Il sorpasso del Messico sulla Cina come principale partner commerciale degli USA rappresenta una svolta significativa nel panorama economico globale, a dimostrazione di come le tensioni geopolitiche e le strategie di diversificazione delle catene di approvvigionamento stiano ridisegnando le traiettorie del commercio internazionale.

Per la prima volta dopo 20 anni il Messico ha superato la Cina qualificandosi come primo partner commerciale degli Stati Uniti, che importano dal vicino di casa più che da qualsiasi altro Paese al mondo, mettendo in secondo piano lo scontro relativo alle frontiere. Un cambiamento significativo, che evidenzia come le crescenti tensioni tra Washington e Pechino stiano alterando i flussi commerciali.

I dati pubblicati dallo U.S. Census Bureau evidenziano che il deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina si è ridotto notevolmente lo scorso anno, con le importazioni di merci dal Paese del Dragone in calo del 20% a 427,2 miliardi di dollari, mentre le esportazioni messicane verso gli Stati Uniti, che sono state all’incirca le stesse del 2022, si sono attestate a 475,6 miliardi di dollari. Nel 2023, le importazioni statunitensi trimestrali dalla Cina erano all’incirca allo stesso livello di 10 anni fa, nonostante lo straordinario decennio di crescita dell’economia americana e l’aumento delle importazioni statunitensi da altre parti del mondo.

Gli economisti affermano che la diminuzione degli scambi commerciali con la Cina è chiaramente legata alle tensioni che hanno significativamente logorato i rapporti commerciali tra i due Paesi negli ultimi anni, ed in particolare ai dazi imposti dall’amministrazione Trump e poi mantenuti dall’amministrazione Biden. “È in atto un decoupling, e questo sta pesando fortemente sui flussi commerciali”, ha affermato Mark Zandi, Chief Economist di Moody’s Analytics, a proposito del rapporto tra USA e Cina.

Tuttavia, una ricerca condotta da Caroline Freund, decana della School of Global Policy and Strategy dell’Università della California a San Diego, ha mostrato che gli scambi commerciali con la Cina sono diminuiti per i prodotti soggetti a dazi elevati, come cacciaviti e rilevatori di fumo, mentre il commercio di prodotti esenti da dazi, come asciugacapelli e forni a microonde, ha continuato a crescere. Secondo la ricercatrice, quindi, i rapporti commerciali tra i due Paesi “stanno sicuramente diminuendo, ma non tanto quanto suggeriscono le statistiche ufficiali”.

Ralph Ossa, Chief Economist dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, sostiene che il commercio tra Stati Uniti e Cina, infatti, non è crollato, ma è cresciuto ad un ritmo di circa il 30% più lento rispetto agli scambi con il resto del mondo. Nella storia recente ci sono stati due episodi in cui il commercio degli Stati Uniti con la Cina ha rallentato notevolmente, ha affermato: “Il primo è stato quando le tensioni commerciali tra i due Paesi hanno avuto un’escalation nel 2018. Il secondo è stato quando la Russia ha invaso l’Ucraina, spingendo gli Stati Uniti e i suoi alleati a imporre severe sanzioni e a rimescolare ulteriormente le relazioni commerciali globali”.

Pertanto, la riduzione degli scambi commerciali statunitensi con la Cina potrebbe non essere così drastica come sembra, anche perché alcune multinazionali hanno spostato parte della loro produzione dalla Cina verso altri Paesi, continuando però a procurarsi alcune materie prime e componenti dalla Cina. In altri casi, le aziende potrebbero semplicemente far passare merci effettivamente prodotte in Cina attraverso altri Paesi per evitare i dazi statunitensi. Le statistiche commerciali statunitensi non registrano tali prodotti come provenienti dalla Cina, anche se una parte significativa del loro valore sarebbe stata creata lì.

È però un dato di fatto che i rischi geopolitici stanno chiaramente spingendo le aziende a guardare ad altri mercati, in particolare quelli con costi bassi e relazioni commerciali stabili con gli Stati Uniti, come il Messico. È il fenomeno del nearshoring, che consiste nel ri-orientamento delle catene di fornitura globali in Paesi che sono vicini sia fisicamente che politicamente. Il confronto tra Stati Uniti e Cina per la leadership mondiale, i problemi alle lunghe catene del valore acutizzati dalla pandemia e, da ultimo, il conflitto tra Russia e Ucraina, infatti, hanno spostato l’attenzione dall’efficienza e i costi alla resilienza e l’affidabilità. In questa situazione, il Messico si è trovato “al posto giusto nel momento giusto”, distinguendosi come potenziale beneficiario a lungo termine di questo trend, non solo grazie alla sua posizione geografica privilegiata, ma anche per il convenientissimo costo del lavoro (i minimi in media si aggirano intorno ai 4,90 dollari l’ora, contro i 7,25 degli Stati Uniti). In qualche caso, a seconda dell’area e del settore, il costo del lavoro in Messico può essere più conveniente perfino di quello cinese. Mentre gli investimenti esteri diretti nei Paesi in via di sviluppo sono calati del 9% nel 2023, i flussi di tali investimenti verso il Messico sono invece aumentati del 21% lo scorso anno, secondo la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo.

Un’altra economia coinvolta nei cambiamenti di rotta tra Stati Uniti e Cina è la Corea del Sud. Come il Messico, la Corea del Sud è soggetta a dazi più bassi perché ha un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti.

Le aziende sudcoreane, inoltre, stanno beneficiando particolarmente dell’Inflation Reduction Act varato dall’amministrazione Biden per favorire la transizione green, grazie al quale possono contare sulla concessione di crediti d’imposta ai consumatori che acquistano veicoli elettrici. In quanto principali produttori di batterie e componenti per veicoli elettrici, le aziende sudcoreane hanno colto l’opportunità di partecipare alle nuove catene di approvvigionamento dei veicoli negli Stati Uniti in fase di espansione.

Un produttore di batterie sudcoreano, SK On, ha investito 2,6 miliardi di dollari in uno stabilimento in Georgia e sta costruendo nuovi impianti in Georgia, Tennessee e Kentucky in collaborazione con Hyundai e Ford. Poiché importanti aziende sudcoreane come SK, LG, Samsung e Hyundai stanno costruendo nuovi impianti per produrre beni negli Stati Uniti, sembra anche che ciò stia aumentando il commercio degli Stati Uniti con la Corea del Sud poiché le aziende importano alcuni materiali, macchinari e parti dai rispettivi paesi di origine per fornire i nuovi impianti. A dicembre, le esportazioni coreane verso gli Stati Uniti hanno superato per la prima volta in 20 anni le esportazioni coreane verso la Cina, trainate dalle spedizioni di veicoli, batterie elettriche e altre parti.

È l’inizio di una nuova era nel commercio globale. La ridefinizione delle catene di approvvigionamento in corso avrà un impatto significativo sulle economie di tutto il mondo, creando nuove sfide e opportunità. Alle imprese e ai governi non resta che adattarsi a questo nuovo scenario geopolitico per prosperare in un contesto globale sempre più incerto, complesso e interconnesso.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli,redazione@exportiamo.it

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