Alcune imprese che decidono di approcciarsi al marketing online hanno come obiettivo primario quello di vedere i propri contenuti comparire ai primi posti sul motore di ricerca più importante al mondo, Google. Tra i tool più gettonati con cui si inizia a lavorare c’è sicuramente Google Ads e se non si è pratici con questo strumento di digital marketing il rischio è di scoraggiarsi rapidamente se non si raggiungono gli obiettivi sperati. Nella stragrande maggioranza dei casi non è il digitale ad essere poco performante per l’attività dell’impresa che lo adopera, ma è colui che ha utilizzato lo strumento a non averlo fatto correttamente.
Vediamo i 6 errori più comuni che commettono le piccole e medie imprese e che inficiano le loro attività Pay Per Click su Google.
1. Creazione, avvio e abbandono di una campagna
Molte imprese falliscono nella propria azione per un’insufficiente attenzione riposta proprio nella campagna: non è possibile pensare che per avviare una campagna performante sia sufficiente idearla e attivarla. È senz’altro necessario ottimizzarla in ogni sua parte, prevedendo, se non altro, delle attività di A/B testing sia delle pagine di destinazione che degli annunci creati. Questa mancanza di controllo delle performance fa sì che non vengano ottimizzate e, dopo un periodo più o meno lungo di assenza di risultati, si decida, erroneamente, di interrompere definitivamente la campagna.
L’abbandono prematuro poi è spesso causato dell’impazienza: molti pensano che sia sufficiente mettere online un annuncio per sentire il telefono suonare, vedere la casella delle mail piena o raddoppiare le vendite dei prodotti che si promuovono. Come per qualsiasi altra cosa anche la pubblicità online richiede tempo per portare risultati concreti, non sono sufficienti una o due settimane!
2. Il pubblico target e la localizzazione non correttamente impostati
Spesso quando si crea una nuova campagna ci si dimentica dell’importanza che hanno il pubblico target, le caratteristiche demografiche e le località nelle quali verrà attivata la campagna. Questo perché si pensa che sia un aspetto complesso da impostare e spesso superfluo. Inoltre si ritiene che limitare il pubblico potenzialmente raggiungibile vada a inficiare le possibilità di intercettare un possibile cliente.
Trascurare o perfino dimenticare questi fattori può portare diverse conseguenze negative: in primis si rischia di non vedere arrivare alcun clic sugli annunci o, peggio ancora, intercettare clic di utenti non interessati ai nostri prodotti o servizi, erodendo così il budget stanziato per la campagna.
3. Pagine di destinazione non adeguate
Ancora troppo frequentemente, nonostante se ne senta parlare tutti i giorni, si vedono Landing Page che non possono essere considerate tali: molto spesso capita di cliccare su annunci che indirizzano sulle homepage dei siti aziendali ma queste non possono essere considerate pagine di atterraggio utili per gli utenti in quanto non capaci di rispondere ai bisogni dell’utente.
La Landing Page dovrebbe rispondere immediatamente ed efficacemente a ciò che l’utente sta cercando e fargli percepire di aver trovato il fornitore, il prodotto o il servizio che stava cercando. (per approfondire le caratteristiche principali della Landing Page che converte leggi il nostro articolo)
4. Non tracciare le conversioni
Una pratica fondamentale nelle campagne di digital marketing è il controllo dei dati e se questi non sono completi non è possibile rispondere e ottimizzare le campagne efficacemente. Tra i dati più importanti da tenere sicuramente sempre sott’occhio ci sono le conversioni. Queste ci danno un riscontro su quali fattori della campagna funzionano meglio.
Questo fattore è particolarmente importante in quanto tracciare gli elementi della campagna che convertono maggiormente permette di sapere quali sono le componenti sulle quali puntare e continuare a investire e quali invece necessitano di essere rivisti e ottimizzati.
5. Non si considerano le parole chiave escluse
Quando si scelgono le parole chiave è necessario individuare quali sono le più pertinenti per l’attività dell’impresa, sia a livello di campagna che a livello di gruppo di annunci. Altrettanto importante in questa fase è la scelta della corrispondenza che si decide di impostare per ogni keyword: nella pianificazione delle parole chiave è necessario definire la tipologia di corrispondenza che le ricerche degli utenti devono avere con le nostre keyword per far sì che Google pubblichi i nostri annunci. Tra le possibili corrispondenze troviamo: corrispondenza generica, a frase, modificata ed esatta.
La svista che spesso avviene quando si gestiscono le prime campagne Ads è però quella di non considerare le parole chiave escluse: questo genere di keyword permettono di non pubblicare gli annunci quando l’utente ricerca determinate parole incluse in query che contengono anche nostre keyword.
Per avere un’idea più chiara prendiamo ad esempio un negozio online che vuole promuovere su Google la sua collezione di abbigliamento da uomo. Se non si vuole mostrare l’annuncio a chi cerca ad esempio “abbigliamento sportivo da uomo” si includerà “sportivo” tra le parole chiave escluse.
6. Non si utilizzano le estensioni degli annunci
Le estensioni degli annunci sono tutte quelle componenti aggiuntive che possono essere mostrate con l’annuncio e sono gratuite. Gli esempi più comuni sono il numero di telefono sotto l’annuncio e i link aggiuntivi a sezioni specifiche della pagina di destinazione. Queste estensioni permettono di rendere maggiormente visibile l’annuncio e di conseguenza includere più informazioni.
Non è impossibile gestire in autonomia delle campagne su Google Ads, basta non scoraggiarsi subito se non si hanno risultati immediati, continuare a provare e testare seguendo anche i consigli che riporta lo stesso Google nelle sue guide e non commettere gli errori più comuni, come quelli elencati in questo articolo.
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Fonte: a cura di Exportiamo, di Federico Milone, redazione@exportiamo.it
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