Il settore alimentare soffre la crisi, ma rimane un’eccellenza italiana con il valore delle esportazioni  in crescita e una buona quota di mercato su scala internazionale. 

Il comparto. Nonostante il calo dei consumi (-3,9% nel 2013) l’alimentare si attesta come uno dei settori che ha “tenuto” di più di altri su produzione, export, occupazione e investimenti. È vero infatti che dal 2007 al 2013 la produzione alimentare é calata del 3,6%, ma quella manifatturiera si é ridotta di oltre il 24%. Sempre nello stesso periodo l’alimentare ha incrementato del 46% l’export, raggiungendo circa 27 miliardi di euro nel 2013 (+5,8%), quando le esportazioni manifatturiere sono salite di appena il 7,8%.  I posti di lavoro hanno subito una lieve scrematura nelle aziende più piccole (scese dal 2001 al 2011 da 60 mila a 48 mila unità), ma resta alta la fascia di aziende sopra i 9 addetti e nei prossimi quattro anni si dovrebbe assorbire manodopera per 50 mila unità, il 20% del totale previsto per il manifatturiero. Per quanto riguarda gli investimenti, secondo le ultime rilevazioni Format Research/Federalimentare, negli ultimi due anni quasi due aziende su tre hanno effettuato investimenti contro il 32% dell’universo manifatturiero. Nel 2014-2015 circa la metà delle aziende alimentari intende effettuare investimenti (contro il 17% dell’universo manifatturiero).

L’export. Secondo gli ultimi dati di Federalimentare, il valore dell’export nell’area comunitaria si é aggirato intorno ai 22,5 miliardi di euro nel 2013, con un peso di circa due terzi delle esportazioni, e con una crescita del 5% rispetto all’anno precedente: aumenti fra il +3% e il +6% per i tre grandi mercati UE (Germania, Francia e Regno Unito).

I principali sbocchi europei (variazioni % rispetto al 2012)

Aree e Paesi

Milioni di euro

Var.%

Germania

4.360,9

5,0

Francia

3.053,4

2,6

Regno Unito

2.383,3

5,8

Svizzera

1.020,4

2,3

Austria

872,1

6,4

Paesi Bassi

821,7

4,6

Spagna

766,3

0,0

Fonte: elaborazioni Exportiamo su dati Federalimentare e Istat

Interessanti anche le dinamiche nell’Europa dell’Est, dove la Russia risulta essere il mercato più importante (+18%), ma tassi di crescita superiori si registrano in Ungheria (+26%), Finlandia (+20%) e, soprattutto, Lituania (+40%). Dati ancora altrettanti positivi provengono dalle esportazioni nei Paesi extraeuropei. Nel mercato statunitense, tradizionalmente molto favorevole alle imprese italiane che esportano alimentare di qualità, il made in Italy é cresciuto del 5,4% rispetto al 2012. Tra gli sbocchi più dinamici il Nord Africa: Algeria (+83%), Tunisia (+60%) e Libia (+42%) e i Paesi arabi, con Emirati Arabi Uniti (+26%) e Arabia Saudita (+18%). Bene anche la Turchia (+26%), rallenta il Far East, col Giappone stazionario mentre la Cina scende al +11% (si attestava al +18,3% nel 2012 e +26,2% nel 2011). Solo le Filippine registrano un brillante +44%. A parziale sorpresa, tuttavia, il mercato più prolifico in termini di incrementi annui é stato quello dell’Oceania, dove nel 2013 é esplosa una vera e propria mania del food made in Italy: +13%.

Per ciò che concerne l’export alimentare nel mondo, i prodotti che fanno registrare andamenti positivi sono rappresentati da: vino, dolci, olio, frutta fresca e pasta. Vediamo alcuni dati riguardanti il 2013. In particolare, il vino si conferma il prodotto più esportato, con un fatturato globale di quasi 5,5 miliardi di euro, e una crescita dell’8% rispetto al 2012. L’ortofrutta registra uno sviluppo positivo del 6%, per un valore di 2 miliardi di euro, mentre é in doppia cifra l’apprezzamento dell’olio, che con un balzo del 10% porta il fatturato di segmento a 1,9 miliardi di euro. Si conferma sempre più richiesta la pasta italiana, con una crescita del 4% globale, e un ricavo da vendite di quasi di 2,2 miliardi di euro.

I principali prodotti esportati (quota % sul totale)

Aree e Paesi

Milioni di euro

Var.%

Germania

4.360,9

5,0

Francia

3.053,4

2,6

Regno Unito

2.383,3

5,8

Svizzera

1.020,4

2,3

Austria

872,1

6,4

Paesi Bassi

821,7

4,6

Spagna

766,3

0,0

Fonte: elaborazioni Exportiamo su dati Federalimentare e Istat

A tal riguardo pubblicheremo tra qualche giorno gli ultimi dati e i nuovi prodotti  presentati per la prima volta al Cibus di Parma (la fiera riservata agli operatori commerciali) e  presenti a breve sugli scaffali della distribuzione e quindi sulle tavole degli italiani. (puoi vedere l’elenco parziale delle novità su http://www.cibus.it/).

A fronte dei dati positivi resta il fatto che il comparto alimentare realizza all’estero solo il 20% del giro di affari. Il falso alimentare e il fenomeno italian sounding* costano al Bel Paese 60 miliardi oltre che 300 mila posti di lavoro. Per riuscire a debellare il finto Made in Italy e lasciare spazio alle nostre eccellenze sarebbe opportuno tutelare le nostre denominazioni e abbattere le barriere non tariffarie attraverso accordi bilaterali con gli altri Paesi.

* Utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia per promozionare e commercializzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese. Esso rappresenta la forma più eclatante di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori, soprattutto nel settore agroalimentare.

 

Fonte: a cura di Exportiamo, di Alessio Gambino, info@exportiamo.it

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