« Nel 2013 si stima che Israele abbia speso oltre 1,3 miliardi di dollari per preparare l’esercito ad un’eventuale nuova operazione militare»

Prima dello scoppio della guerra tra Israele e Hamas, avvenuta il 12 giugno 2014, le stime di crescita del PIL israeliano per il 2014 si attestavano al 3,3% trainate dalla progressiva ripresa del commercio internazionale e dalla scoperta di enormi giacimenti di gas al largo di Haifa. 

Per capire meglio nel prossimo futuro quali saranno gli effetti della guerra sull’economia israeliana é bene tenere a mente i dati macroeconomici israeliani dell’ultimo triennio e poi metterli a confronto con gli indicatori degli ultimi mesi.

L’andamento del PIL israeliano negli ultimi tre anni ha registrato nel 2011 una performance del 4,8%, nel 2012 del 2,2% e nel 2013 dell’1,9% a causa in primis della perdurante crisi economica internazionale e del calo dei consumi interni. 

Con un’economia guidata dalle esportazioni, che rappresentano il 40% del PIL israeliano, la domanda estera rimane determinante: nel 2013 gli U.S.A. e l’U.E. hanno assorbito circa i tre quinti delle vendite del Paese. Il livello di inflazione é sceso dal 2% del 2012 all’1,7% del 2013. 

Tra gennaio 2013 e gennaio 2014 il tasso d’interesse é calato dall’1,75% allo 0,75%. Nel corso degli ultimi anni, l’ampio differenziale nei tassi di interesse tra Israele e le maggiori economie mondiali ha portato ad un apprezzamento dello sheqel rispetto al dollaro di circa il 4% ed un deprezzamento del 4,35% rispetto all’euro. 

Il Governo del primo ministro Benjamin Netanyahu ha pertanto imposto una maggiore disciplina di bilancio per ridurre i livelli di debito e per permettere al Paese di mantenere la stabilità ed aumentare i ritmi di crescita economica: dopo una serie di tagli alla spesa pubblica, il deficit dovrebbe raggiungere il 4,6% del PIL a fine 2014 e quindi gradualmente scendere fino a far registrare un surplus non prima del 2016-2017, di pari passo con il recupero dell’economia mondiale. 

Anche nel 2013 l’high-tech ha trainato l’intera economia del Paese affiancato dall’ ICT, dalle biotecnologie e dalle tecnologie energetiche e ambientali. Israele vanta una forza lavoro altamente qualificata, non per niente le principali aziende internazionali come IBM, Microsoft ed Intel, hanno creato e mantengono centri R&D all’interno dei confini dello Stato. Anche i grandi produttori farmaceutici, come Teva o altri leader nel mondo hi-tech come Checkpoint, Alvarion e Aladdin Knowledge Systems, fanno parte del grande patrimonio aziendale del Paese. 

Il Piano Economico per il 2013-2014, ulteriore incentivo allo sviluppo dell’Industria High-Tech, prevede di migliorare i collegamenti tra il comparto e le autorità di regolamentazione del settore Life Sciences e di stringere ulteriori legami con l’India, la Cina ed il Brasile. L’industria delle Life Sciences é infatti un potente motore per la crescita dell’economia: Israele é il primo Paese nella classifica mondiale per qualità della ricerca scientifica ed il secondo per quanto riguarda la presenza di venture capital. Nel settore dello sviluppo di tecnologie energetiche ed ambientali, Israele porta avanti ormai da anni importanti ricerche legate alle tecnologie per la desalinizzazione e per il risparmio idrico applicate all’agricoltura e per l’energia solare.

Ovviamente il progresso tecnologico viene applicato anche in ambito militare: con un finanziamento di circa 5 miliardi dollari ed un contributo americano pari a 310 milioni di dollari già versati ed altri 621 nei prossimi tre anni, come riporta il New York Times, le aziende israeliane Elta e Rafael hanno costruito il sofisticato sistema di difesa Iron Dome, la cosiddetta “Cupola di Ferro”, impiegato nell’attuale guerra contro Hamas.

L’operazione militare nella striscia di Gaza ha superato i 2 miliardi di dollari, pari ad una percentuale tra lo 0.75 e l’1% del prodotto interno lordo, per l’utilizzo dei caccia, degli elicotteri e dei soldati riservisti, ma soprattutto per gli elevati costi del sistema missilistico Iron Dome: il valore di ogni missile intercettore Tamir si attesta tra i 30.000 ed i 50.000 dollari, una cifra elevatissima rispetto ai circa 800 dollari impiegati per la realizzazione dei razzi Qassam palestinesi.

Nel 2013 si stima che Israele abbia speso oltre 1,3 miliardi di dollari per preparare l’esercito ad un’eventuale nuova operazione militare, compresa la formazione di migliaia di truppe di terra, l’acquisto di blindati e l’ammodernamento dell’artiglieria, lo sviluppo tecnologico del proprio arsenale, come i droni, e la digitalizzazione del settore della Difesa.

Attualmente i danni all’economia israeliana del conflitto in corso sono valutabili intorno al 20% del PIL: il settore del turismo, che nei primi cinque mesi del 2014 registrava un record pari al +17% rispetto allo stesso periodo del 2013 e che rappresenta circa il 7,3% dell’economia israeliana, é oggi invece praticamente paralizzato. I consumi a luglio sono diminuiti di un terzo nella zona intorno a Tel Aviv e del 60%-70% nel sud del Paese. Israele deve inoltre fare fronte ad una serie di spese relative ai piani per la messa in sicurezza delle popolazioni delle regioni meridionali, maggiormente colpite dai razzi di Hamas, per le quali il Governo israeliano ha già impiegato circa 400 milioni di shekel.

Al di là dei dati economici, il Medio Oriente continua a sgretolarsi sotto i colpi della guerra ed allo status quo né il popolo israeliano né quello palestinese sembrano destinati ad un futuro di stabilità e convivenza pacifica.

 

Fonte: elaborazione a cura di Exportiamo su dati del Business Atlas 2014, ANSA e Panorama. Di Barbara Alessandrini, b.alessandrini@exportiamo.it

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