Gli esperti di Overy ci spiegano come, attraverso una formazione aziendale specifica, è possibile azzerare le possibilità di errore e favorire la crescita aziendale acquisendo internamente all’azienda le principali conoscenze in materia di export.
I dati ci restituiscono l’immagine di un’Italia di esportatori: se è vero che facciamo il 2,7% dell’export mondiale, è altrettanto vero che i 136.025 operatori economici che esportano si distribuiscono lungo tutta la penisola (comprese le isole), e che una larga parte di questi sono ”micro esportatori” (ovvero, che presentano un ammontare di fatturato all’esportazione molto limitato).
Complice l’indole del nostro Paese, fatta di piccoli e medi produttori di eccellenze apprezzate in tutto il Mondo, certo, ma anche una notevole accelerata al settore conferita dall’e-commerce e dall’aiuto che le nuove tecnologie hanno dato al commercio in periodo di Covid. Sono questi i fattori che hanno contribuito alla crescita in termini di volumi e valori che, in periodo post-pandemico, hanno superato quelli del 2019, ed hanno ulteriormente arricchito il panorama degli esportatori contribuendo a farlo diventare più ampio e variegato.
Internazionalizzare il proprio business e diversificare i Paesi di destinazione, durante gli ultimi tre anni, segnati da pesanti stravolgimenti a livello mondiale, è stata la risposta allo stop imposto dalle condizioni globali. E non è difficile pensare che sarà anche in futuro la risposta alla crescita delle economie locali.
Ma in quanti possono dire di padroneggiare pienamente il processo di export?
Export: un flusso più complesso di quel che sembra
“Se esporto, devo guardare a cosa sto esportando ma soprattutto al Paese di destino. Così come ho bisogno di studiarlo per capire qual è il mercato della mia merce in quel Paese, devo studiare come la stessa viene considerata e tassata nel mercato di destinazione. E bisogna farlo prima di esportare, per non rischiare di praticare politiche di prezzo non adeguate, di trovarsi a pagare un dazio più alto del guadagno, in caso di sdoganamento a destino a nostro carico o con la merce ferma in dogana per molto tempo, ritardando così l’intera supply chain e l’arrivo del prodotto nel mercato di destinazione”, a parlare Lucia Iannuzzi e Paolo Massari, consulenti doganali a capo delle società C-Trade e Overy, la prima specializzata nella gestione dell’operatività doganale per conto delle aziende, la seconda in attività di formazione e consulenza doganale strategica.
Inevitabilmente, dunque, le scelte strategiche si riversano sul processo operativo di export tanto quanto avviene al contrario: analizzare la fattibilità dell’esportazione e gestire il rischio preventivamente, classificare la merce e individuarne l’origine, scegliere il regime di immissione sul mercato, trasmettere la dichiarazione e interscambiare i dati in modo telematico, effettuare la registrazione contabile, dare mandato, sono tutti momenti fondamentali per sdoganare una merce.
“Per tutta questa trafila la responsabilità di un errore rimane all’azienda, anche se questa si avvale di operatori esterni e spedizionieri. Anzi, più sono gli attori più il rischio di errore è alto: ecco perché è importante dare dignità aziendale alla dogana” sostengono i due esperti.
Conoscere i processi doganali per padroneggiare il flusso di export
In che modo evitare il rischio di errore, quindi?
Portando il know how doganale all’interno dell’azienda attraverso una formazione mirata diretta al team di riferimento. In questo modo, le competenze di base per pensare al flusso doganale in modo strategico risiedono all’interno dell’azienda, dando alla stessa la possibilità di conoscere ciò di cui ha bisogno un processo di export senza intoppi: scegliere i Paesi, i fornitori, i processi di produzione e trasformazione anche sulla base delle normative del Paese di partenza e di quello di arrivo della merce e degli accordi tra gli stessi.
“I processi doganali, così, si trasformano in un’opportunità di risparmio e quindi di crescita, dando all’azienda la possibilità di rendere il proprio prodotto più competitivo sul mercato estero. È proprio questa la filosofia che cerchiamo di trasferire facendo formazione nelle aziende” affermano Iannuzzi e Massari.
Come funziona la formazione doganale per aziende di Overy
Quando si parla di formazione in ambito doganale si pensa subito al percorso per ottenere la certificazione di Operatore Economico Autorizzato (AEO), pure importantissima per diventare interlocutore privilegiato agli occhi dell’autorità doganale. In pochi sanno, però, che esiste la possibilità di una formazione più completa, un vero e proprio trasferimento di sapere e competenze chiave per prendere le decisioni giuste prima e durante il flusso di esportazione, che è proprio il tipo di formazione che eroga Overy.
Attraverso un percorso che si può svolgere con le modalità ed i tempi più adatti alle esigenze dell’azienda, è possibile costruire con gli esperti di Overy un percorso di formazione tanto sulle tematiche più tecniche (Classificazione, dichiarazione doganale, AEO, Incoterms, Dazi ecc.) quanto su quelle più strategiche ad ampio raggio.
“Parlare alle aziende non è semplice; non è sufficiente trasferire conoscenza, è essenziale comprendere le necessità e proporre certezze; questo è il significato ultimo dell’idea di trasformare la dogana in business e dare dignità aziendale ai processi doganali. Minimizzare costi e rischi imprenditoriali è una preoccupazione che mai, in precedenza, aveva sfiorato l’azione amministrativa doganale, ora è parte attiva del ciclo commerciale internazionale che, quindi, si dimostra sempre più attenta alle esigenze dei propri partner”, concludono Iannuzzi e Massari, facendo riferimento all’ultima riforma dell’Unione doganale, appena proposta alla Commissione europea dal legislatore unionale.
L’Unione doganale. che ha annunciato la nascita di un data hub per la gestione digitale e centralizzata dei dati, con l’obiettivo di semplificare i processi, ridurre i tempi ed i rischi di errore, chiede alle aziende un ulteriore sforzo di aggiornamento delle procedure. Impossibile, dunque, rimanere indietro.
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Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it