Recentemente, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale unitamente a ITA - Italian Trade Agency - hanno pubblicato il Rapporto ICE 2019-2020, relativo alle dinamiche del commercio italiano a livello internazionale, evidenziandone le performance passate e le prospettive future in relazione all’emergenza Covid-19.

Nonostante nel 2019 il panorama economico mondiale sia stato caratterizzato da una forte e diffusa instabilità a causa della guerra commerciale USA-Cina, la Brexit e i dazi statunitensi su molti prodotti europei, l’interscambio commerciale italiano con l’estero ha rilevato nel 2019 e nei primi mesi del 2020 performance degne di nota.

Infatti, lo scorso anno, le esportazioni di prodotti Made in Italy hanno raggiunto un valore complessivo pari a 476 miliardi di Euro (circa un terzo del Pil), in crescita del +2,3% rispetto al 2018 e mantenendo sostanzialmente stabile al 2,84% la quota di mercato sul commercio internazionale.

In particolare, i comparti che hanno trainato maggiormente la crescita delle esportazioni sono stati il farmaceutico (+25,6%), le bevande (+6,8%), i prodotti della moda (+6,2%) e la metallurgia (+5,3%). Sostanzialmente invariate invece le vendite estere di macchine e apparecchi meccanici (-0,5%), che tuttavia contribuiscono con oltre 50 miliardi di Euro alla formazione dell’avanzo commerciale.

Dal lato dei Paesi di destinazione del Made in Italy, Germania (12,2% sull’export totale italiano), Francia (10,5%) e Stati Uniti (9,6%) si confermano i primi tre mercati di sbocco anche nel 2019, mentre le vendite italiane hanno registrato maggiori accelerazioni verso il Giappone (+19,7%), che ha risentito positivamente dell’accordo di libero scambio con l’UE entrato in vigore a febbraio 2019, e la Svizzera (+16,6%), che conferma la sua rilevanza mondiale come hub logistico internazionale. Anche verso gli Stati Uniti l’export Made in Italy ha avuto buone performance (+7,5%), nonostante le incertezze causate dai dazi, definitivamente imposti a fine 2019 su alcune categorie merceologiche.

Per quanto riguarda invece le Regioni, Lombardia (27%), Emilia-Romagna (14,1%) e Veneto (13,7%) sono le tre che hanno contribuito maggiormente alle esportazioni nazionali, mentre la crescita più sostenuta nel 2019 si è registrata per Toscana e Lazio (rispettivamente +15,6% e +15,3%), seguite subito dopo, da Molise (+11,7%), Puglia (+9,1%) e Campania (+8,1%).

Passando alle prime evidenze del 2020, secondo il rapporto ICE, il trend positivo rilevato nel 2019 è proseguito anche nei primi mesi dell’anno in corso, registrando nel primo bimestre un aumento tendenziale del +4,7%, nonostante a febbraio le prime avvisaglie di rallentamento verso la Cina si facessero già sentire, e prefigurando per l’export nazionale un potenziale scenario positivo anche per il 2020, prima dell’avvento del Covid-19.

Da un’analisi a più ampio respiro che tiene in considerazione i primi 5 mesi del 2020, secondo gli ultimi dati Istat, le esportazioni hanno subìto un crollo del -16% nel periodo a causa degli effetti dell’emergenza sanitaria ed economica. Tuttavia, lo studio evidenzia i primi segnali di ripresa nel mese di maggio, nel quale è stata registrata una crescita congiunturale pari al +35%, in concomitanza con la ripartenza di gran parte delle attività economiche.

Le previsioni contenute nel Rapporto ICE descrivono per il 2020 una flessione delle vendite estere del -12%, per poi tornare a crescere nel 2021 del +7,4% e del +5,2% nel 2022. È pronosticato che l’emergenza Covid-19 avrebbe un impatto sul commercio globale tale da riportare l’export Made in Italy ai livelli di tre anni fa e solo nel 2022 si tornerebbe ai livelli del 2019.

A causa dell’imprevedibilità degli sviluppi che l’emergenza potrà avere, con particolare riguardo per il commercio internazionale come confermato dalla larghezza del range entro il quale il WTO ha stimato il crollo degli scambi internazionali (dal -12% al -35%), altre organizzazioni di rilievo come Istat e la Commissione europea hanno avanzato previsioni ancora peggiori rispetto a quelle riportate precedentemente, rispettivamente nell’ordine del -13,9% e del -13%.

Infine, il Rapporto ICE 2019-2020 mette in evidenza alcuni driver mediante i quali è auspicabilmente possibile per l’Italia e l’Europa tornare a crescere economicamente in tempi relativamente brevi e a una velocità maggiore rispetto al passato.

Le direttrici individuate dall’ICE sono frutto della costante analisi delle nuove tendenze che si stanno configurando a livello mondiale e che stanno completamente trasformando il panorama internazionale. Nello specifico, sono state realizzate le seguenti considerazioni in merito alle attuali evoluzioni del panorama mondiale:

• I Paesi colpiti prima dall’emergenza sanitaria (Cina), quelli meno interessati dalla stessa (Paesi Asean) e quelli che hanno reagito più tempestivamente (Giappone e Corea del Sud) risultano avvantaggiati in termini di ripresa delle attività e della domanda interna, spostando conseguentemente l’orizzonte delle imprese sempre più verso oriente;
• La continua contrapposizione politico-economica tra Stati Uniti e Cina pone l’accento sulla necessità che l’Europa torni a ricoprire un ruolo centrale nella geolocalizzazione delle filiere globali;
• Il potenziamento dei rapporti bilaterali, che deve condurre a un rafforzamento della posizione italiana nel mondo;
• Maggiore attenzione alle spese da parte dei clienti e nuovi trend di consumo fanno sì che le aziende dovranno porre maggiore attenzione su innovazione, valore, salute e sostenibilità;
• I canali di marketing e di comunicazione stanno accelerando la transizione verso le tecnologie digitali.

Da questi mutamenti scaturiscono tre aree di focus, sulle quali è particolarmente importante porre l’attenzione per una pronta e proficua ripresa. Nello specifico, sarebbe opportuno concentrarsi su:

L’E-Commerce: Da anni, il commercio elettronico sia B2B che B2C fa registrare crescite medie del +9% annuo, e quest’anno l’aumento sarà ulteriormente accelerato dagli effetti della pandemia. Le vendite cross-border online generano annualmente un giro d’affari di 412 milioni di dollari, e l’Italia partecipa per appena l’1% alla sua generazione, ovvero un terzo rispetto alla quota relativa al commercio globale nel complesso.
Il Mezzogiorno: Ancora oggi il divario tra Nord e Sud provoca non poche preoccupazioni per la stabilità del sistema socio-economico nazionale, con il Mezzogiorno che genera solo il 10,3% delle vendite estere nazionali e ha una propensione all’export pari alla metà della media nazionale (13,1% rispetto a 26,1%).
L’innovazione: Sono tre le direttrici che andranno coordinate, sviluppo e il consolidamento del mercato finanziario dell’innovazione, creazione di start-up con elevata vocazione internazionale fin dalle prime fasi del loro ciclo di sviluppo e infine l’Open innovation quale soluzione per lo sviluppo delle imprese all’insegna della sostenibilità sociale e ambientale.

In conclusione, tante sono le sfide che si prospettano nei prossimi anni, e questi mesi sono cruciali per rimettere in moto il commercio internazionale. Per quanto concerne l’Italia, sono già state elaborate importanti misure a sostegno delle imprese nei mercati internazionali, come il recente Patto per l’Export e il rifinanziato degli strumenti erogati da SIMEST a favore dei progetti export delle PMI italiane, importanti opportunità per le aziende che vogliono riattivarsi nel panorama commerciale mondiale.

Fonte: a cura di Exportiamo, di Federico Milone, redazione@exportiamo.it

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