Il 2023 è stato un anno di cali significativi per i costi di trasporto merci, con un beneficio per le imprese italiane che importano ed esportano. Tuttavia, la tendenza potrebbe invertirsi nel 2024, con un previsto rialzo dei noli marittimi. Per questo motivo, sarà fondamentale monitorare l’andamento del mercato e attuare strategie di ottimizzazione dei costi di trasporto per rimanere competitivi.

L’incidenza dei costi di trasporto sul valore delle merci esportate e importate da e per l’Italia ha toccato nel 2023 i minimi dal 2000, scendendo rispettivamente al 2,5% e al 3,7% (dal 3,1% e 4,2% del 2022). Lo rileva l’ultima “Indagine della Banca d’Italia sui trasporti internazionali di merci”, condotta su 170 aziende e 6.400 spedizioni-tipo, che ha evidenziato flessioni per quasi tutte le modalità considerate.

La tendenza, determinata in particolare dalla diminuzione dei noli marittimi, potrebbe però cambiare segno quest’anno, visto la maxi-risalita che queste stesse tariffe stanno vivendo ad oggi. Tanto da portare gli analisti a sottolineare che se queste si dovessero mantenere sui livelli visti nel mese di maggio, bisognerà mettere in conto poco meno di 2 miliardi di euro di extra-costi per le importazioni per il 2024.

Per quel che riguarda il 2023, tuttavia, il livello basso dei noli ha portato a una riduzione del disavanzo dei trasporti mercantili nel loro insieme, che è stato quindi limitato a quota -9,9 miliardi di euro (era di -14 miliardi nel 2022), un risultato a cui però ha contribuito anche l’aumento della quota di mercato dei vettori italiani nel comparto.

Trasporto marittimo: crollo storico dei noli

Il trasporto marittimo ha registrato il calo più significativo, con i noli container, i servizi ausiliari ed i carichi medi per box che hanno subito forti ribassi, portando le tariffe per tonnellata ai minimi degli ultimi 20 anni.

Anche il trasporto di rinfuse, che interessa perlopiù le importazioni, ha visto una flessione, con un leggero calo per le rinfuse liquide, in particolare per i prodotti chimici, tra cui il Gnl),  ed uno più marcato per quelle solide, in particolare per le granaglie (-30%), a causa della minore domanda di materie prime.

Il general cargo ha fatto registrare una diminuzione del costo medio per tonnellata, sia in termini reali che nominali, con cali particolarmente consistenti per il project cargo (-14,4% in import e -15,3% in export), i prodotti chimici e forestali (rispettivamente -27,5% e -25,9%), ed i materiali e tubi metallici (-32,5% e -30,2%).

Passando poi al trasporto via ro-ro (Roll-on/roll-off, un tipo di collegamento multimodale marittimo e stradale), il report registra invece costi in aumento (in media del 5,6% tra import ed export), ma con andamenti molto diversi tra aree geografiche distinte. In particolare si osservano incrementi marcati da e per i Balcani (+31,6%), la Spagna (+15,9%) e la Grecia (+5,7%) e in misura minore per la Turchia (+2,1%), mentre scendono le tariffe in direzione di Tunisia e Malta (-8,9%) e per il resto del Nord Africa (-2,1%).

Trasporto su strada e ferroviario: cali e lievi aumenti

Lasciando il trasporto via mare per passare a quello su strada, l’analisi evidenzia per il 2023 un calo nominale dei costi medi del 7% in entrambe le direzioni, un andamento su cui hanno pesato il decremento dei prezzi dei carburanti e, soprattutto, la contrazione dei volumi, come conseguenza della debolezza della domanda. In particolare l’export si ferma a 55,8 milioni di tonnellate (erano 58,6 nel 2022) mentre l’import scende a 67,7 milioni (dai precedenti 69,4 milioni).

Maggiori flessioni si sono registrate per i carichi parziali (-8,6%) rispetto a quelli completi (-1,9%) e ha interessato quasi tutti i corridoi con alcune eccezioni legate al verificarsi di congestioni (Monte Bianco e San Gottardo per via della interruzione dei valichi), aumenti dei costi dei pedaggi (Austria e Germania) e soprattutto effetti del conflitto in Ucraina (Russia e paesi limitrofi). In termini reali i costi medi stradali sono significativamente calati all’esportazione e sono rimasti stabili all’importazione.

Arrivando al trasporto ferroviario, Bankitalia riscontra poi un aumento dei costi medi per l’importazione (+3,9%) e un lieve calo di quelli all’export (-1,2%), con una ampia variabilità però a livello geografico. I noli sono infatti rincarati, soprattutto per i flussi in entrata, nelle tratte dai paesi dell’ex Urss (+30,3%), da quelli balcanici (+13,3%) e da quelli baltici (+25,2%). Più deboli le variazioni in altri paesi, in particolari quelli Ue. Relativamente al solo trasporto via treno di container, l’analisi registra un calo netto per i costi all’export (-5,9%) e uno lieve per le importazioni (-1,2%). Anche per questa modalità di trasporto si riscontrano comunque incrementi marcati dei costi all’import per i paesi ex Urss (+20,6%), balcanici (+16,6%) e baltici (+15,7%).

Trasporto aereo: ritorno ai livelli pre-pandemia

La panoramica si chiude infine con un’ analisi dei costi medi del trasporto aereo, che nel 2023 hanno registrato una riduzione marcata che li ha riportati su livelli prossimi a quelli precedenti la pandemia Nel dettaglio gli analisti rilevano un calo del 29% medio sui costi all’import e del 33,8% su quelli all’export. Tutte le aree geografiche sono state interessate dal fenomeno, ma i cali più forti hanno riguardato i paesi asiatici e americani.

Se il 2023 ha portato una boccata d’ossigeno, il 2024 si preannuncia più tosto, motivo per cui per le imprese italiane sarà fondamentale monitorare l’andamento del mercato e attuare strategie di ottimizzazione dei costi di trasporto per rimanere competitive.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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