Il reshoring, ovvero il rientro in Italia di attività produttive e professionali delocalizzate all’estero, rappresenta un’importante opportunità per le aziende italiane. Grazie alle agevolazioni fiscali e ai numerosi vantaggi strategici, il reshoring può aumentare la competitività sul mercato e valorizzare il know-how italiano. Tuttavia, è importante affrontare le sfide legate a questa operazione, pianificando con attenzione il rientro in Italia per cogliere appieno i benefici di questa tendenza.
Una tendenza di cui abbiamo sentito parlare molto spesso negli ultimi mesi è il reshoring, ossia il rientro in Italia di attività produttive e professionali precedentemente delocalizzate all’estero, per garantirsi maggiori efficienze operative e agilità.
La pandemia prima, poi i lockdown generalizzati in Cina legati alla strategia “Zero Covid” e, a seguire, la crisi energetica innescata dal conflitto in Ucraina, ulteriormente aggravata dal riacuirsi dal conflitto nella striscia di Gaza e dalle tensioni nel Mar Rosso, hanno messo a dura prova la resilienza della supply chain internazionali in molti settori. Ma non è solo l’instabilità a livello globale che sta spingendo molte imprese italiane a riavvicinare le produzioni o le forniture. Le motivazioni alla base del fenomeno del reshoring includono ad esempio la volontà di ridurre i tempi di consegna e migliorare il servizio reso al cliente; attuare produzioni più “snelle” e produrre piccoli lotti; avvicinare la produzione alla Ricerca & Sviluppo; migliorare la qualità della produzione e rafforzare le strategie legate al made in, a partire dall’evidenza che sempre più consumatori privilegiano nelle proprie scelte d’acquisto i prodotti che offrono la garanzia di essere completamente prodotti e non semplicemente assemblati in Italia.
Per agevolare questa tendenza l’art. 6 del d.lgs. n. 209/2023 (“Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale”) ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento una misura volta ad incentivare il reshoring. La nuova disciplina in materia, che si inserisce nell’ambito di attuazione della Riforma fiscale, ha il duplice fine di stimolare la crescita economica e contrastare la delocalizzazione in altri Stati, attraverso l’introduzione di una significativa e del tutto nuova agevolazione fiscale relativa al trasferimento in Italia di attività economiche provenienti dall’estero.
Cosa prevede il regime di reshoring?
Il regime prevede la riduzione del 50% della base imponibile IRES e IRAP per il reddito derivante da attività di impresa e dall’esercizio di arti e professioni esercitate in forma associata, trasferite da Paesi extra UE o non aderenti allo Spazio Economico Europeo (ovvero Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein) in Italia.
L’agevolazione si applica per un periodo di sei anni (il periodo di imposta in corso al momento in cui avviene il trasferimento più i cinque periodi di imposta successivi), che diventano dieci per le grandi imprese (così come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione del 6 maggio 2023).
Il comma 2 esclude dall’agevolazione fiscale le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento. Il fine di tale preclusione è quello di disincentivare i trasferimenti di impresa all’estero effettuati strumentalmente, con il solo fine di beneficiare dell’incentivo, attraverso un successivo ri-trasferimento di sede in Italia.
Chi può beneficiare del reshoring?
Possono usufruire del regime agevolato:
- le società italiane che rimpatriano rami di aziende gestiti all’estero con stabili organizzazioni;
- i soggetti non residenti che trasferiscono in Italia l’attività in precedenza svolta all’estero oppure che istituiscono in Italia una stabile organizzazione a cui viene affidata la gestione di questa attività.
Ipotesi di decadenza dal regime agevolato
Il comma 4 dell’art. 6 del decreto disciplina le ipotesi di decadenza dall’agevolazione (c.d. “recapture“), che viene meno nel caso di ri-trasferimento estero dell’attività. In particolare, l’agevolazione viene meno se nei cinque periodi d’imposta successivi alla scadenza del regime di agevolazione, ovvero dieci se trattasi di grandi imprese, successivi alla scadenza del regime di agevolazione, il beneficiario trasferisce fuori dal territorio dello Stato, anche parzialmente, le attività oggetto di precedente trasferimento.
In caso di decadenza dal regime l’Amministrazione finanziaria recupera nei suoi confronti, con gli interessi, le imposte non pagate durante il regime agevolativo dal quale è decaduto. Non è prevista l’applicazione di sanzioni.
Quali sono i vantaggi del reshoring?
Il reshoring offre numerosi vantaggi alle imprese e ai professionisti che decidono di riportare in Italia la propria attività, tra cui:
- riduzione del carico fiscale: l’agevolazione IRES e IRAP permette di dimezzare la tassazione sui redditi derivanti dall’attività trasferita;
- maggiore competitività: il rientro in Italia può consentire alle imprese di essere più competitive sul mercato nazionale e internazionale;
- valorizzazione del know-how italiano: il rientro in Italia di competenze e professionalità può contribuire a valorizzare il know-how italiano e a rafforzare l’economia nazionale.
Quali sono le sfide del reshoring?
Nonostante i numerosi vantaggi, il reshoring presenta anche alcune sfide, tra cui:
- complessività normativa: la normativa sul reshoring è ancora in fase di definizione e potrebbe risultare complessa per le imprese e i professionisti;
- costi di trasferimento: il trasferimento dell’attività in Italia può comportare costi significativi;
- ricerca di personale qualificato: il rientro in Italia potrebbe richiedere la ricerca di personale qualificato.
Per cogliere appieno i benefici del reshoring, dunque, è necessario che le imprese e i professionisti siano informati sulle opportunità e sulle sfide del fenomeno e che pianifichino con attenzione il loro rientro in Italia.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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