Il presidente Trump ha ottenuto il suo primo importante accordo commerciale, l”USMCA” (accordo USA–Canada–Messico), ribattezzato anche “NAFTA 2.0″ ed introdotto in un momento di crescente incertezza negli scambi commerciali internazionali.

Sotto l’amministrazione del presidente Trump, i tre Paesi hanno raggiunto un nuovo accordo chiamato Stati Uniti-Messico-Canada (USMCA) che sostituisce il precedente trattato commercale nordamericano di libero scambio, NAFTA, firmato dagli stessi Paesi il 1 ° gennaio 1994.

La versione definitiva dell’accordo è stata sottoscritta lo scorso dicembre 2020 e deve essere ratificato da tutte e tre le nazioni prima che possa essere applicato (al momento solo il Messico lo ha fatto).

Una breve introduzione del NAFTA

Il NAFTA entrò in vigore sotto l’amministrazione Clinton con lo scopo di dare impulso al commercio ed incrementare gli scambi all’interno del Nord America tra Canada, Stati Uniti e Messico eliminando le barriere commerciali tra le tre parti, nonché la maggior parte delle tasse e delle tariffe sulle importazioni ed esportazioni tra i 3 Paesi.

Il NAFTA è stato in realtà negoziato dal predecessore di Bill Clinton, George H.W. Bush, che decise di voler aprire gli scambi con gli Stati Uniti. Bush originariamente cercò di generare un accordo tra Stati Uniti e Messico, ma l’allora presidente messicano spinse per un accordo trilaterale, che fu firmato nel 1992 e entrò in vigore 2 anni dopo.

L’obiettivo immediato del NAFTA era di aumentare il commercio transfrontaliero in Nord America e, a tale proposito, senza dubbio esso è riuscito a stimolare un aumento degli scambi e degli investimenti con risultati più che positivi. Il commercio tra Stati Uniti e Messico nel 2015 è stato di $ 481,5 miliardi, quello tra Stati Uniti e Canada ha raggiunto $ 518,2 miliardi, infine gli scambi Messico-Canada hanno raggiunto $ 34,3 miliardi.

Per quanto riguarda la crescita economica, nel periodo 1993 - 2015, il prodotto interno lordo pro capite (PIL) reale degli Stati Uniti è cresciuto del 39,3%, quello del Canada è cresciuto del 40,3% e, infine, quello messicano del 24,1%. [Fonte: Mexican Embassy in Canada]

Dal NAFTA all’USMCA: punti in comune e cambiamenti

Nel complesso, USMCA è abbastanza coerente con il suo predecessore il NAFTA: i due trattati hanno molti punti simili ed è probabile che il nuovo accordo verrà accolto da tutti positivamente.

Esso non suggerisce che gli Stati Uniti abbiano ricevuto concessioni sostanziali e i cambiamenti presenti non sono così drammatici né tantomeno prevedono da parte di alcun Paese privilegi significativi rispetto agli altri.

Nonostante ciò, rettificare l’accordo commerciale risultava di grande importanza per diversi motivi. Innanzitutto era necessario aggiornare un accordo risalente a 25 anni fa, senza alcun riferimento a dispositivi elettronici o internet, che occupano al giorno d’oggi uno spazio rilevante nella vita di ogni essere umano.

Ecco dunque che il nuovo trattato prevede un capitolo sul commercio elettronico, definendo regole per quello digitale e potendo rappresentare in futuro un modello per gli accordi commerciali tra gli Stati.

Alcune delle disposizioni più importanti nell’ambito dell’accordo includono:

- una modifica rispetto alla percentuale delle parti di automobili da produrre in Nord America per poter beneficiare di zero tariffe; in particolare la percentuale originaria del 62,5% passa al 75% con lo scopo di rafforzare le capacità produttive dei tre Paesi e di aumentare la forza lavoro automobilistica.

- maggiore accesso per gli agricoltori americani al mercato lattiero-caseario canadese. Ciò significa che gli agricoltori statunitensi potranno vendere i loro prodotti in Canada senza disposizioni sui prezzi.

- introduzione della clausola del tramonto: i tre leader hanno aggiunto una clausola all’accordo che afferma che esso scadrà dopo 16 anni. Le tre Nazioni rivedranno inoltre il trattato ogni sei anni per decidere se desiderano estenderlo o meno. Nel NAFTA, invece, non era prevista alcuna clausola di scadenza automatica o una predeterminata data di fine per l’accordo e ad ognuno dei tre Paesi era consentito ritirarsi con un preavviso di sei mesi.

In merito a quest’ultimo punto, la possibilità di ritiro concessa dall’accordo NAFTA, non rendeva tranquille le società statunitensi che commerciavano intensamente con il Messico o il Canada o che avevano filiali in questi Paesi, intimorite dalla possibile uscita degli Stati Uniti e dalle conseguenti perdite commerciali ad essa correlate.

D’altro canto tale azione non avrebbe comportato conseguenze troppo negative per Canada e Messico. Il Canada, infatti, avrebbe potuto mitigare eventuali effetti negativi di un potenziale collasso del NAFTA con l’introduzione di nuovi accordi commerciali (ad esempio con Unione Europea e partenariato Trans-Pacifico) al fine di diversificare i mercati di esportazione. Il Messico, invece, avrebbe potuto negoziare secondo le regole dell’organizzazione mondiale del commercio, superando gli aumenti tariffari associati.

Da qui è possibile dedure come il risultato più significativo che emerge dalla sottoscrizione di un accordo commerciale internazionale è rappresentato dal senso di ordine e certezza che lo stesso è in grado di garantire. Da quando le oscillazioni dei prezzi sono diventati un evento regolare nel mondo del commercio, l’incertezza della politica commerciale va tenuta in considerazione in quanto potrebbe essere una potenziale barriera allo sviluppo ed avere effetti a catena su consumi, investimenti e PIL di ciascun Paese.

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Fonte: a cura di Exportiamo, di Giulia Rocchetti, redazione@exportiamo.it

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