L’ultimo World Economic Outlook del FMI lascia intravedere timidi segnali di speranza per la ripresa dell’economia internazionale, ma i risultati varieranno molto tra Paese e Paese, riflettendo non solo l’esito della battaglia tra virus e vaccini, ma anche il modo in cui le politiche economiche messe in atto dai singoli governi sapranno limitare i danni derivanti da questa crisi senza precedenti.
A più di un anno dallo scoppio della pandemia, la cifra dominante a livello globale rimane tutt’oggi l’incertezza. La comparsa di nuove varianti e l’altissimo tributo in termini di vite umane fin qui pagato sollevano legittime preoccupazioni, ma il progresso delle campagne vaccinali lascia intravedere una luce in fondo al tunnel.
Una luce che potrebbe rischiarare il sentiero di crescita dell’economia mondiale, dopo il tonfo al -3,3% registrato nel 2020. Nel World Economic Outlook di aprile, il Fondo Monetario Internazionale ha infatti rivisto al rialzo le prospettive di crescita globali stimando un rimbalzo del 6% nel 2021 (dal +5,5% del rapporto di gennaio e dal +5,2% di quello di ottobre). In aumento anche le previsioni per l’anno prossimo al +4,4% (+4,2% nel rapporto di gennaio e +4,2% a ottobre).
A trainare il miglioramento della proiezione globale sono soprattutto gli Stati Uniti, che salgono di 1,3 punti percentuali nella loro previsione, con una crescita stimata del +6,4% quest’anno. Con questa performance, gli Usa saranno l’unica grande economia a superare il livello di Pil che il Fondo si aspettava raggiungessero nel 2022, in assenza della pandemia.
Tra i mercati emergenti, accelera la corsa la Cina, che non solo non si è fermata nemmeno nel 2020 essendo stata l’unica grande economia a non aver registrato una recessione (+2,3%), ma è addirittura prevista segnare un più 8,4% quest’anno (+ 0,3 punti rispetto alle stime precedenti) e un più 5,6% il prossimo (invariato).
Decisamente più fiacca invece la ripresa nell’area euro al +4,4% quest’anno (+4,2% nella previsione di gennaio e +5,2% a ottobre) dal -6,6% del 2020 e al +3,8% nel 2022 (+3,6% a gennaio e +3,1% a ottobre 2020). La crescita maggiore è quella prevista per la Spagna che passa da una contrazione dell’11% nel 2020 al +6,4% nel 2021 e al +4,7% nel 2022, seguita dalla Francia (+5,8% quest’anno dal -8,2% del 2020 e +4,2% nel 2022). La Germania, maggior economia europea, crescerà del +3,6% quest’anno (dal -4,9% del 2020) e del +3,4% del 2022.
Il FMI ha rivisto in meglio anche le previsioni sulla ripresa economica italiana, non solo correggendo il dato sul 2020 (-8,9%), che appare meno grave rispetto al- 9,2 di gennaio, ma stimando anche un +4,2% sul 2021 (+1,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di gennaio) ed un ulteriore +3,6% nel 2022. In prospettiva 2026, le attese di crescita risultano però più deboli, pari al +0,8% l’anno sulla Penisola. Il debito pubblico italiano, infatti, sarà pari al 157,1% del PIL nel 2021, per poi scendere al 155,5% nel 2022 e al 151% nel 2026. Il rapporto deficit/PIL, salito al 9,5% nel 2020, calerà all’8,8% nel 2021, al 5,5% nel 2022 per attestarsi all’1,8% nel 2026. Gli effetti negativi della crisi pandemica continueranno a farsi sentire anche sulla disoccupazione: dal 9,1% toccato nel 2020, il tasso dei disoccupati salirà al 10,3% quest’anno, e ulteriormente all’11,6% nel 2022.
Tuttavia, come ha evidenziato Gita Gopinath, Consigliere Economico e Direttrice della Ricerca: “I ritmi della ripresa stanno pericolosamente divergendo all’interno e tra Paesi, con le economie che hanno una campagna vaccinale più lenta, un minore supporto politico ed una maggiore dipendenza dal turismo che stanno facendo peggio”.
Gopinath ha sottolineato che a causa della crisi pandemica il divario tra economie avanzate e Paesi emergenti o in via di sviluppo si è ulteriormente ampliato, con una riduzione del reddito pro-capite nel periodo 2020-22 che si attesterà al -20% nelle aree più povere ed al -11% in quelle più ricche. Ciò si traduce in un aumento del numero di persone che si stima siano entrate in stato di povertà estrema (95 milioni in più) ed in stato di denutrizione (80 milioni in più) nel 2020.
All’interno dei Paesi, altre disuguaglianze minacciano di esplodere: i lavoratori più giovani e meno qualificati sono le vittime più frequenti della crisi, e sono le donne, soprattutto nei Paesi emergenti, a pagare il prezzo più alto. Alcuni settori, ovviamente, sono più colpiti di altri: poiché la crisi ha accelerato la trasformazione digitale, è molto probabile che alcuni di tipi di lavoro scompariranno e sarà necessaria una riallocazione dei lavoratori.
Proprio alla luce di questa ripresa a più velocità, il FMI invoca un approccio “su misura” da parte dei singoli governi, con politiche calibrate in base all’andamento della pandemia, alla forza della ripresa economica ed alle condizioni sociali ed economiche dei singoli Paesi.
La priorità numero uno rimane affrontare la sfida sanitaria e per questo va privilegiata la spesa per la salute, dai vaccini alle infrastrutture ospedaliere, insieme al supporto fiscale a favore delle famiglie e delle imprese più colpite. Gopinath lancia un vero e proprio appello quando dice che “a livello internazionale i Paesi devono lavorare insieme per assicurare una vaccinazione universale”, soprattutto perché l’accesso ai vaccini è profondamente iniquo, con i Paesi ad alto reddito (il 16% della popolazione mondiale) che ha pre-acquistato il 50% delle dosi, mentre molti Paesi a basso reddito dovranno attendere fino alla fine del 2022.
Sul fronte monetario, il FMI invita le banche centrali a rimanere accomodanti, almeno per il momento, ma su quello economico e fiscale, auspica che una volta che le condizioni del mercato si saranno normalizzate e la crisi sanitaria sarà superata, i sussidi dovranno trasformarsi in interventi strutturali volti alla costruzione di economie resilienti, inclusive e più ecologiche, sia per sostenere la ripresa che per accrescerne il potenziale. Sarà fondamentale investire in infrastrutture verdi per contribuire a mitigare i cambiamenti climatici, rafforzare l’assistenza e la previdenza sociale per fermare l’aumento delle disuguaglianze, introdurre iniziative per potenziare la capacità produttiva ed adattarsi ad un’economia più digitalizzata.
Non manca infine, tra le raccomandazioni del FMI, un cenno al commercio internazionale, fortemente penalizzato dalla crisi. “Anche se gli occhi di tutti sono puntati sulla pandemia” sostiene Gopinath, “è essenziale compiere progressi nella risoluzione delle tensioni commerciali e tecnologiche”. Il riferimento alle “guerre dei dazi” tra Usa e Cina e tra Usa ed Europa non è nemmeno poi tanto velato, così come quello alla digital tax che si trascina ormai da anni senza soluzione.
Ecco gli ingredienti della ricetta della ripresa messi sul tavolo dal FMI. Saranno davvero sufficienti a condurci fuori da questa crisi senza precedenti? E soprattutto, i governi saranno in grado di mettere in pratica le misure auspicate? Ai posteri l’ardua sentenza.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it
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