A distanza di quattro anni e mezzo dal voto che ha sancito l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, Regno Unito ed UE hanno finalmente firmato uno storico accordo commerciale nel giorno della Vigilia di Natale. L’accordo è arrivato esattamente ad una settimana dall’uscita dal mercato unico e dall’unione doganale dell’UE scongiurando l’ipotesi del “no deal”. Il 31 dicembre sarebbe stato, infatti, il termine ultimo del periodo di transizione per la Brexit.

È stato raggiunto un accordo UE-Regno Unito e, sebbene molto cambierà a gennaio, il peggio è stato evitato ed entrambi tirano un sospiro di sollievo. Dopotutto, metà del commercio del Regno Unito è con i suoi vicini europei. L’Inghilterra, infatti, rappresenta per le esportazioni alimentari del nostro paese il quarto mercato di sbocco. Aver evitato dazi medi del 3% che per alcuni prodotti alimentari potevano raggiungere anche il 30% è una vittoria per entrambe le parti.

Il deal, definito un “divorzio amichevole” dal Financial Times, regola diversi aspetti delle relazioni future, alcuni dei quali saranno ancora oggetto di micro-negoziati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

Il primo ministro Boris Johnson prevede di sottoporre l’accordo al parlamento britannico per la sua approvazione il 30 dicembre.
Il partito conservatore al governo di Johnson gode di una considerevole maggioranza parlamentare ed il partito laburista di opposizione ha confermato che sosterrà l’accordo, come unica alternativa ad un caotico scenario di “no deal”.

L’accordo commerciale riguarda principalmente le regole per le merci che attraversano le frontiere. Rimangono invece irrisolte le questioni legate ai servizi.

L’accordo consentirà alle merci di continuare a viaggiare tra il Regno Unito e l’UE senza tariffe o dazi dall’inizio del 2021. I conseguenti maggiori costi per le imprese e i consumatori sono stati evitati da entrambe le parti, anche se la Brexit di per sé porterà a maggiore burocrazia, compilazione di moduli e controlli sulle merci scambiate, e quindi ritardi. Tuttavia, anche con l’accordo concluso, alcuni attriti influenzeranno il commercio Regno Unito-UE dal 1° gennaio e gli analisti avvertono che è improbabile che si traduca in una “navigazione tranquilla”.

In questo contesto la lunghissima coda di camion che si è formata questa settimana in prossimità della Manica, a causa della decisione della Francia di interrompere i collegamenti per arginare la nuova variante di Covid-19, potrebbe essere un presagio di quello che saranno i flussi commerciali nel prossimo futuro.

Le nuove regole potrebbero anche interrompere il flusso delle merci, causando problemi alle imprese che fanno affidamento su catene di approvvigionamento just-in-time e, nel peggiore dei casi, carenze alimentari nel Regno Unito.

La mancanza di un riconoscimento reciproco degli standard sanitari e di sicurezza per l’esportazione di alimenti di origine animale porterà a controlli piuttosto invadenti e costosi per i prodotti che entrano nel mercato unico dell’UE. Dovranno, infatti, essere disposte misure per abbattere le barriere tecniche al commercio che renderanno più facile per le grandi imprese operare a livello transfrontaliero.

È, invece, assicurata la prosecuzione della massima tutela alle indicazioni geografiche esistenti al 31 dicembre 2020, come previsto dall’accordo di recesso.

Altre modifiche entreranno in vigore dal 1° gennaio: il Regno Unito non sarà più vincolato dalle sentenze della Corte di giustizia europea, non parteciperà più al programma di scambio di studenti Erasmus e non avrà più accesso automatico alle principali banche dati sulla sicurezza dell’UE.

Inoltre, l’accordo vedrà il Regno Unito abbandonare la politica comune della pesca dell’UE, riducendo l’accesso alle sue acque.

Sebbene rappresenti meno dello 0,1% del prodotto interno lordo (PIL) del Regno Unito, la pesca è diventata una questione cruciale nel corso dei colloqui commerciali.

Invece l’accordo non include disposizioni sui servizi finanziari, che costituiscono i quattro quinti dell’economia del Regno Unito, il che significa che
Londra, il più importante centro finanziario del Regno Unito, lascerà il mercato unico dei servizi il 1 ° gennaio 2021.

Un altro punto critico è la mancanza di indicazioni relative al riconoscimento reciproco delle qualifiche professionali, che metterà in difficoltà migliaia di cittadini britannici residenti negli Stati membri.

Le regole che disciplinano il modo in cui i britannici e gli europei viaggiano, vivono e lavorano cambieranno radicalmente, con la libertà di movimento tra il Regno Unito e l’UE che terminerà il 1° gennaio.

I cittadini del Regno Unito avranno bisogno di un visto per soggiornare per più di 90 giorni negli Stati membri dell’UE in un periodo di 180.

Altra questione di cui si discuterà molto sarà quella relativa alla protezione dei dati. Entrambe le parti affermano di volere che i dati attraversino le frontiere nel modo più fluido possibile, ma l’accordo sottolinea anche che le persone hanno diritto alla protezione dei dati personali e della privacy e che “standard elevati a questo riguardo contribuiscono a creare fiducia nell’economia digitale e allo sviluppo del commercio “. Nel frattempo, l’UE ha concordato un “periodo specificato” di quattro mesi, prorogabile di altri due mesi, durante il quale i dati potranno essere scambiati nello stesso modo in cui lo è ora valido fino ad ora, a condizione che il Regno Unito non apporti modifiche alle sue regole sulla protezione dei dati.

Entrambe le parti venderanno l’accordo come una vittoria, sebbene in realtà ciascuna di esse sia scesa a compromessi per raggiungerlo: l’UE può affermare di aver protetto l’integrità del suo mercato unico, mentre Johnson può dire agli elettori britannici di aver mantenuto la promessa che gli ha assicurato la vittoria alle scorse elezioni, ovvero di “portare a termine la Brexit”.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Cristiana Oliva, redazione@exportiamo.it
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