Il 2021 si prospetta come un anno di transizione verso l’uscita dalla crisi pandemica, un anno caratterizzato dai cosiddetti fattori “V”: Virus, Varianti e Vaccini, ma anche un sentiero di pieno recupero dell’economia mondiale, trainata dalla resilienza delle imprese e da una nuova attenzione alla sostenibilità come parte integrante delle strategie di competitività aziendale.
Questo è lo scenario delineato nel Focus On sulla Mappa dei Rischi 2021 - “Rosso, giallo e green: i colori dei rischi e della ripresa sostenibile per l’export italiano” di SACE, il cui mappamondo interattivo online, giunto quest’anno alla XV edizione, delinea i profili di rischio per le imprese che esportano e operano in 194 mercati esteri. Uno strumento che in quest’edizione si avvale di un set aggiornato di indicatori che valutano, insieme ai tradizionali fattori di rischio di credito e rischio politico, anche aspetti di sostenibilità ormai imprescindibili: cambiamento climatico, benessere sociale, e transizione energetica.
Gli impatti economici e sociali della pandemia, infatti, hanno reso più esplicite le problematiche di sostenibilità e rafforzato la convinzione che la ripresa debba avvenire su nuove basi, ripensando l’economia in chiave sostenibile non solo a livello ambientale, ma anche umano, considerando anche che nel corso di quest’anno si sono acuite le disparità tra Paesi ricchi e Paesi poveri, tra quelli più e meno indebitati, e che i profili di rischio economici, finanziari, sociali e politici per molti Paesi sono drasticamente peggiorati.
Secondo gli analisti della società del gruppo CDP, ad un anno dall’inizio della pandemia che ha portato ad una recessione globale senza precedenti, l’incertezza economica permane la cifra dominante ed il quadro complessivo dei rischi è decisamente più elevato ed eterogeneo.
Non a caso la mappa dei rischi si colora quest’anno di toni più accesi che riflettono l’incremento generalizzato dei livelli del rischio del credito e dei rischi politici, ma anche la profonda eterogeneità tra le diverse aree geografiche.
Il rischio di credito
Per quanto riguarda il rischio di credito, in linea di massima la situazione è peggiorativa: su 194 Paesi, 22 migliorano, 52 restano stabili e 120 peggiorano.
SACE prevede che i livelli di rischio del credito aumenteranno in particolare nella componente sovrana, complice il notevole aumento del debito pubblico. Questa è, infatti, una delle leve con cui hanno agito i Governi per far fronte alla crisi, ma la sua sostenibilità diventa sempre più un fattore critico, in particolare in alcune economie dell’Africa Subsahariana e Settentrionale, che si porta dietro anche parte dei paesi medio-orientali, e dell’America Latina.
Quanto ai sistemi bancari, essi si presentano più stabili, specie nei Paesi avanzati, grazie anche al rafforzamento delle politiche macro prudenziali, ma risentiranno del deterioramento creditizio – in diversi casi consistente – delle imprese clienti.
Nonostante ciò, emergono piacevoli segnali positivi dai Paesi dell’Europa emergente e CSI dove la componente del rischio corporate è moderata e bilancia in parte quella più alta del sistema Paese.
Anche Cina, Corea, Taiwan e Vietnam sono riusciti a contenere tutto sommato bene il rischio, ottenendo risultati positivi sul fronte creditizio.
In questo panorama, le imprese abituate ad investire direttamente o indirettamente all’estero dovranno valutare attentamente le prossime mosse economiche, onde evitare passi falsi che potrebbero compromettere la loro sostenibilità economico-finanziaria.
Il rischio politico
Anche il parametro del rischio politico è in netto peggioramento. Le lotte sociali e politiche generate giocoforza dal divario sempre più grande tra ricchi e poveri e dall’assenza di misure pubbliche di contenimento, stanno interessando sempre più Paesi tra quelli in via di sviluppo.
È soprattutto la componente della violenza politica a registrare un evidente deterioramento. Il quadro politico-sociale, infatti, già messo alla prova nel 2020, sarà ancora più sollecitato dalle crescenti tensioni legate al persistere del virus e ai suoi effetti sull’occupazione e sulla capacità di reddito delle famiglie e delle imprese. Tali aspetti, ovviamente, saranno più evidenti soprattutto in quei contesti dove gli assetti politico-istituzionali sono più fragili e le reti di sicurezza socio-economica meno sviluppate.
Al di là delle numerosissime tornate elettorali previste e delle relative sorprese che è possibile attendersi, possiamo osservare che mentre l’America Latina segna risultati abbastanza stabili, seppur con qualche eccezione sia in negativo che in positivo, la Thailandia ed anche la vicina India, così come il blocco dei Paesi Subsahariani, presentano rischi politici nettamente deteriorati, portando ad 86 il numero dei Paesi con rischi politici in peggioramento. Le prospettive per questo parametro continueranno ad essere negative salvo robusti interventi sociali che potrebbero risanare le disparità sempre più evidenti, mentre sarà interessante osservare ed in parte valutare i Paesi in miglioramento o con indici ancora stabili (in totale un centinaio).
Il rischio climatico
Da tempo il rischio climatico (siccità, inondazioni) è diventato un fattore da prendere in considerazione per gli investimenti.
Il rischio climatico nei prossimi anni è destinato a crescere in tutte le aree geografiche, in particolare sotto il profilo delle temperature, mentre i contesti di benessere e transizione energetica mostrano una maggiore eterogeneità, a seconda dei diversi scenari nazionali e, in particolare, fra Paesi Avanzati ed Emergenti.
Proprio questo nuovo parametro ha consentito a molti Paesi di compensare l’andamento più critico dei precedenti parametri, controbilanciando la valutazione complessiva. In particolare, il parametro della transizione energetica ha premiato l’Europa delle economie sviluppate e l’America Latina, con il Brasile leader del settore delle energie rinnovabili e le due potenze economiche dell’Italia e Germania tra le 20 migliori per efficienza energetica. Di contro, la Cina –oltre ai Paesi subsahariani e all’india- è tra le meno performanti in tale ambito.
L’anno della ripresa a V?
Ma il 2021 sarà anche un anno di transizione verso la ripresa, grazie ai progressi nel contrasto al virus e nonostante i rischi di nuove ondate, trainata dai fattori di resilienza e da una nuova attenzione, come si diceva sopra, alla sostenibilità come parte integrante delle strategie di competitività aziendale.
Un’altra “V”, dunque, potrebbe essere quella della ripresa: con “V shape”, cioè a forma di V, si indica infatti un rapido recupero dell’attività economica dopo una caduta altrettanto repentina.
Secondo le recenti previsioni di Oxford Economics (OE), nello scenario base – quello a maggiore probabilità di accadimento – l’attività economica globale è attesa in ripresa del 5% nel 2021, a metà strada tra i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, Ocse, (+4,2%) e del Fondo Monetario Internazionale, Fmi, (+5,5%). Nel prossimo biennio, il Pil mondiale è atteso stabilizzarsi su un sentiero di crescita positivo, ma meno sostenuto. Le tempistiche di risoluzione della crisi restano comunque ancora altamente variabili, rendendo l’esercizio di previsione sull’andamento dell’economia mondiale suscettibile di revisioni, sia verso l’alto sia verso il basso.
Si prevede una ripresa che vedrà tassi di crescita economica contenuti soprattutto per le economie avanzate che tendono ad avere di per sé tassi di crescita più bassi – perché vicini allo steady state, ovvero in una condizione di stabilità - rispetto ai Paesi emergenti.
Quindi, dopo la fase di declino causata dallo shock economico simmetrico, ci sarà una lenta risalita, più veloce nel secondo semestre 2021, che vedrà i Paesi con economie sature aiutati nella ripresa dagli investimenti pubblici. Di contro, le economie orientali “capitanate” dalla Cina, forte delle sue solide fondamenta economiche, avranno tassi di crescita più sostenuti – con la sorpresa vietnamita da tenere sott’occhio - ed emergeranno per prime nel nuovo scenario economico mondiale, grazie anche alla capacità di alcuni Paesi di fare leva sulla forte dotazione tecnologica (vedi la Corea del Sud) per una risposta più resiliente alla crisi. Infine, qualche altra sorpresa o “scommessa” sarà sparsa in giro per il mondo con un occhio puntato sul Cile e su qualche Paese del blocco continentale centrale.
Concludendo, le imprese italiane potranno cogliere le opportunità di crescita partendo dai Paesi a maggiore resilienza economica e con un forte potenziale di domanda interna. Lo sviluppo sostenibile e la propensione verso la transizione energetica saranno driver altrettanto rilevanti. Le imprese italiane dovranno partire da queste valutazioni, iniziando da quei Paesi che sono strategici per il sistema italiano perché in grado di valorizzare i prodotti che appartengono al cluster Made in Italy.
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Fonte: a cura della Redazione di Exportiamo, redazione@exportiamo.it
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