Il Centro Studi Confindustria conferma la sostanziale stagnazione dell’economia italiana, già delineata nelle previsioni di primavera, sostenendo che, per rilanciare il Paese, oggi più che in passato molto dipenderà dalle scelte di politica economica e dalla capacità di fare un uso sapiente delle risorse europee.
Parlano di “difficile risalita dopo il crollo” gli economisti del Centro Studi di Confindustria nel loro Rapporto di autunno: gli esperti di Viale dell’Astronomia stimano infatti un calo del Pil del 10% nel 2020 ed un recupero parziale del 4,8% nel 2021. Il che significa un balzo indietro per l’economia italiana di ben 23 anni. Peraltro, l’impatto della crisi sanitaria è stato leggermente più negativo di quello atteso alcuni mesi fa, portando a una lieve revisione al ribasso delle stime rispetto allo scenario delineato dal CSC a maggio.
Lo shock economico negativo sia dal lato dell’offerta che dal lato della domanda ha creato una profonda crisi economica con un calo del PIL del -17,8% nei primi due trimestri del 2020. La riapertura delle attività industriali dopo la fine del lock-down e la ripresa degli spostamenti dei consumatori hanno portato ad una crescita -ben sostenuta dalle manovre di politica fiscale emanate dal governo- del PIL. Difatti, come anticipato poc’anzi, per l’anno 2020 si prevede una discreta ripresa con il calo del PIL che si fermerà a -10%.
Ciò nonostante, l’effetto della crisi non è stato e non sarà simmetrico per i vari settori ma si è differenziato e si differenzierà a seconda dei comparti interessati e delle variabili economiche del PIL considerate. La risposta dell’economia è dipesa dagli aiuti sostanziali del governo e dipenderà dall’orientamento e dall’incisività delle risorse economico-finanziarie messe a disposizione dal Recovery Plan da spendere a partire dal 2021. Pertanto, politiche fiscali nazionali e misure fiscali coordinate a livello europeo saranno di fondamentale importanza per la crescita economica.
Mentre le attività industriali stanno conoscendo un’importante risalita della domanda, i servizi stanno vedendo invece un recupero più lento. In particolare, è il turismo ad aver sofferto più di tutti (seppur rispondendo molto bene) le conseguenze della crisi sanitaria e del blocco degli spostamenti. Quindi, i servizi e il settore del turismo, con l’indotto aggregato ad esso associato, dipenderanno forse più degli altri dalla situazione dei contagi, risentendo già oggi di una forte instabilità ed incertezza.
Guardando alle variabili economiche del PIL, si osserva una debolezza sia della domanda interna che esterna.
La bilancia commerciale (export-import), variabile importante del nostro PIL, vede un peggioramento dell’export per il 2020 del -14,3%. Come precisato in precedenza, mentre l’export legato ai beni ha visto una ripresa post crisi, fermandosi ad un calo del 10 % con stime che vedono un sostanziale recupero, quello legato ai servizi continua a risentire dell’instabilità della crisi sanitaria globale: atteso crollare del 31,9% si riprenderà fortemente ma non in maniera completa. Per la bilancia commerciale, molto dipenderà dall’apprezzamento della nostra valuta euro, dall’evoluzione della crisi sanitaria e dalla stabilità dei mercati di destinazione delle nostre merci. Per il 2021 è previsto uno scenario positivo (seppur con previsioni che potrebbe essere riviste al ribasso) con una risalita dell’11,3%. Anche qui, un forte aiuto dipenderà dalle misure di sostegno governative e dall’orientamento che vorrà adottare il sistema produttivo del Paese.
Per quanto riguarda l’altra variabile del PIL, quella dei consumi interni, l’anno in questione vede una forte diminuzione (-11,1%) dovuta al calo della fiducia dei consumatori (forti preoccupazioni per le conseguenze economiche della crisi) e del reddito disponibile previsto. Dunque, mentre per questo anno il consumo è calato e la propensione al risparmio è aumentata, per il prossimo anno è prevista una ripresa che tuttavia sarà marginale interessando solo un +5,9%.
Prendendo in considerazione la variabile investimenti, la forte indecisione economica e la riduzione della domanda di beni che sarebbero stati prodotti dalle imprese, ha portato quest’ultime a rinviare le decisioni di investimento, con un calo generale previsto del 15,8% per l’anno 2020. Non appena risalirà la domanda per i beni industriali, la variabile investimenti vedrà una ripresa che per il 2021 si attesta attorno al 9,7%. Molto dipenderà non solo dall’aumento della fiducia economica ma anche dalle politiche di credito che adotterà il sistema bancario e dalla provvista di liquidità proveniente dal sistema monetario. Difatti, le imprese italiane sono state aiutate nelle richieste di liquidità di cui necessitavano, forti delle misure governative di garanzia che hanno permesso di aprire i crediti bancari (previsto un +14% per il 2020). Tuttavia, una difficoltà nella gestione dei crediti in sofferenza (causata dalla crisi) insieme al mancato recupero totale della quota d’investimenti potrebbe portare ad una marginale chiusura dei rubinetti ed a un peggioramento del debito bancario sul passivo, previsto in aumento dal 16,5 al 18,4%.
Infine, molto dipenderà dalla stabilità dei titoli sovrani, quest’ultimi con un rendimento decennale previsto abbastanza stabile per via delle politiche monetarie espansive della BCE che favoriranno sia il credito all’economia italiana sia i conti pubblici.
Dunque, lo scenario economico futuro dipenderà molto dalle policy che si metteranno in atto. Sarebbe necessario mettere in pratica una serie di interventi strutturali -con i fondi a disposizione- per sanare le criticità strutturali del nostro sistema economico ed invertire il tendenziale distanziamento dai ritmi di crescita degli altri Paesi.
La flebile produttività del lavoro (privato e pubblico) unita ad un drastico calo degli investimenti pubblici negli ultimi decenni ha portato ad uno status di sofferenza cronica del nostro sistema produttivo, nonostante l’effetto benefico dell’aumento degli investimenti privati nei beni strumentali targati 4.0 che ha portato ad un aumento occupazionale nelle imprese beneficiarie. La produttività del lavoro dal ‘97 al 2019 ha conosciuto un aumento molto marginale (+0,3%) mentre Germania, Francia e Spagna crescevano sullo 0,7%-0,8%. Dunque, la nostra produttività lavorativa è in condizioni critiche, con il settore dei servizi in forte difficoltà.
Per risollevare l’economia italiana dopo decenni di bassa crescita è quindi necessario portare la dinamica del PIL almeno all’1,5%, il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi globale. Per ottenere un risultato di questo tipo serve un cambio di paradigma rispetto agli ultimi decenni, una vera e propria “Rivoluzione Copernicana” per accrescere strutturalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana.
In primis è necessario rendere più efficiente l’output di lavoro della pubblica amministrazione che spesso produce regole confuse e difficilmente implementabili da parte di imprese e cittadini. Occorrerà anche innalzare la qualità dei servizi pubblici e si dovrà cambiare la tendenza degli investimenti pubblici, incrementandoli e orientandoli sia su infrastrutture tradizionali, sia su più ricerca, digitalizzazione, formazione di capitale umano e sostenibilità ambientale per colmare i divari territoriali.
Un’opportunità unica per programmare un futuro in cui la dinamica del PIL sia più elevata è offerta dagli strumenti introdotti a livello europeo per contrastare l’impatto economico dell’emergenza sanitaria. Oltre al MES (molto trasformato rispetto al recente passato), sarà cruciale l’uso sapiente del Next-Generation EU (NG-EU), un pacchetto articolato di 1.824,3 miliardi di euro volto ad aiutare l’UE a ripartire dopo la pandemia di COVID-19 e sostenere gli investimenti nella transizione verde e in quella digitale.
Se utilizzati in modo appropriato, questi strumenti permetteranno all’Italia di rialzare la testa e dare spazio al suo forte potenziale economico; se così non fosse, per il nostro Paese si prospetta un lungo e doloroso declino economico con una forte insostenibilità dei conti pubblici.
Fonte: a cura di Exportiamo, di Gianluca Totaro, redazione@exportiamo.it
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