Storie di Tricolore: Topolino vs. Microlino e il "Made in Italy" Conteso

Storie di Tricolore: Topolino vs. Microlino e il

11 Giugno 2024 Categoria: Proprietà Intellettuale

La vicenda Topolino-Microlino ha acceso i riflettori su alcune zone grigie della normativa italiana sul “made in Italy”. Da un lato, la legge tutela il marchio con rigore, dall’altro la globalizzazione intreccia le filiere produttive e rende sempre più evidente che la semplice provenienza geografica non basta a definire l’italianità di un prodotto.

Non è un nuovo film della Disney, ma l’ultimo capitolo di una saga sul “made in Italy” che si preannuncia avvincente più che mai.

È il 15 maggio 2024 quando, nel porto di Livorno, la Guardia di Finanza sequestra 134 unità di Topolino, un piccolo quadriciclo elettrico guidabile anche dai 16enni prodotto da Fiat (gruppo Stellantis). Il reato contestato? “Vendita di prodotti industriali con segni mendaci”. Il problema? La presenza di adesivi con la bandiera italiana sulla fiancata. La Topolino, infatti, pur essendo progettata in Italia, è assemblata nello stabilimento di Kenitra, in Marocco, e per la legge italiana, non può fregiarsi del tricolore poiché ai sensi dell’articolo 4 comma 49 della Finanziaria 2004, sono vietate “l’importazione e l’esportazione ai fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diritti in modo non univoco alla commercializzazione di prodotti recanti false e fallaci indicazioni di provenienza o di origine”. Il vessillo tricolore, in effetti, potrebbe indurre chiunque a pensare che si tratti di un prodotto fabbricato in Italia.

Qualche settimana prima, la querelle si era accesa tra il CEO di Stellantis, Carlos Tavares, e il Ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, sul nome della nuova Alfa Romeo. Il ministro, in ottemperanza alla legge del 2003 sull’Italian Sounding, aveva dichiarato che “Non si può costruire in Polonia un’auto che si chiama Milano”. Ed è così che l’Alfa Romeo “Milano” è stata ribattezzata “Junior”.

In seguito a questi episodi, Stellantis ha deciso di eliminare la bandiera tricolore anche dalla Fiat 600, anch’essa prodotta in Polonia. La multinazionale ha precisato che la presenza dei colori della bandiera italiana sul veicolo non aveva altra finalità che indicare l’origine imprenditoriale del prodotto, sottolineando di non aver mai voluto dissimulare che la vettura venisse assemblata all’estero.

Se Fiat Topolino e 600 hanno dovuto dire addio al tricolore, c’è invece una vettura svizzera che può sfoggiarlo con orgoglio. È la Microlino, microcar elettrica progettata in Svizzera dalla Micro Mobility Systems ma la cui produzione è completamente italiana e avviene a La Loggia, in provincia di Torino, nello stabilimento della Cecomp, una struttura moderna con una superficie di 5.000 metri quadri interamente ricoperta da pannelli solari. Il processo produttivo, dallo stampaggio delle lamiere e la stampatura della scocca fino alla verniciatura e all’assemblaggio finale, è realizzato in Piemonte, tra l’altro utilizzando l’80% di componenti di origine europea, di cui il 60% italiane. 

In effetti sembra alquanto paradossale che due veicoli marchiati Fiat, il brand automobilistico italiano più noto al mondo, non possano esporre il tricolore e un veicolo svizzero sì. Ma la normativa privilegia il luogo di produzione e non l’origine del marchio: di conseguenza Topolino e 600, che sono ‘italiane’ ma vengono prodotte all’estero non possono fregiarsi della nostra bandiera, mentre la svizzera Microlino sì, in quanto, sebbene batta bandiera elvetica, è al 100% prodotta in Italia e quindi non incorre nella scure delle norme dell’Italian Sounding.

Come avevamo già spiegato in questo articolo, infatti, la normativa europea vigente in materia di origine non preferenziale del prodotto, ed applicabile in Italia (art. 60 e ss CDU), prevede che “le merci interamente ottenute in un unico Paese o territorio sono considerate originarie di tale Paese o territorio”. Ciò significa che un prodotto interamente realizzato in Italia con materie prime italiane è italiano, e dunque può esibire il marchio “made in Italy”.

La stessa legge stabilisce che “le merci alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi o territori sono considerate originarie del Paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione sostanziale”. Ad esempio, un’impresa italiana che importa fibre di lana dall’estero e le trasforma in tappeti all’interno del proprio stabilimento italiano, potrà vendere questi prodotti usando il marchio “Made in Italy” perché la trasformazione sostanziale del prodotto (quindi il passaggio da materia prima a prodotto finito) è avvenuta in Italia e l’uso di questa certificazione è perfettamente in linea con la legge.

Ecco perché Topolino no e Microlino sì.

Questa vicenda mette in luce però alcune incoerenze  di fondo della normativa attuale, perché se da un lato questa è volta a tutelare la creatività, l’originalità e la capacità produttiva delle aziende che non possono, in moltissimi casi, beneficiare di materie prime locali, dall’altro finisce per penalizzare quelle che, per scelta o per necessità, hanno una vocazione più internazionale.

Il caso Topolino-Microlino evidenzia che la semplice provenienza geografica non basta a definire l’italianità di un prodotto ed invita a riflettere sul significato profondo del “made in Italy”, che non è solo un marchio, ma un patrimonio da custodire e valorizzare. Un patrimonio che non si limita alla produzione, ma abbraccia la creatività, il design, l’innovazione e la capacità tutta italiana di fare le cose con passione e stile.

Un tricolore che sventola su un’auto prodotta all’estero può essere un simbolo di contaminazione virtuosa, non necessariamente di rinuncia. In questo mondo globalizzato, la vera sfida è valorizzare l’eccellenza italiana, preservandone l’identità senza negare le opportunità offerte dalla collaborazione internazionale. Un’identità che si nutre di creatività, innovazione e capacità di cogliere le opportunità globali.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

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