su accordi bilaterali di libero scambio tra i paesi dell’Area, mentre sicuramente di tutt’altra portata é l’Unione Doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakhstan.

Non é un caso che dopo un decennio buio caratterizzato dall’isolamento internazionale che ha visto il commercio dimezzarsi dal 1992 al 2002, i paesi dell’Asia centrale nel 2011 sono stati la regione più dinamica del continente e malgrado la crisi internazionale, nel periodo 2002 – 2012 hanno mantenuto un tasso di crescita medio del 6,5%.  

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Stiamo parlando di un’area che si estende per 6,3 milioni di kmq, abitata da 155,3 milioni di persone con un PIL pari a 774 miliardi di dollari. Anche gli investimenti nel periodo che va dal 2000 al 2010 sono cresciuti vertiginosamente passando dai quasi 2 miliardi di dollari del 2000 ai 19 del 2012 anche se, va segnalato come in realtà oltre il 60% di questi siano stati intercettati da Kazakhstan, Turkmenistan e Uzbekistan, tra i principali produttori mondiali di gas.

Nel frattempo anche sul piano burocratico, amministrativo e legislativo la situazione é migliorata e si assiste sostanzialmente a una sempre maggiore semplificazione delle procedure, a un miglioramento nell’implementazione dei contratti e all’introduzione di Standard di Corporate Governance.

Le opportunità per chi vuole percorrere la via della seta portandosi dietro capitali e know how, non mancano e nascono principalmente dalle esigenze locali naturalmente e così, quelle maggiori sono da ricercare proprio nel settore dei trasporti e dell’energia.

Esistono anche importanti opportunità ad esempio non solo nel turismo che può contare su numeri sempre più grandi proprio grazie alla riscoperta del fascino della “Via della Seta” e a un’interesse sempre maggiore per l’area, ma anche nell’agribusiness, nella chimica, nelle comunicazioni e nell’Information Technology.

L’area nel tempo potrebbe acquisire un’importanza strategica sempre maggiore e i progressi realizzati finora.

Naturalmente i paesi presi in considerazione sono caratterizzati da un diverso grado di sviluppo e apertura verso l’esterno, ma più in generale le opportunità secondo l’UNCTAD vanno colte soprattutto nel potenziale inespresso dalla dinamica intra-regionale del commercio e degli investimenti e negli ottimi incentivi offerti alle aziende straniere interessate ad investire nelle molte Zone Economiche Speciali presenti.

La recente pubblicazione UNCTAD é dunque utile per mettere a fuoco le potenzialità di un’area che nel futuro prossimo potrebbe riacquistare l’importanza e la centralità per gli scambi che aveva un tempo ed é uno strumento necessario per avere uno sguardo d’insieme sull’area. Tralasciando la natura e la “sensibilità” dei regimi al governo in buona parte di questi paesi, sul piano economico e infrastrutturale, i paesi dell’area sono mete appetibili per investimenti produttivi, ma anche per installare sedi di rappresentanza regionali come accade per il Kazakhstan, divenuto ormai un Hub regionale per molte multinazionali, ma soprattutto l’area nel tempo potrebbe acquisire un’importanza strategica sempre maggiore e tornare ad essere la cerniera tra Oriente e Occidente.

Non dimentichiamo che Marco Polo era italiano, abbiamo da chi prendere esempio.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

 

 

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