Il posizionamento strategico del territorio meridionale ed un sistema di infrastrutture efficiente ed adeguato alle esigenze di un sistema economico votato all’export come quello italiano, potrebbero essere la chiave di volta per la ripresa del Paese e per il superamento della storica frattura tra Nord e Sud.

La pandemia in corso sta evidenziando ancor più il divario economico tra il meridione d’Italia e la restante parte della penisola.

Per tentare di colmare questo gap il governo sta promuovendo una serie di iniziative volte a tenere insieme il Nord e il Sud del Paese in una strategia di crescita comune, riattivando gli investimenti pubblici in infrastrutture al Sud e nelle isole quale modo più produttivo, per l’economia e la società italiane, di dare il giusto valore alle interdipendenze tra le due aree del Paese e favorirne la crescita.

In questo contesto si inserisce il “Piano SUD 2030”, che nell’arco di un decennio mira a costruire un Sud rivolto ai giovani, connesso ed inclusivo, innovativo, coinvolto nella svolta ecologica ed aperto al Mediterraneo. 

Proprio quest’ultimo punto è di fondamentale importanza in quanto il Mezzogiorno costituisce l’ideale piattaforma logistica europea sul Mediterraneo, rappresentando una vera e propria cerniera tra Europa, Africa e Asia. L’Italia e il Mezzogiorno sono infatti al centro di un sistema di rotte marittime che potrebbero essere implementate per facilitare gli scambi internazionali attraverso collegamenti ponte tra i diversi bacini marittimi europei.

Il commercio marittimo peraltro è stimato in aumento con un tasso di crescita media annuale del 3,8 per cento tra il 2019 e il 2023 e il Mediterraneo rappresenta una via privilegiata per il traffico container, concentrando il 27 per cento dei servizi di linea mondiali.

Ciò crea importanti opportunità di investimento per i Paesi in grado di offrire una moderna e integrata rete logistica di infrastrutture portuali e retroportuali accompagnata da una efficiente e moderna connettività per la mobilità stradale e ferroviaria capace di collegarsi con i principali corridoi europei. A supporto di ciò, a seguito della recente parziale rimodulazione della forbice d’investimenti statali a favore del Sud Italia, il MIT - in coordinamento con le Autorità Portuali- ha programmato di ammodernare e consolidare non solo la parte strettamente inerente ai maggiori porti e retro-porti del Sud Italia ma anche i cosiddetti collegamenti di ultimo miglio, gli assi viari e ferroviari di collegamento con le zone industriali ed in generale l’accessibilità marittima.

Il piano, che attingerà le risorse necessarie alla sua realizzazione da diversi fondi (tra cui il Fondo di Coesione e Sviluppo), è stato inserito come uno dei cluster del piano nazionale presentato a Bruxelles per accedere alle risorse del Recovery Fund.

Rafforzare la vocazione internazionale dell’economia e della società meridionale adottando l’opzione strategica mediterranea significa anche rafforzare le Zone Economiche Speciali (ZES). 

Le ZES, istituite con il “Decreto Mezzogiorno”, sono state consolidate dalle ulteriori misure adottate di recente: nel Decreto Crescita il Ministro per il Sud ha infatti previsto lo stanziamento di 300 milioni di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione per gli anni 2019-2020-2021 (50mln per il 2019, 150mln per il 2020, 100mln per il 2021).

Si tratta sostanzialmente di due misure volte ad accelerare lo sviluppo economico delle aree su cui insistono le ZES: in primis, una serie di semplificazioni burocratico-amministrative afferenti a tutti i livelli previsti dalla piramide burocratica (da quelli centrali a quelli territoriali passando per le regioni) attraverso la predisposizione degli “sportelli unici amministrativi”; parallelamente, si prevede l’attivazione di un apposito strumento finanziario che favorisca investimenti diretti, in forma di debito o di capitale di rischio, ovvero che consenta la sottoscrizione di quote di fondi di investimento, o fondi di fondi, o di altri veicoli previsti dalla normativa europea. L’obiettivo, quindi, è rendere più attrattive le misure di fiscalità di vantaggio e di semplificazione procedurale, in precedenza introdotte, in sede di conversione del D.L. n. 135 del 2018, che già consente un’effettiva riduzione dei procedimenti amministrativi e un vantaggio fiscale sotto forma di credito di imposta per un massimo di 50 milioni di euro ad investimento.

Oggi le ZES sono però ancora in una fase di leggera impasse a causa della mancanza di alcuni decreti attuativi che rendano concreta la semplificazione amministrativa e la partenza degli investimenti. In aggiunta, si aspetta l’esame parlamentare della legge “Rotelli” per i nuovi regimi fiscali. Quello che tutti gli stakeholder auspicano è che si velocizzi la sburocratizzazione delle aree in questione, rilanciando concretamente le ZES, anche in previsione dell’attuazione della Belt & Road Initiative che potrebbe contribuire a consolidare la posizione del Sud come principale piattaforma logistica del Centro Mediterraneo. Tuttavia, come ricordato nei giorni scorsi dal nuovo commissario di Gioia Tauro, Rosanna Nisticò, il vero fattore critico di successo sarà “coinvolgere tutte le Zes in un unico piano”.

Infrastrutture moderne e competitive insieme alle misure fiscali previste dalle ZES costituirebbero le fondamenta ed il trampolino di lancio per le imprese esportatrici del Sud. Che le ZES siano un booster per l’export d’altronde è testimoniato da diversi rapporti, tra cui quello di PWC del 2019 secondo cui l’export delle imprese insediate in queste zone vale circa 200 miliardi di dollari.

È proprio sulla base di queste comprovate potenzialità che appare evidente come sia necessario spingere ancor più l’acceleratore sull’export. A supporto c’è anche la programmazione del Piano Export Sud che prevede una serie di iniziative – gestite in prevalenza da ICE Agenzia in coordinamento con le regioni e gli operatori commerciali - di formazione sui processi di internazionalizzazione aziendale nonché di supporto alle attività di promozione commerciale all’estero per le aziende meridionali partecipanti a questo percorso.

Analizzando le ultime indagini ICE, si può notare come più della metà delle aziende partecipanti al progetto Export Sud abbia registrato (al netto di congiunture) incrementi del fatturato anche oltre il 10-15%.

Inoltre la valenza commerciale internazionale dei porti meridionali - che gestiscono circa il 62% dell’import-export del tessuto produttivo meridionale, secondo quanto comunicato dalla Società di Ricerche e Studi sul Mezzogiorno (SRM)- è ulteriormente confermata dai recenti dati del rapporto Italian Maritime Economy. Secondo quest’ultimo i porti del sud Italia sono stati tra quelli italiani che più hanno resistito alla pandemia registrando un calo davvero marginale (circa -0,8% rispetto al -11,5% nazionale) delle transazioni import-export rispetto agli altri snodi nazionali. Il porto di Gioia Tauro ha addirittura fatto registrare un risultato pari al +45% nel primo quadrimestre. Come confermato anche dal direttore SRM, Massimo Deandreis, il risultato è dovuto alla “forte vocazione dei porti meridionali ai settori agroalimentari ed energetico che non si sono mai fermati” ed in parte anche il farmaceutico, anche se il diverso impatto della pandemia nord vs sud può avere influenzato il risultato.

In più, secondo il rapporto ICE 2019-2020, il potenziale di crescita delle esportazioni del Mezzogiorno –calcolato sulla base dello strumento ExPAnD della Fondazione Masi- risulta ammontare a circa 17 miliardi di euro, dunque un’opportunità da cogliere ed un buco di mercato da colmare per le imprese del sud Italia.

Investire al Sud oggi significa dunque pensare all’Italia di domani: la crescente apertura dei mercati per le produzioni meridionali, e la possibilità del territorio di offrire sistemi logistici moderni ed efficienti a servizio dell’area mediterranea, sono infatti opportunità per catturare e trattenere valore all’interno del sistema economico del Mezzogiorno e per promuovere la crescita su tutto il territorio nazionale. Ridurre i divari tra cittadini e tra territori non è solo la priorità nazionale per un’Italia più unita e più giusta, è la vera opportunità per riavviare uno sviluppo forte e durevole, per riprendere a investire attivando potenziali di crescita e innovazione inespressi.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Gianluca Totaro, redazione@exportiamo.it

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