È ancora in fase di negoziazione eppure in molti già ne parlano, chi bene e chi male. Si tratta del Transatlantic Trade & Investment Partnership (TTIP), ovvero il Trattato Transatlantico sul Commercio e sugli Investimenti tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Chi ne é a favore sottolinea le opportunità di crescita economica per i Paesi partecipanti, chi lo critica sostiene che tale accordo non farà altro che dare maggior peso e potere alle multinazionali, sempre più padroni dei loro stessi governi.
Se consideriamo l’Unione Europea e gli Stati Uniti come un solo mercato ci rendiamo subito conto di quanto sia forte il loro peso nello scacchiere geopolitico. Insieme rappresentano più del 50% del PIL mondiale e un terzo dei flussi commerciali. Gli Stati Uniti costituiscono la prima destinazione europea per le esportazioni e il primo partner per stock di investimenti. Basti pensare che nel 2012 il commercio transatlantico ha registrato un flusso pari a 497.5 miliardi di euro, con un bilancio positivo per l’Europa di 85.9 miliardi di euro. Nello stesso periodo le esportazioni europee erano pari a 292.8 miliardi di euro (+10.6% sul 2011), mentre le importazioni europee dagli Stati Uniti hanno registrato un valore pari a 206.5 miliardi di euro (+7.5% sul 2011), come si evince dal seguente grafico.
Grafico 1: EU commercio con gli USA, 2011 – 2013 (in miliardi di €)
Fonte: elaborazione a cura di Exportiamo su dati da www.ec.europa.eu
Il TTIP secondo gli esperti fortificherebbe le già ottime relazioni tra le due regioni. Il PIL aumenterebbe dello 0.5% annuo e nei successivi dieci anni si assisterebbe alla creazione in Europa di circa 1.3 milini di oposti di lavoro, oltre ovviamente alla disponibilità di una più ampia gamma di bene e servizi a prezzi più bassi.
Molto importante appare l’armonizzazione di determinati standard, una delle maggiori differenze normative tra l’Unione Europea e gli USA. Ovviamente tali divergenze si traducono in significativi ostacoli che impediscono una più rapida integrazione tra i due più grandi mercati del mondo. Molto spesso i prodotti devono essere testati due volte, quindi più costi per le imprese, tempi che si dilatano e svantaggi per i consumatori. È dunque particolarmente evidente la necessità di creare un meccanismo efficiente per facilitare tale cooperazione. Tutto ciò darebbe di conseguenza un maggior impulso alla creatività e all’innovazione, spronando maggiormente le imprese ad effettuare investimenti in R&S.
Certo l’abbattimento o quanto meno l’armonizzazione delle barriere non-tariffarie, le peggiori, che impongono una serie di restrizioni al commercio internazionale con conseguenze a volte più drastiche dell’effetto di un semplice dazio, può sicuramente aiutare le PMI di ambo le sponde ad accrescere il loro stesso fatturato, aumentandone la competitività. Ma sarà davvero così? O assisteremo ad una sempre maggiore egemonia delle multinazionali e, dal nostro canto, il nostro Made in Italy, fatto da imprese di piccole e medie dimensioni, farà ancora fatica a ritagliarsi una nicchia per emergere? Intanto il TTIP é ancora in fase di negoziazione, aspetteremo il prossimo step impazienti di sapere gli ultimi accordi raggiunti.
Fonte : elaborazione a cura di Exportiamo su dati tratti dal convegno “TTIP: Global challenges and opportunities for transatlantic economic partnership”, Roma. Di Francesca D’Agostino, redazione@exportiamo.it
Per maggiori informazioni consulta la scheda paese, qui.
*barriere non-tariffarie: regolamentazione non fiscale del commercio estero il cui scopo principale é limitare la quantità importata di merci.