Nonostante le sfide poste dall’andamento dell’economia globale e dalle tensioni geopolitiche, l’economia italiana ha mostrato una certa resilienza nel 2023, ma il suo successo nel medio-lungo periodo dipenderà dalla sua capacità di adattarsi alle sfide globali e di cogliere le nuove opportunità, valorizzando i propri punti di forza e investendo in innovazione e competitività.
Nel 2023 l’economia globale ha mostrato un andamento complessivo migliore rispetto a quanto atteso. Il PIL mondiale ha infatti registrato una crescita del 3,2% nonostante le tensioni internazionali, le politiche economiche e monetarie restrittive finalizzate a contenere le spinte inflazionistiche e il maggior rigore nelle politiche di bilancio.
Il FMI, nel World Economic Outlook (WEO) di aprile 2024, ha stimato che la crescita globale si manterrà su livelli sostanzialmente equivalenti al 2023 anche nel biennio 2024-2025, al 3,2%.
Rispetto alla crescita del PIL, la situazione degli scambi internazionali è meno positiva. Dopo il deciso rimbalzo post-pandemia, la dinamica del 2023 è stata peggiore, anche a causa delle tensioni geo-politiche, che hanno contribuito a una contrazione dello 0,6% in volume delle esportazioni mondiali di merci rispetto al dato dell’anno precedente. La discesa dei volumi è stata accompagnata dal calo dei prezzi delle materie prime, che ha amplificato la caduta del valore degli scambi internazionali di merci, portandoli a un valore di 23,78 trilioni di dollari a prezzi correnti (-5%).
Al di là delle crisi in atto, il rallentamento dei tassi di crescita del commercio mondiale sembra perdurare, confermando la riduzione strutturale dell’elasticità degli scambi rispetto alla produzione, che si è manifestata nel corso dell’ultimo quindicennio. Alcuni osservatori ritengono che questa sia in realtà una normalizzazione, rispetto alla tendenza anomala registrata negli anni Novanta e nel primo decennio del Duemila, con il volume del commercio di beni e servizi cresciuto molto più del PIL reale mondiale. Le catene globali del valore, che nel corso della loro formazione ed estensione a cavallo del millennio hanno molto contribuito all’accelerazione osservata negli scambi, sembrano adesso in una fase di assestamento e, dopo le tensioni registrate nelle prime fasi di ripresa subito dopo la crisi pandemica, mostrano andamenti più regolari. Rimane, tuttavia, una spinta, soprattutto da parte dei governi, più che delle imprese, all’accorciamento delle catene globali del valore e alla loro riorganizzazione verso aree geografiche considerate “sicure” e “amiche”. Queste pressioni sul commercio internazionale, non necessariamente dettate da opportunità economiche, contribuiscono al rallentamento osservato.
È quanto emerge dal nuovo Rapporto ICE 2023/2024 che illustra il quadro economico mondiale e i principali dati sulla presenza e sulla performance delle imprese italiane nei mercati internazionali.
Il commercio internazionale risente, oltre che delle tensioni internazionali determinate dai conflitti politico-militari, anche di specifici problemi logistici sorti lungo alcune importanti rotte marittime (come il Canale di Panama e il Canale di Suez) e delle politiche commerciali restrittive adottate da vari Paesi. La logistica degli scambi internazionali e il sistema dei trasporti, integrando la fornitura di servizi essenziali alla capacità produttiva nella manifattura, hanno un ruolo sempre più essenziale per la competitività delle esportazioni, anche alla luce della maggiore rilevanza delle catene globali di produzione e soprattutto delle tensioni che si registrano in alcune aree geografiche.
Per questa ragione, per cogliere le tendenze in atto nel commercio internazionale, è utile osservare anche specifici indicatori che riguardano l’andamento dei trasporti e i relativi costi. Il Rapporto dedica un approfondimento al crisi nel canale di Suez, evidenziando gli effetti rilevati sugli scambi via mare e sul transito delle navi. Il 7% dell’export Italiano, pari a un valore di 44 miliardi di euro, si stima passi per il Mar Rosso; mentre per l’import il valore sale a 84 miliardi di euro pari al 14,2% degli acquisti totale. La modifica delle rotte da parte delle compagnie di navigazione, a seguito degli attacchi armati alle navi che attraversano il Mar Rosso passando dallo stretto di Bab al-Mandab da parte del gruppo ribelle yemenita degli Houthi, ha comportato un aumento dei costi di trasporto e assicurativi rispetto al periodo precedente gli attacchi. I noli sono triplicati tra ottobre 2023 e gennaio 2024 ma sono fortemente diminuiti nel trimestre successivo, per effetto di un significativo aumento della capacità di carico complessiva. Il problema è tutt’altro che risolto e i costi dei noli ad aprile 2024 suscitano ancora perplessità.
Le sfide da affrontare sono perciò notevoli, e continueranno a esserlo se la situazione dovesse protrarsi, accrescendo da un lato i rischi ambientali – minacciando anche il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni nel settore marittimo – e dall’altro generando il pericolo di un aumento dei costi delle importazioni per i consumatori finali.
Un’economia resiliente di fronte alle sfide globali
Nonostante la turbolenza del contesto internazionale, il PIL italiano ha registrato un tasso di crescita dello 0,9%, un aumento per il terzo anno consecutivo superiore alla media dell’Eurozona e a quello di Francia e Germania.
Nel 2023 le esportazioni italiane di merci hanno raggiunto quota 626 miliardi di euro, sostanzialmente stabili rispetto a quanto registrato nel 2022 per effetto di una contrazione dei volumi esportati pari al -5% controbilanciata dall’aumento dei prezzi all’export (+5,3%).
Le vendite all’estero sono cresciute però del +30,4% rispetto al 2019 (480 miliardi di euro), prima cioè delle ripercussioni dovute ai lockdown e dei forti aumenti logistici causati dalle tensioni geopolitiche a seguito della guerra russo-ucraina e del conflitto in Medio Oriente. La crescita dell’export italiano è invece stata del +60,5% rispetto al 2012, quando avevano raggiunto il valore di 390 miliardi di euro.
Le esportazioni italiane di manufatti nel 2023 si sono confermate allo stesso livello del 2022 (596 miliardi di euro), risultato di una riduzione dei volumi, a fronte di un aumento dei prezzi. Questo deriva da andamenti opposti nei diversi mercati (-2,1% dell’export verso l’UE e +2,3% verso i mercati extra-UE). Si osserva nel 2023 un rafforzamento dei vantaggi comparati dell’industria italiana: i macchinari si riconfermano il primo settore di esportazione per l’Italia come peso sulle esportazioni (16%) e mostrano un aumento in valore (+8,8%), in aggiunta ai mezzi di trasporto (cresciuto del +10,5%) e all’agroalimentare (+5,7%). Le esportazioni italiane di servizi (137 miliardi nel 2023) sono aumentate di oltre l’8% in volume e di oltre il 12% in euro rispetto al 2022 e hanno accresciuto la propria quota di mercato mondiale.
La crescita delle esportazioni è stata particolarmente sostenuta in Africa, Medio Oriente, India e Brasile, anche se Europa e America settentrionale rimangono i principali mercati di sbocco.
Questo ha consentito all’Italia di guadagnare una posizione, collocandosi al sesto posto, nella graduatoria dei principali esportatori mondiali di merci, superando la Corea del Sud. Inoltre, nonostante l’Italia rappresenti il 2,2% del PIL mondiale, su almeno 5 macro-categorie vanta una penetrazione di mercato superiore al 5% con punte del 10%, ad esempio per il vino.
L’economia italiana, quindi, ha dimostrato una certa resilienza di fronte alle sfide globali, ma sarà fondamentale diversificare le rotte, investire nella logistica e rafforzare i settori strategici per continuare ad essere competitiva nel panorama internazionale. Abbracciando il cambiamento, valorizzando le proprie risorse e investendo su se stessa, l’Italia può costruire un futuro prospero e sostenibile.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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