Secondo l’Osservatorio Export Digitale del PoliMi, nel 2020 l’e-commerce e le tecnologie digitali hanno trainato l’export italiano arginando in parte le perdite dovute al crollo degli scambi tradizionali. Ciò che è emerso in maniera ancora più evidente in questo ultimo anno è che il digitale richiede investimenti e competenze, ma senza si rischia di essere tagliati fuori dal mercato.
L’emergenza sanitaria dettata dal Coronavirus ha portato molti cambiamenti nelle abitudini dei consumatori che, volente o nolente, nel corso dell’ultimo anno, si sono rivolti sempre più alla rete per fare acquisti.
Parallelamente, la richiesta di prodotti Made in Italy dall’estero è aumentata, facendo incrementare l’export digitale.
Secondo la ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata durante il convegno online “Export digitale, Covid ed emergenza: strategie per la ripartenza”, nel 2020 l’export digitale italiano di beni di consumo ha raggiunto infatti un valore di 13,5 miliardi di euro, con una crescita del +14% in linea con l’andamento pre-pandemia, e un’incidenza del 9% sull’export complessivo di beni di consumo (era il 7% nel 2019) e del 3% sulle esportazioni totali (2,5% nel 2019).
Lo studio ha evidenziato come l’e-commerce e il digitale abbiano avuto un ruolo fondamentale nel contenere il crollo degli scambi commerciali tradizionali, che in seguito all’emergenza Covid19 sono calati in Italia di circa il 10%, e nel sostenere le imprese nella gestione degli aumentati rischi di internazionalizzazione e nella ripartenza.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono i principali aspetti messi in luce dalla ricerca.
Export digitale B2C
Nel 2019 l’export digitale ha raggiunto il valore di circa 12 miliardi di euro, con un trend in crescita del 15% rispetto all’anno precedente. Il dato positivo da mettere in evidenza è che, nonostante la pandemia (o forse grazie ad essa), nel 2020 l’export digitale ha continuato a crescere e sostanzialmente con un tasso percentuale in linea con quello del passato (+14%). La crescita in valore assoluto, pari a 1 miliardo e 700 mila euro, è addirittura più significativa di quella degli anni passati.
Quali sono i principali settori?
Nonostante un calo del -9% rispetto al 2019, il Fashion è ancora il settore più importante, con un valore di 7,1 miliardi di euro, pari al 53% delle esportazioni digitali di beni di consumo e al 16,5% di quelle online di settore.
Segue il Food, l’unico settore favorito dall’emergenza con una crescita del +46% e un valore di 1,9 miliardi di euro, pari al 14% dell’export digitale e al 4% di quello alimentare. L’e-commerce, infatti, in questo periodo di emergenza sanitaria, ha avuto un ruolo molto importante nel far arrivare il cibo nelle case delle persone, sia sul territorio nazionale, ma evidentemente anche all’estero.
Il terzo comparto è l’Arredamento, anch’esso favorito dal cosiddetto “effetto Covid” che ha spinto molti ad approfittare della “reclusione forzata” per fare lavori in casa o ammodernare il mobilio. L’export digitale del comparto vale 1,1 miliardi e quasi l’8% delle esportazioni online e il 12% di quelle di mobili.
Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono complessivamente il 25% dell’export digitale B2c, ma singolarmente hanno un peso marginale.
Per quanto riguarda la relazione tra export digitale ed export complessivo, i dati della ricerca mostrano come sia aumentato il tasso di retrazione, ossia il rapporto tra online ed export complessivo: mentre quest’ultimo si riduce del -7%, quello digitale cresce del 14% arrivando a 13,5 miliardi di euro.
Export B2B
L’export digitale B2B ha raggiunto un valore di 127 miliardi di euro, con un calo del -5% rispetto al 2019, ma un aumento dell’incidenza sulle esportazioni complessive di prodotti, pari al 29%.
Settori B2B
Anche in ambito B2B l’export digitale ha giocato un ruolo fondamentale per la ripresa delle esportazioni, in particolare sono aumentate nel largo consumo e nel farmaceutico, bilanciate però da una riduzione nella gran parte degli altri settori merceologici.
La filiera più digitalizzata si conferma quella automobilistica, che rappresenta il 18,5% dell’export digitale B2b per un valore di 23,5 miliardi di euro (circa il 65% dell’export automotive). Tuttavia, questo settore ha subito un arresto molto importante: dai 30 miliardi di euro nel 2019 è sceso a 23 miliardi nel 2020.
Seguono il tessile e abbigliamento con 18,3 miliardi, pari al 14,5% dell’export digitale B2B e al 35% del totale del settore, e la meccanica con quasi 15 miliardi, che equivalgono all’11,8% delle esportazioni online B2b e al 20% dell’export di settore.
Poi vengono il largo consumo (10 miliardi, 8%), il farmaceutico (6 miliardi, 4,6%), il materiale elettrico (5 miliardi, 4%), l’elettronica (3,5 miliardi, 3%), e una molteplicità di altri settori che complessivamente costituiscono oltre il 36% dell’export digitale B2b e valgono circa 47 miliardi.
Andando nuovamente a confrontare l’export digitale B2B con l’export complessivo, nonostante anche l’export digitale si riduca (da 134 a 127 miliardi), il calo dell’export complessivo da 480 miliardi di euro a 434 miliardi (-9,6%) è comunque più significativo della riduzione dell’export online.
L’emergenza sanitaria ha dato una forte spinta alle esportazioni online ma ci sono ancora ampi margini di crescita in ambito e-commerce per le imprese italiane. Il 56% delle imprese usa i canali digitali per vendere prodotti all’estero – soprattutto in Germania (34,7%), Francia (26,8%), Regno Unito (26%), USA (25,4%), Spagna (18%) e Cina (11,4%) – e il 62% di queste lo fa in più di un mercato, ma quasi il 75% esporta online prodotti per meno del 20% del proprio fatturato.
Un’impresa su dieci non ha né un export manager né un e-commerce manager, quasi la metà ha in organico solo il primo, il 70% ha inserito solo il secondo, mentre fra le imprese che esportano online una su due presenta entrambe le figure.
Positiva invece la diffusione delle tecnologie digitali: l’80% ne impiega più di una in diverse funzioni aziendali, soprattutto marketing, distribuzione, vendite e produzione.
In conclusione, come afferma Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio Export Digitale :“Per sfruttare l’accelerazione impressa dalla pandemia e migliorare le performance di internazionalizzazione delle nostre imprese occorre però una sapiente integrazione del digitale nelle modalità di export tradizionali, anche quando l’emergenza sarà superata. Il digitale sta diventando sempre di più un’opportunità abbordabile anche per aziende meno strutturate e con meno risorse. Non è un’opportunità a costo zero, perché servono investimenti e competenze, ma il costo di non coglierla è rischiare di essere tagliati fuori dal mercato“.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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