I Paesi del Nord Africa che affacciano sul Mediterraneo attraversano in questi anni una transizione dal lato politico e uno sviluppo crescente da quello economico. L’Italia e, più in generale, l’Europa può rappresentare un interlocutore di primo piano nei rapporti internazionali. Di fatto, il nostro bel Paese rappresenta il secondo partner commerciale della Tunisia e il terzo del Marocco, mentre l’Unione Europea é tra i principali partner di Giordania, Egitto, Marocco e Tunisia, avviando nel tempo diverse politiche di sostegno, come il Partenariato euro-mediterraneo (Pem), la politica europea di vicinato (Pev), l’Unione per il Mediterraneo. Tutti strumenti volti al rafforzamento tanto della dimensione multilaterale che di quella bilaterale in diversi ambiti: politico, sicurezza, economico e culturale. 

Cercheremo di tracciare un quadro di ciascun Paese, mettendo in evidenza i punti di forza e le debolezze e, soprattutto, le opportunità per il Made in Italy.

Egitto

A tre anni dalla caduta del regime di Hosni Mubarak, il ritorno alle urne (anche se di una percentuale molto bassa della popolazione) pare costituire uno dei pochi lasciti della “primavera egiziana”. In una riedizione di quanto avvenuto nei giorni successivi alla caduta del rais, le forze armate sono tornate a giocare un ruolo di primo piano, dopo il fallimento del 2012, quando il Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) dovette cedere il passo alla crescente opposizione popolare. Questa volta, però, a far le spese della seconda rivoluzione egiziana é stato Mohammad Morsi, il leader dei Fratelli musulmani (Fm) divenuto presidente della repubblica nel giugno 2012 e deposto appena un anno dopo, il 3 luglio 2013, da un colpo di mano guidato dal generale Abdel Fattah al-Sisi in seguito alle imponenti manifestazioni di piazza del 30 giugno. 

La presidenza Morsi é stata costellata da numerosi passi falsi che hanno evidenziato l’incapacità del leader islamista di rappresentare l’intera popolazione e di rispondere alle richieste di rinnovamento e apertura maturate in seno agli eventi di piazza Tahrir. 

Il processo che ha portato alla caduta di Morsi ha rappresentato un colpo durissimo per l’Egitto post-Mubarak, dando vita a un precedente che rischia di indebolire le fragili basi del sistema-paese e di ritorcersi contro i propri mandanti. 

A livello internazionale il cambio di leadership ha lasciato strascichi importanti: se l’ascesa di Morsi alla presidenza era coincisa con un rafforzamento delle relazioni con Doha e Ankara, la caduta del leader islamista ha segnato una totale inversione di tendenza, favorendo il riavvicinamento del Cairo con Riyadh, Dubai e Kuwait city. Queste ultime non hanno esitato a sostenere la traballante economia egiziana con un pacchetto di aiuti di almeno 12 miliardi di dollari, permettendo al paese di sopravvivere a una crisi senza precedenti e di non dover sottostare – almeno nel breve periodo – alle impopolari richieste presentate dal Fondo monetario internazionale per la concessione di un prestito di 4,8 miliardi di dollari.

In tale contesto, le imprese italiane possono godere della vicinanza geografica in primis e della complementarietà dei rispettivi sistemi produttivi. L’Italia ha sempre trovato nel Paese magrebino un terreno più che fertile per operare. In tal senso sono state create anche numerose ZES – Zone Economiche Speciali per attrarre gli investitori stranieri, garantendo incentivi e agevolazioni. Senza dimenticare l’importanza del mercato interno e soprattutto la posizione privilegiata che riveste l’Egitto in Africa. 

Giordania 

Nonostante i fattori esterni e interni di destabilizzazione, accresciutisi sensibilmente dal 2011 in poi, negli ultimi anni la Giordania é riuscita a mantenere un sostanziale equilibrio politico. Il potere centrale resta saldamente nelle mani di re Abdallah II e della monarchia hascemita, che gode del forte sostegno da parte dell’apparato di sicurezza, dei clan beduini e dell’élite finanziaria (che controlla gran parte del settore privato e della finanza giordana). 

Dal 2011 in poi, in risposta alla Primavera araba, che in Giordania ha portato a manifestazioni di piazza dei Fratelli musulmani e degli Hirak, Abdallah ha accelerato e rafforzato il lungo processo di riforme iniziato da suo padre Hussein nel 1989. Il re ha ritoccato la legge elettorale, senza tuttavia intaccare i vantaggi dei clan tribali, e ha introdotto il potere di nomina del primo ministro da parte del parlamento. Inoltre il re ha intensificato il dialogo con i Fratelli musulmani, in controtendenza rispetto alla dura repressione del movimento in Egitto da parte dei militari a partire dall’estate del 2013.

Tuttavia il Fronte d’azione islamica (Iaf), il braccio politico del movimento dei Fratelli musulmani, si é mantenuto freddo nei confronti di riforme che, pur costituendo un passo in avanti rispetto al passato, rimangono operazioni cosmetiche. A ciò si aggiunge, quale ulteriore elemento di instabilità, la politica economica del governo attuale, improntata all’austerità di concerto col Fondo monetario internazionale, che ha concesso alla Giordania un prestito di 2 miliardi di dollari nel luglio del 2012.

A livello regionale esigenze economiche e geopolitiche hanno rafforzato il legame esistente tra la casa reale hascemita e le monarchie del Golfo. Sebbene non si siano registrati progressi in merito alla possibilità di adesione di Amman nel Gulf Cooperation Council – Gcc (la Giordania, assieme al Marocco, era stata invitata dall’Arabia Saudita nel 2011 a fare parte dell’organizzazione), la Giordania sta ricevendo un forte sostegno finanziario dalle monarchie del Golfo. A fine 2011 infatti il Gcc aveva stanziato un pacchetto di 5 miliardi di dollari per finanziare progetti di sviluppo economico nelle due monarchie arabe per un periodo di cinque anni. Questi aiuti hanno il duplice obiettivo di assorbire eventuali instabilità interne e al contempo di far fronte all’impatto negativo della crisi siriana, che resta il principale problema per Amman.

La presenza economica italiana nel Paese si caratterizza più per operazioni commerciali che per investimenti produttivi. Tuttavia la Giordania si configura come un hub nella regione mediorientale, ma soprattutto nei confronti degli USA, grazie all’accordo di libero scambio firmato nel 2010. E il Made in Italy come sempre fa la sua parte, essendo altamente richiesto dalle fasce più agiate della popolazione.  

Marocco 

Il Marocco vanta una notevole stabilità politica e una sostenuta crescita economica, caso più unico che raro nella regione. Il re Mohamed VI appare saldamente al comando. Nonostante abbia ceduto alcuni dei suoi poteri in favore di un rafforzamento dell’esecutivo e del parlamento, il sovrano mantiene le funzioni di comandante supremo delle forze armate, principe dei credenti, garante delle istituzioni e del loro corretto funzionamento. 

La Primavera araba ha avuto un impatto significativo sulla vita politica del paese. Nei primi mesi nel 2011, re Mohamed é stato abile nell’intercettare i primi segni di malcontento, emersi con le proteste di piazza, avviando un processo di riforma costituzionale che ha portato all’approvazione tramite referendum di alcuni importanti emendamenti costituzionali nel luglio del 2011. A ciò sono seguite elezioni anticipate nel novembre successivo. 

A livello regionale, le relazioni esterne del Marocco sono segnate dal difficile rapporto con la vicina Algeria sulla questione della sovranità territoriale sul Sahara occidentale. Questa situazione ha anche frenato lo sviluppo della cooperazione nella regione nordafricana: a oggi il Maghreb rimane infatti una delle aree col minore tasso di integrazione interregionale al mondo.

Negli ultimi anni Rabat ha rafforzato invece i già solidi legami con le monarchie del Golfo sia a livello politico sia sul piano economico, tanto che nel 2011 é stato proposto al Marocco di aderire al Gcc. Il Qatar ha firmato con il paese un piano di aiuti da 1,53 miliardi di dollari. Particolarmente rilevante é poi il recente interesse marocchino nei confronti dell’Africa occidentale sub-sahariana, come testimoniato dalle recenti visite di stato del re Mohamed VI in Mali, Costa d’Avorio, Guinea e Gabon. Alle evidenti opportunità d’investimento per la crescente classe imprenditoriale marocchina (molto legata al palazzo reale), si unisce l’interesse geopolitico di riaffermare una presenza a lungo subalterna rispetto all’Algeria, e infine una nuova strategia di “branding religioso”.

Gli Stati Uniti rimangono un partner chiave per il Marocco che dal 2001 gode dello status di major non- Nato US ally, grazie all’intensa collaborazione per contrastare il terrorismo transnazionale e i traffici di armi e droga nel Maghreb. I due paesi sono inoltre legati da un accordo di libero scambio entrato in vigore nel 2006, così come con l’Unione Europea. Malgrado la congiuntura economica mondiale sfavorevole, il PIL del Marocco ha sempre registrato indici positivi e presenta una classe di consumatori sempre più ampia, per cui risulta un mercato allettante per l’Italia

Tunisia

Tre anni dopo la caduta del regime di Zine al-Abdine Ben Ali, le forze politiche tunisine sono riuscite a votare una nuova Carta costituzionale nel gennaio scorso sotto la guida di un governo tecnico presieduto dal primo ministro ad interim Mehdi Jomaa. Approvata la legge elettorale a inizio maggio, all’attuale esecutivo rimane il compito di traghettare il paese verso le prossime elezioni, legislative e presidenziali, previste per dicembre.

Rimangono ancora molte le sfide che il paese si trova ad affrontare in vista delle elezioni di fine 2014. Da un lato, le correnti terroristiche e jihadiste rappresentano una minaccia alla sicurezza e alla stabilità interna. Dall’altro, il contesto socio-economico interno continua a essere attraversato dalle stesse problematiche che furono all’origine delle rivolte del 2011. Si registra un sensibile peggioramento della qualità della vita e degli indicatori macroeconomici, dovuto essenzialmente a una lunga fase di stagnazione seguita alla rivoluzione, e l’aumento del tasso di disoccupazione, in particolare quella giovanile. Inoltre molti tunisini, in particolar modo i giovani che sono stati in prima linea nelle rivolte del 2011, si sono sentiti esclusi da un processo costituzionale gestito prevalentemente dalle élite politiche.

Dal punto di vista regionale, la Tunisia ha intensificato i legami e la cooperazione antiterrorismo con Algeria e Libia, con le quali condivide frontiere desertiche e permeabili. Come dimostra il recente tour di stato del primo ministro Jomaa in Arabia, Kuwait, Qatar e Bahrein, Tunisi si sta muovendo anche per rinvigorire i legami con le ricche monarchie del Golfo. Tuttavia, escludendo il Qatar (che ha versato aiuti per un totale di 1,5 miliardi di dollari), non sembra che ci sia stata finora da parte degli altri regimi del Golfo la stessa generosità dimostrata nei confronti dell’Egitto, che ha potuto beneficiare di un sostegno di oltre 12 miliardi di dollari. Anche gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Giappone sostengono il processo di transizione democratica tunisino. Proprio Tokio ha concesso nel 2013 un prestito di 507 milioni di dollari, mentre gli Stati Uniti (che già avevano garantito un prestito di 500 milioni) hanno intensificato anche la cooperazione militare e sulla sicurezza.

L’Italia come già detto in precedenza costituisce il secondo partner commerciale della Tunisia e uno dei Paesi che ha maggiormente investito negli ultimi anni. Basti pensare che risultano attive in Tunisia 747 imprese a partecipazione italiana, grazie soprattutto ad una normativa favorevole agli investimenti, che prevede privilegi in termini fiscali. 

A volte basta sapersi guardare intorno per scorgere delle realtà e soprattutto delle opportunità di business eccellenti…a due passi da casa!

 

Fonte: a cura di Exportiamo, redazione@exportiamo.it 

 

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