Con l’Avv. Stefano Rossi abbiamo analizzato il tema dell’importanza della contrattualizzazione dei rapporti commerciali internazionali e delle ricadute nell’ambito delle operazioni di export o internazionalizzazione.
Lo sviluppo di relazioni economiche e di rapporti commerciali tra operatori di Stati diversi implica la necessità di negoziare e concludere diverse tipologie di accordi e contratti commerciali internazionali più o meno complessi.
Tale necessità emerge con ancor più vigore nel caso in cui al centro delle relazioni economiche e dei rapporti commerciali si trovino le Piccole e Medie Imprese (PMI) che per numero, fatturato ed impiego di forza lavoro, rappresentano la struttura portante dell’intero ecosistema imprenditoriale nazionale.
Insieme all’Avv. Stefano Rossi, Senior Associate e Responsabile del Dipartimento di Internazionalizzazione d’Impresa dello Studio EXP Legal, che ha recentemente dedicato proprio a questo tema un approfondimento che si è tradotto nella pubblicazione del testo “Contratti internazionali. Manuale teorico-pratico. Principi generali - Tecniche di negoziazione - Tavole di comparazione”, Pacini Giuridica, redatto in collaborazione con i colleghi Avv.ti Giorgio Cherubini e Giancarlo Cherubini, abbiamo discusso del perché questo argomento, ingiustamente sottovalutato, dovrebbe essere invece essere preso in maggiore considerazione dalle imprese esportatrici.
Avv. Rossi, perché è importante dedicare il giusto spazio alla contrattualizzazione dei rapporti commerciali con i partner esteri?
Regolare per iscritto un rapporto commerciale con una controparte estera è di fondamentale importanza per far sì che quel rapporto possa essere eseguito correttamente. Ciò non significa che in costanza di rapporto non possano sorgere problematiche e che tutto vada sempre per il verso giusto, ma aver stipulato un contratto con cui si sono affrontate le principali problematiche inerenti alla transazione significa aver creato una base (più o meno solida) per risolvere ogni eventuale futura contestazione. Purtroppo, le imprese, principalmente le Micro-PMI, non dedicano abbastanza spazio alla fase di negoziazione e redazione degli accordi commerciali internazionali e questo accade perché molti imprenditori hanno una visione del commercio estero ancora legata alle prassi del passato, oggi superate sia dalla globalizzazione che dalla stratificazione normativa nazionale ed internazionale.
Quali sono, dunque, i rischi maggiori derivanti dal concludere accordi commerciali internazionali con una mera stretta di mano?
I rischi sono molteplici e, spesso, sono connessi proprio agli elementi di internazionalità del rapporto. Facciamo un esempio. Pensiamo ad un’azienda italiana che inizia a vendere i propri prodotti ad un distributore tedesco e lo fa con una certa continuità nel tempo ma senza sottoscrivere alcun contratto. Il distributore tedesco lavora, in Germania, in regime di quasi esclusività per l’esportatore italiano e si presenta a terzi come distributore dell’azienda italiana, gestisce ogni rapporto con gli acquirenti finali ed invia report periodici sulla clientela acquisita alla preponente. L’azienda italiana, ad un certo punto, decide di vendere i propri prodotti in Germania in autonomia e interrompe il rapporto con il distributore tedesco. Quest’ultimo agisce in giudizio reclamando il pagamento di una indennità di fine rapporto, facendo leva anche su alcuni orientamenti giurisprudenziali tedeschi che riconoscono tale diritto in capo al concessionario. Ora, se le parti avessero negoziato e redatto, con i propri consulenti, un contratto di distribuzione internazionale, avrebbero potuto regolarsi diversamente circa la legge applicabile (e l’indennità di fine rapporto), invece, in questo caso, l’azienda italiana potrebbe correre il rischio di pagare l’indennità di clientela al distributore, da quantificarsi secondo i parametri dettati della giurisprudenza tedesca.
Da questo esempio si evince che nei rapporti internazionali bisogna prestare attenzione ad aspetti diversi rispetto ai rapporti interni. Quali sono, allora, le principali differenze tra contratti nazionali ed internazionali?
I contratti internazionali comportano una serie di problematiche aggiuntive tecnico-giuridiche rispetto ai contratti nazionali, che è assolutamente necessario discutere ed approfondire in fase di negoziazione. Le tre principali problematiche sono: 1) quale sarà il diritto che regolerà il contratto; 2) chi, in caso di controversia, deciderà la lite; 3) quale sarà la lingua del contratto.
Che cosa si intende per “diritto che regolerà il contratto”?
A livello internazionale, salvo pochi casi particolari, non esistono normative uniformi valide per ogni Stato e per ogni specifico rapporto commerciale. Il diritto internazionale lascia agli operatori economici spazi molto ampi di autonomia contrattuale e, pertanto, in fase di negoziazione di un accordo, bisognerà porsi il problema di quale sarà la legge che regolerà quel rapporto: la legge del paese dell’esportatore? La legge del paese dell’impresa acquirente? La legge del paese in cui ha sede l’agente di commercio, ad esempio? Nella prassi, le parti risolvono tale problema inserendo nel contratto un’apposita clausola di elezione del diritto applicabile. Nel caso, invece, in cui le parti abbiamo omesso di predisporre un contratto e, quindi, di negoziare la legge regolatrice dello stesso, la determinazione della stessa andrà effettuata in base alle norme di diritto internazionale privato dei singoli paesi interessati, ovvero facendo riferimento a quanto disposto da specifiche convenzioni internazionali, se applicabili al caso di specie. Ma soprattutto il ricorso al d.i.p., si sa, può dar luogo a moltissime problematiche interpretative.
E quanto, invece, al giudice che in caso di controversia deciderà la lite?
In un contratto internazionale è estremamente importante prevedere la cd. forum selection clause che chiarirà, in caso di controversia tra le parti, a quale giurisdizione di uno Stato determinato la lite sarà devoluta. La mancanza di una tale clausola esporrebbe le parti, infatti, ad un grossissimo rischio perché si potrebbe determinare un contenzioso transnazionale dinanzi ad uno o più giudici statali di Stati diversi, con grande dispendio di tempo e di risorse economiche dell’impresa. Non è obbligatorio scegliere sempre la giurisdizione di uno specifico Stato; nella prassi del commercio internazionale, infatti, è frequente il ricorso anche all’arbitrato internazionale (istituzionale oppure no), attraverso la redazione di una clausola compromissoria o, appunto, arbitrale.
Negoziare un contratto internazionale non è semplice…c’è un consiglio che si sentirebbe di dare alle PMI impegnate nella gestione di relazioni commerciali internazionali?
Il consiglio principale è quello di farsi supportare da uno specialista sin dalle prime fasi di negoziazione di un rapporto con una controparte estera. Intendo già in fase di negoziazione di una lettera di intenti o di un memorandum of understanding. Perché in tale delicata fase il professionista può orientare le scelte dell’azienda nel senso più opportuno al caso di specie: la scelta migliore in tema di legge applicabile, appunto, il metodo di pagamento più consono o l’Incoterm più appropriato nel caso di vendita internazionale, così come le soluzioni migliori sul versante delle responsabilità, delle garanzie o della tutela della proprietà intellettuale.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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