“Vuoto di senso crolla l’Occidente, soffocherà per ingordigia e assurda sete di potere e dall’Oriente orde di fanatici…” canta Franco Battiato in “Zai Saman”, l’Oriente di riferimento, nel suo caso, é il Medio Oriente patria di instabilità ma anche di troppe ingerenze esterne nei secoli, dalle Crociate in poi.
Andando ancora più a Oriente però secondo alcuni, ancora una volta si sollevano sfide all’ordine costituito.
Toccherà capire se si tratta di “orde di fanatici” o di legittime aspirazioni, anche necessarie in un mondo multipolare e in evoluzione come quello che viviamo.
Non può passare, infatti, inosservato cosa é successo il 24 ottobre 2014 a Pechino ovvero l’impegno preso dai rappresentanti di 21 Paesi Asiatici con la firma del Memorandum d’Intesa per far entrare in scena entro la fine del 2015 un nuovo attore tra le Banche Multilaterali di Sviluppo, l’Asian Infrastructure Investment Bank - AIIB.
Si tratta di un’ulteriore mossa concreta di Pechino per cercare di far pesare il suo ruolo di prossima prima economia mondiale o di un “toccasana” per lo sviluppo infrastrutturale in Asia in un momento in cui le risorse finanziarie sono limitate e i bisogni impellenti?
Azioni e Reazioni
Le reazioni sono state contrastanti, ma innanzitutto proviamo a sintetizzare per punti lo stato dell’arte del nuovo progetto.
-Dotazione Finanziaria: il capitale iniziale sarà di 50 miliardi di dollari e a regime si parla di circa 100 miliardi di dollari pari a 2/3 del budget Asian Development Bank – ADB. Gli stati membri contribuiranno al budget in maniera proporzionale al proprio PIL a Parità di Potere di Acquisto - PPP.
-Sede e Governance: la sede sarà a Pechino e probabilmente il primo governatore sarà Jin Liqun, ex presidente della Banca d’investimento China International Capital Corp. - CICC. Sono previsti tre livelli di Governance con il “Board of Governors”, il “Board of Directors” e il “Management” che – rassicurano da Pechino - verrà reclutato con procedure aperte e trasparenti. I diritti di voto degli Stati Membri saranno discussi successivamente.
-Stati Membri: oltre alla Cina sono: Bangladesh, Brunei, Cambodia, Filippine, India, Kazakhstan, Kuwait, Laos, Malesia, Mongolia, Myanmar, Nepal, Oman, Pakistan, Qatar, Singapore, Tailandia, Sri Lanka, Uzbekistan e Vietnam. L’intento é comunque quello di rendere la nuova AIBB più aperta e inclusiva possibile anche all’ingresso di nuovi partner.
Sul piano ufficiale, sia il presidente della World Bank – WB, Jim Yong Kim che quello della Asian Development Bank - ADB, Takehiko Nakao, hanno espresso il loro benvenuto alla nuova istituzione che con il suo operato contribuirà a favorire il necessario sviluppo infrastrutturale per i paesi meno sviluppati del continente asiatico e, rimarcato, la complementarietà e non la competizione del nuovo istituto rispetto all’operato delle rispettive organizzazioni di appartenenza.
E’ stata altresì rimarcata l’importanza della collaborazione futura nei campi d’azione comune e la necessaria abilità da parte della neonata AIIB di saper far proprie le “Best Practices” di chi ha settant’anni di esperienza nel settore.
Su quest’ultima considerazione Pechino - che ha confermato che i suoi nuovi impegni non comporteranno un venir meno a quelli già esistenti in ambito WB e ADB - probabilmente qualche scetticismo lo esprimerà e in ogni caso visto il suo ruolo egemone, nessuno potrà più di tanto interferire nella gestione, a maggior ragione perché - come possibile contrappeso - tra i paesi fondatori della AIIB non ci sono Giappone, Corea del Sud, Australia e Indonesia, ovvero i partner più importanti a livello strategico per gli Stati Uniti nell’Area.
Anche tra gli analisti si registrano posizioni eterogenee e soprattutto questa nuova mossa di Pechino viene analizzata in relazione alla recente creazione della New Development Bank - NDB da parte dei BRICS, argomento che abbiamo avuto modo già di approfondire su Exportiamo.
C’é chi come David Dollar - ex rappresentante del Tesoro degli Stati Uniti e della Banca Mondiale in Cina - sul New York Times vede in questa nuova mossa una spinta nella giusta direzione per l’economia mondiale e uno stimolo per la riforma delle istituzioni che sono state alla base del “Washington Consensus” dal secondo dopoguerra ad oggi e che sia in grado di recepire le aspirazioni degli stati emergenti.
Il Guardian invece in un editoriale invita gli Stati Uniti a lavorare insieme alla nascitura AIIB piuttosto che farle guerra, mentre il Prof. Hugh White dell’Università di Canberra pragmaticamente afferma che questa nuova mossa di Pechino deve essere un ulteriore richiamo alla realtà per l’illusione statunitense di poter guidare lo sviluppo in Asia nel XXI Secolo.
Non fermarsi allo scetticismo
La ricerca “Capital for the Future. Saving and Investment in an Interdependent World” pubblicata dalla World Bank nel giugno 2013 ipotizza che entro il 2030 Cina e India dovrebbero contare quasi il 38% del totale degli investimenti lordi globali, mentre i Paesi avanzati considerati globalmente dovrebbero attestarsi al 40%.
Se questa é la visione di prospettiva, é più che legittimo iniziare a convogliare le proprie risorse verso azioni e istituzioni che riflettono il loro peso specifico globale sempre maggiore.
La Cina dal canto suo, dopo il Vertice ASEM di Milano e il rafforzamento della partnership con l’Europa, intesse relazioni importanti anche con l’Arabia Saudita – possibile futuro partner AIIB - per la negoziazione di un Accordo di Libero Scambio con i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo - GCC mentre, a fine agosto, durante l’ultimo meeting con i Paesi ASEAN a Nay Pyi Taw, capitale del “nuovo” Myanmar, si é detta intenzionata a potenziare l’accordo di libero scambio ASEAN-China Free Trade Agreement - ACFTA, orgogliosamente rivendicato come esempio di più grande tentativo di Accordo di libero scambio tra Paesi in Via di Sviluppo anche attraverso la suggestiva proposta di creare una “Via della Seta Marittima del XXI^ Secolo”.
La Asian Infrastructure Investment Bank nella volontà dei suoi promotori vuole essere l’esempio per l’avvio di una nuova era della cooperazione internazionale multilaterale e, attraverso il rafforzamento dell’unità e della cooperazione regionale, vuole arrivare ad assumersi maggiori responsabilità per garantire lo sviluppo della regione.
E’ innegabile come questo nuovo slancio nasca proprio dalla mancata rimappatura di poltrone, responsabilità e interventi all’interno del sistema multilaterale di sviluppo tradizionale e come probabilmente il solo richiamo formale a condividere standard di trasparenza e governance come invocato dagli Stati Uniti - ma anche da WB e ADB come abbiamo visto – possa essere azione sterile in mancanza di un coinvolgimento dialettico nella dinamica in atto in grado di creare una sintesi possibile per questo nuovo mondo mulitpolare.
L’invito é come sempre al pragmatismo: riuscire ad andare oltre senza fermarsi allo scetticismo che ci fa vedere solo “orde di fanatici” ai quattro venti.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Antonio Passarelli, redazione@exportiamo.it