Quest’anno l’export Made in Italy crescerà del +10,3% e l’anno prossimo si toccheranno i 600 miliardi di Euro, proseguendo il trend positivo con una crescita del +5%. A spingere le performance estere del nostro Paese è la componente prezzi piuttosto che i volumi.

Secondo l’ultimo rapporto export di Sace, l’inflazione più dei volumi venduti spinge a doppia cifra il commercio internazionale italiano. Nel corso di quest’anno, infatti, le esportazioni Made in Italy cresceranno del +10,3% e nel 2023 si raggiungeranno i 600 miliardi di Euro, proseguendo il trend positivo con un +5%. L’analisi di Sace evidenzia che questi risultati beneficiano di una domanda di beni ancora piuttosto elevata a livello globale e, nei Paesi europei, delle risorse messe a disposizione dal programma Next Generation EU.

“Abbiamo risorse, strumenti e competenze per affrontare le sfide globali e tenere alta la bandiera dell’export italiano nel mondo”, ha commentato l’amministratrice delegata, Alessandra Ricci, presentando il documento assieme al presidente, Filippo Giansante, e al capo economista della partecipata del Mef, Alessandro Terzulli.

Tuttavia, le prospettive di crescita potrebbero essere messe a rischio a seconda dell’andamento del conflitto in Ucraina. Nello specifico, Sace ha elaborato due scenari alternativi a quello base. Nel caso di un intensificarsi del conflitto porterebbe a un indebolimento della crescita globale e a un’ulteriore impennata dell’inflazione. In questo contesto, le esportazioni italiane crescerebbero nel 2022 a un tasso del +9,1% (-1,2 punti percentuali rispetto allo scenario base) e registrerebbero un incremento di poco superiore allo zero l’anno prossimo (+0,5%; -4,5 punti rispetto al base).

Qualora, invece, il conflitto dovesse concludersi in tempi brevi, l’export Made in Italy di beni crescerebbe dell’11% nel 2022 (+0,7 punti percentuali rispetto al baseline) e del +8,3% nel 2023 (+3,4 punti) per poi tornare in linea con lo scenario base nel biennio successivo.

Andando ad analizzare i mercati di destinazione dell’export italiano, si rileva che i Paesi dell’Est Europa soffrono maggiormente gli effetti della guerra, mentre i Paesi avanzati soffrono principalmente per i contraccolpi energetici e le difficoltà lungo le catene globali. Tuttavia, la struttura economica di questi Paesi permette loro di mitigare, almeno temporaneamente e in alcuni casi parzialmente, tali effetti. Tra le aree che invece stanno beneficiando dei rincari dei prezzi dell’energia e delle nuove fonti di fornitura cercate dall’Europa c’è il Medio Oriente e i Paesi del Nord Africa, seppure, soprattutto in quest’area, con differenze significative tra Paesi esportatori e non. Infine, l’Asia-Pacifico è influenzata dalle politiche “zero Covid” della Cina.

Opportunità per le imprese nostrane deriveranno dai piani di investimenti pubblici negli Emirati Arabi Uniti, in Arabia Saudita o in India, e dal crescente inserimento nelle catene di approvvigionamento di player nazionali in Messico o Colombia. Ci sono poi le aree già ampiamente presidiate verso cui è destinato buona parte dell’export Made in Italy: Stati Uniti su tutti, ma anche, per citare l’Europa, la Spagna dove le imprese italiane potranno soddisfare in diversi ambiti la domanda legata alla transizione energetica.

Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it

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