Nel 2020 l’Italia si è posizionata al terzo posto nella classifica dei Paesi europei che hanno ottenuto le migliori performances nell’ambito del commercio elettronico. Nonostante ciò, l’arretratezza nella digitalizzazione del capitale umano rimane uno scoglio da sormontare.
Secondo lo studio “E-commerce e industria 4.0 fra Brexit, COVID e Intelligenza artificiale” condotto da Rome Business School, nel 2020 la pandemia da Covid-19 ha spinto fortemente la crescita delle vendite online, portando l’Italia sul podio dei Paesi dell’Eurozona, appena dopo Germania e Francia.
In particolare, l’anno scorso si è registrato in Italia un incremento del giro di affari online del +24%, con 29 milioni di consumatori digitali attivi. Inoltre, queste ottime performances sono accompagnate da rosee aspettative per l’anno in corso, per il quale si stima una crescita dell’e-commerce italiano addirittura del +55% rispetto allo scorso anno.
Ulteriori segnali positivi per la digitalizzazione del nostro Paese giungono dall’indice dell’economia e della società digitale, che è passato da un valore di poco superiore ai 30 punti nel 2015 agli attuali 43,6. Inoltre, i lavoratori in smart working sono cresciuti del +20% nel 2020 e ci si attende che entro il 2022 i professionisti che lavoreranno in modalità agile saranno oltre 10 milioni.
Tuttavia, nonostante gli innegabili passi in avanti fatti dall’Italia e l’accelerazione dell’ultimo anno, il capitale umano italiano rimane il più analogico d’Europa. Il divario con gli altri Paesi europei, infatti, è rimasto sostanzialmente inalterato negli ultimi 5 anni, con il nostro Paese che si è fermato al 25° posto della classifica europea. Anche la quota di lavoratori occupati nell’IT e nella comunicazione soffre, con una percentuale pari al 7%, mentre la media UE si attesta all’11%.
Nota di merito invece per le infrastrutture, con la connettività a banda larga e ultra-larga che ha raggiunto livelli equiparabili alla maggior parte degli altri Paesi europei, evidenziando di conseguenza come il problema sia a livello di competenza del capitale umano.
Infatti, lo studio evidenzia come si stia assistendo a un progressivo rallentamento nella creazione di posti di lavoro, con una conseguente accelerazione della distribuzione degli stessi. Le nuove posizioni che si apriranno nei prossimi mesi e anni riguarderanno principalmente l’economia dell’assistenza, le industrie tecnologiche della quarta rivoluzione industriale e i campi della creazione di contenuti. Inoltre, i dati rilevano come le economie maggiormente digitalizzate presentano tassi di disoccupazione più bassi.
Infatti, le imprese stanno riscontrando sempre più difficoltà ad individuare le competenze necessarie per l’Industria 4.0, sia a livello di diplomati, sia di laureati. Infatti, il punto centrale che viene evidenziato dall’analisi della RBS è proprio la scarsa digitalizzazione delle risorse umane presenti in Italia, motivo per cui è necessario continuare a investire in innovazione e formazione, partendo proprio dalla più grande ricchezza del nostro Paese: il capitale umano.
Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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