Mentre il resto del mondo combatte contro la seconda ondata della pandemia di Covid-19, dall’oriente arriva un’alleanza in grado, secondo i paesi firmatari, di risollevare le sorti dell’economia globale.

Ci sono voluti quasi dieci anni ed oltre trenta cicli di negoziazione prima che, domenica 15 novembre, i leader di 15 paesi del sud-est asiatico firmassero il patto per la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), un’alleanza commerciale del valore di 26.200 miliardi di dollari all’anno che dispiegherà i suoi effetti sulle vite di 2,2 miliardi di persone – quasi un terzo della popolazione mondiale.

I protagonisti ed il grande escluso

Nasce nel 2011 l’idea di dare vita ad un mega accordo commerciale regionale, capace di riunire quasi tutti gli attori dell’Asia orientale. Inizialmente al tavolo delle trattative si sono presentate ben 16 nazioni, ma successivamente l’India ha deciso di abbandonare il progetto a causa delle condizioni relative all’abbattimento progressivo delle tariffe doganali, cosa che, secondo Nuova Delhi, avrebbe reso più agevole l’accesso al mercato interno indiano ad articoli di provenienza cinese e australiana, andando a danneggiare i produttori locali e conducendo a squilibri economici non indifferenti. Resta comunque ferma la possibilità per l’India di entrare a far parte dell’accordo in un secondo momento.

Le nazioni aderenti si sono dunque ridotte ai 10 membri dell’ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Birmania, Filippine, Singapore, Thailandia e Vietnam) più Cina, Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda.

Nonostante la defezione dell’India, il RCEP è destinato a diventare il più grande accordo di libero scambio al mondo. I 15 partecipanti della partnership sono, infatti, tra i maggiori Paesi in via di sviluppo e comprendono collettivamente circa il 30% del PIL e della popolazione mondiali.

Per poter entrare in vigore l’accordo dovrà essere ratificato da almeno sei paesi membri dell’Asean e tre non-membri.

Cosa prevede il trattato?

Sebbene molti dettagli debbano ancora essere rilasciati, nell’immediato il patto punta a eliminare i dazi per il 65% delle merci importate ed esportate all’interno della regione. Sul lungo periodo l’intesa mira a ridurre del 90% le tariffe doganali tra paesi membri in 20 anni, espandendo il settore dei servizi e stabilendo regole commerciali comuni.

Tra i settori più disciplinati figurano il commercio elettronico, le telecomunicazioni e il diritto d’autore, mentre le questioni ambientali e i diritti dei lavoratori non vengono menzionati.

Inoltre, consente di superare i limiti imposti agli accordi di libero scambio bilaterali già esistenti tra paesi dell’area, prima fra tutte quella relativa alle ‘regole di origine’ che stabiliscono da dove provengono le merci: oggi, un prodotto realizzato in Indonesia che contiene parti australiane, ad esempio, potrebbe essere soggetto a dazi in alcuni paesi dell’Asean. D’ora in poi un produttore di uno stato firmatario del RCEP può commerciare liberamente con tutti gli altri 14 paesi dell’accordo.

Buone notizie per l’Europa (e per l’Italia) 

L’accordo è un segnale positivo e di implicito sostegno per l’Europa, che non ha mai abbandonato la sua agenda di liberalizzazione del commercio, anche nella difficile congiuntura caratterizzata dall’ostilità di Trump per gli accordi commerciali e dalle conseguenze del Covid-19.

Ci sarà, però, da verificare in concreto come la creazione di questa vasta area di libero scambio in Asia potrà impattare sulla attuazione degli accordi già conclusi dall’Ue con vari membri della RCEP (Corea del Sud, Giappone, Vietnam, Singapore) e con quelli che sono in fase di negoziato o solo allo stadio iniziale (Australia, Nuova Zelanda, Asean in quanto organizzazione regionale e forse in futuro Cina).

In ogni caso, per le imprese europee e soprattutto per quelle italiane, la RCEP rappresenta sicuramente “un’occasione da cogliere al volo” come evidenziato dall’ex Sottosegretario di Stato al Commercio internazionale e all’Attrazione degli Investimenti presso il Ministero dello Sviluppo Economico Michele Geraci, visti i tassi di crescita del nostro export verso questi 15 mercati. 

Quale ruolo per gli Stati Uniti?

La RCEP, promossa con determinazione e fortemente voluta da Pechino, si propone come alternativa alla Trans Pacific Partnership (Tpp), quell’ambizioso progetto di accordo di partenariato economico e commerciale di largo respiro fra Paesi del Pacifico, che era stato avanzato dall’amministrazione Obama, anche in funzione di contenimento della Cina (e che non a caso escludeva il Dragone). Il destino della Tpp era stato poi segnato dalla decisione dell’amministrazione Trump di ritirarsi dal progetto, all’inizio del mandato, con una decisione che a molti era apparsa scarsamente coerente con gli interessi americani (ivi compreso quello del contenimento della Cina), ma che era sicuramente in linea con la sua dichiarata allergia per le intese multilaterali.

L’annuncio del nuovo accordo interviene in una fase di passaggio delle consegne a Washington e in un contesto in cui la nuova amministrazione Usa dovrà definire la sua strategia rispetto al tema del commercio internazionale. Gli Usa dovranno ora confrontarsi con un nuovo blocco commerciale in Asia, sicuramente meno integrato dell’Ue o del Nafta, ma comunque in grado svolgere un ruolo di protagonista negli scambi internazionali.

Sarà la Cina a fare la parte del leone?

Al di là di numeri e statistiche la conclusione di un accordo di tale portata avviene in un momento cruciale per la governance economica globale, in cui il multilateralismo cede sempre più spesso il passo a politiche nazionaliste e, occasionalmente, unilaterali.

Nella tempistica dell’annuncio traspare evidente la volontà dei Paesi della regione, in primis della Cina, di mandare a Washington un messaggio forte di fiducia negli accordi multilaterali e di sostegno al rilancio di un regime del commercio internazionale ispirato ai principi del libero scambio.

Ecco perché l’accordo è considerato (a buon titolo, probabilmente), una vittoria geopolitica per la Cina, e a ben guardare, in effetti, sono molteplici i vantaggi dell’accordo dal punto di vista di Pechino. La RECP infatti consentirà al Dragone di rafforzare la sua sfera di influenza di fronte alle crescenti pressioni statunitensi, mitigherà il rischio di perdere rilevanza nelle catene del valore globali e farà definitivamente tramontare l’idea che la Cina possa essere isolata, in un contesto di economia globale.

La conseguenza finale potrebbe essere uno slittamento degli equilibri mondiali a favore dell’emisfero asiatico, rendendo il RCEP un’importante opportunità di cooperazione con Paesi finora ritenuti quasi secondari e un’occasione di ristabilire la fiducia collettiva nonostante la crescente instabilità del sistema globale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Miriam Castelli, redazione@exportiamo.it

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