Promuovere il buon funzionamento e la competitività del settore privato é una grande impresa per qualsiasi governo, si tratta di un percorso che nella sua gradualità deve essere capace di garantire la stabilità macroeconomica del Paese così come gli investimenti in infrastrutture, nell’istruzione, nella sanità e favorire lo sviluppo di capacità imprenditoriali e tecnologiche.

La rimozione delle barriere amministrative e il rafforzamento delle leggi che promuovono l’imprenditorialità e la creatività sono il volano per avviare una spirale virtuosa di prosperità e sviluppo, così come norme troppo onerose possono portare a bassi livelli di produttività, meno imprenditorialità e conseguentemente bassi tassi di occupazione e di crescita.

In sostanza l’economia prospera in presenza di un sistema regolatorio in grado di combinare efficienza e qualità, questa é la ratio profonda alla base del “Doing Business”, il rapporto redatto dal Gruppo Banca Mondiale che analizza la situazione in cui operano le imprese in 189 paesi del mondo.

L’analisi tiene conto ad esempio di quali sono le condizioni per poter avviare un’attività, aver accesso all’elettricità e a crediti o ottenere permessi di importazione o esportazione. Nella valutazione complessiva ai dati relativi alle regolamentazioni locali, vengono aggregati anche i risultati ottenuti consultando oltre 10.000 professionisti.

Un rapporto in evoluzione                                                             

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Da quanto già detto si può facilmente intuire come l’analisi svolta dal “Doing Business” é uno strumento utilissimo sia per le imprese, per indentificare e localizzare le condizioni migliori per il proprio business, e sia per i governi, che devono considerare il proprio “piazzamento” annuale come uno specchio dei risultati ottenuti per migliorare il clima economico del proprio Paese.

Naturalmente l’importanza e la stessa risonanza negli ambienti che contano dello studio svolto dalla Banca Mondiale, amplificano le critiche che in questi anni sono provenute da parte dei Paesi emergenti in merito al loro “piazzamento” poco nobile e proprio quest’anno il rapporto avvia un percorso di rinnovamento nella metodologia di analisi e valutazione dei dati.

 I risultati però sembrano non cambiare anche con l’introduzione di un nuovo metodo di valutazione basato sulla distanza da un valore di frontiera per ogni indicatore considerato - su una scala da 0 a 100 - che rappresenta quanto il Paese sia in linea con il raggiungimento della “best practice” in materia.

Sono state inoltre ampliate le informazioni considerate nella definizione dei 10 indicatori che sono alla base del Doing Business con l’intento di equilibrare l’importanza sia delle misure legate all’efficienza che all’aspetto regolatorio. Altra novità di rilievo é l’introduzione del rilevamento dei dati non solo nella città economicamente più dinamica e rappresentativa di ogni Paese ma – nel caso di 11 Paesi con oltre 100 milioni di abitanti – le rilevazioni sono state estese a due città con l’intento di avere un paragone possibile anche sul piano sub-nazionale nel caso dei grandi mercati (Bangladesh, Brasile, Cina, Giappone, India, Indonesia, Nigeria, Pakistan, Russia e Stati Uniti).   

Secondo il “Doing Business 2015: Going Beyond Efficiency” - presentato lo scorso 29 ottobre a Washington DC - i luoghi dove é più facile svolgere attività di business con riferimento ai dati del periodo giugno 2013 - giugno 2014, rimangono inesorabilmente i Paesi ad alto reddito dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - OCSE e tra le prime dieci economie della classifica - guidata dall’unicum Singapore, leader dal 2007 - troviamo Nuova Zelanda, Hong Kong, Danimarca, Corea del Sud e Norvegia. Stati Uniti e Regno Unito seguono nella top ten che vede nei gradini più bassi Finlandia e Australia.  

Il Capo Economista della Banca Mondiale, Kaushik Basu, proprio per neutralizzare preventivamente le critiche afferma cristallinamente: “Il successo o il fallimento di un’economia dipende da molte variabili e tra queste, spesso a essere sottovalutati sono i meccanismi che facilitano l’attività economica”. 

La Banca Mondiale naturalmente specifica chiaramente come nella sua pubblicazione non siano considerate nell’analisi molte altre dimensioni del contesto economico, non cogliendo ad esempio aspetti quali sicurezza, dimensioni del mercato, stabilità macroeconomica, presenza di fenomeni di concussione e corruzione.

Andare oltre l’efficienza                                                                  

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Dal rapporto emerge come siano 123 i Paesi che hanno iniziato l’attuazione di almeno una riforma nei diversi indicatori misurati e più del 63% di queste riforme hanno contribuito ad abbassare la complessità e i costi delle procedure di regolamentazione, mentre il resto si sono concentrate sul potenziamento delle istituzioni giuridiche.

La Banca Mondiale ha anche osservato che tra questi, i Paesi periferici dell’Unione Europea, particolarmente colpiti dalla crisi della zona euro, come Irlanda (che é tra i primi dieci al mondo per i miglioramenti nei suoi indicatori) Portogallo, Spagna e Grecia hanno attuato il maggior numero di riforme che rendono più facile fare business.

Anche in Africa Sub-Sahariana “patria” di molte delle economie a pié di lista il 74% dei Paesi ha implementato almeno una riforma per facilitare il processo di avvio di un’impresa e cinque delle dieci economie con il contesto imprenditoriale migliorato di più provengono dalla regione anche se, questi miglioramenti in parte non emergono con le nuove metodologie della Banca Mondiale già illustrate.

Per quanto riguarda l’Italia, si piazza al 56^ posto e scivolando verso il basso di 4 posizioni nella classifica generale, ultimo tra i G-7 e all’interno della zona Euro precede solo Malta, Cipro, Grecia e Lussemburgo. Il nostro Paese ad esempio andando a vedere i dettagli, risulta al 46^ posto per creazione di impresa con un buon posizionamento dovuto alla recente eliminazione dei requisiti minimi patrimoniali per la creazione di una nuova impresa; ma solo al 116^ se si considera l’ottenimento delle licenze edilizie.

La giurisprudenza civile per il nostro Paese rappresenta il “tallone di Achille” e siamo appena al 146^ posto per l’esecuzione dei contratti, mentre guadagniamo posizioni sul versante dell’insolvibilità (29^). Anche sul piano delle tasse e delle imposte non siamo percepiti in maniera migliore e siamo al 141^ posto.

Il miglior risultato é raggiunto nella tutela dei soci minori (21^).

Un discorso a parte merita invece, soprattutto in prospettiva, l’avvio delle riforme legate al processo di digitalizzazione delle procedure burocratiche, sia con la previsione della trasmissione elettronica della documentazione notarile in materia di costituzione di società e sia con la semplificazione del processo di trasferimento del patrimonio immobiliare.

Sui questi temi fondamentali legati all’informatizzazione e all’innovazione dei processi nel nostro Paese, fondamentale sarà anche il lavoro svolto dall’Agenzia per l’Italia Digitale - AgID che -  sotto la dinamica e sapiente guida di Alessandra Poggiani, nominata lo scorso giugno direttore generale - ha messo in pratica importanti iniziative come il primo censimento delle banche dati della pubblica amministrazione terminato lo scorso settembre. Il percorso é complesso ma le stesse amministrazioni hanno forse oggi finalmente la sensibilità e/o si spera la maturità di capire la reale portata di determinati adempimenti in funzione del processo di innovazione necessario al nostro Paese e non di mero obbligo burocratico da svolgere senza passione e appartenenza.

Tornando al rapporto e per concludere, l’invito fin dal suo titolo é quello di “Andare oltre l’efficienza”.

Il motivo é semplice perché oltre l’efficienza ci deve essere la qualità delle istituzioni e dei provvedimenti regolatori, nelle istituzioni e nei provvedimenti regolatori, questa é la precondizione necessaria per costruire un clima favorevole al business in grado di saper ammaliare e attrarre i tanti capitali in giro per il mondo alla ricerca di approdi sicuri e confortevoli.

 

Fonte: a cura di Exportiamo su dati tratti dal rapporto della World Bank “Doing Business 2015: Going Beyond Efficiency”, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it

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