L’export italiano di beni e servizi vale circa il 32% del PIL, il nostro Paese è il nono esportatore al mondo con una quota di mercato che nel 2018 ha raggiunto il 2,9% e vale oltre 547 mld di dollari. Abbiamo un esercito di quasi 125 mila esportatori abituali ma permangono divari significativi a livello geografico con un Mezzogiorno che pesa solo per l’11% sul totale delle esportazioni di merci (sebbene in aumento rispetto al 2017).

Per tutti coloro che si occupano a vario titolo di commercio internazionale la Pubblicazione del Rapporto Annuale dell’ICE è un appuntamento da non perdere, per comprendere da vicino dati storici e tendenze future della globalizzazione che verrà. Il quadro che emerge dalla presentazione della 33esima edizione del Rapporto - l’Italia nell’Economia Internazionale – svoltasi a Napoli il 23 luglio, fornisce numeri incoraggianti sullo stato di salute dell’export tricolore di beni e servizi nel mondo ma allo stesso tempo fa emergere una serie di incongruenze tipiche del nostro sistema produttivo. Da una parte un’economia costellata dal 98% di piccole e medio imprese, non agevola la penetrazione commerciale nei mercati più distanti (nel 2018 infatti le esportazioni sono state trainate dal mercato dell’Unione Europea +4,1% rispetto alle aree extra-UE +1,7%), dall’altra il divario economico e sociale tra Nord e Sud finisce per avere ripercussioni anche sul commercio estero con le regioni meridionali poco coinvolte negli scambi internazionali anche a causa della mancanza di competenze ed infrastrutture. Infatti, il 40% delle esportazioni italiane di merci proviene dall’Italia Nord-Occidentale, il 33% dall’Italia Nord-Orientale ed il 16% da quelle centrali.

I mercati di destinazione

A poco servono inoltre le buone performance con gli Stati Uniti (I° mercato di destinazione extra-UE) se con la Cina ed in generale con tutti i Paesi asiatici i numeri della nostra presenza su queste rotte siano ancora poco significativi. Ad esempio, l’Italia è per la Cina solo il quarto partner commerciale tra i Paesi UE (dopo Germania, Regno Unito e Francia) ed addirittura il 24esimo a livello commerciale. E’ chiaro a tutti che un mondo sempre più “Asia-Centrico” non possa essere tralasciato dall’attenzione delle imprese italiane e che un eccessivo immobilismo di tutto il nostro sistema produttivo rischia di rafforzare ulteriormente soprattutto i nostri competitor europei.

I settori merceologici di punta

Tra i settori maggiormente rappresentativi del Made in Italy, la meccanica si conferma il comparto più importante in termini di esportazione con un lieve miglioramento anche del saldo commerciale (oltre 50 miliardi di euro). Le esportazioni di prodotti alimentari e bevande hanno confermato la tendenza alla crescita (+2,5% per cento), con un saldo commerciale di 4,8 miliardi. All’interno del comparto, la divisione dei prodotti alimentari è aumentata dell’1,7%, mentre le esportazioni di bevande del 6,3%. Il sistema moda ha evidenziato una crescita dell’export del 3,3% con una quota di mercato mondiale che ha raggiunto il 6,4%. Altro settore di punta del Made in Italy è quello farmaceutico, che ha registrato un incremento delle vendite oltre confine pari al 4,7% rispetto al 2017, trainato dal comparto dei prodotti farmaceutici di base (+12,9%). Anche il sistema casa trainato dall’export di mobili ha registrato numeri importanti, oltre 9,8 miliardi il valore complessivo, con i mobili per la cucina (+5,9%) ed i materassi (+3,9%). Il settore della gioielleria ha invece mostrato un calo delle esportazioni dell’1,7% a causa dell’indebolimento della domanda asiatica ma registra buone performance in Svizzera e negli Stati Uniti.

Le linee d’azione per il futuro

Nell’attuale contesto mondiale, incerto ed in continua rapida evoluzione, il Sistema Italia ed in particolare l’ICE sono chiamati ad adoperarsi con nuovi strumenti per la promozione ed il supporto delle imprese italiane nei mercati esteri. Come evidenziato a Napoli durante la presentazione del Rapporto 2019, digitalizzazione (in particolare la Blockchain) e sostenibilità saranno i due paradigmi cardini in grado di sostenere nel tempo l’eccellenza del Made in Italy. A questi, dovrà aggiungersi un’attività di formazione per gli export manager e nuove misure per supportare anche la crescita delle Start Up sui mercati internazionali. Il secondo Paese manifatturiero d’Europa non può essere al contempo al quart’ultimo posto nella UE per competenze ed utilizzo degli strumenti digitali!!.

Come scritto e sottolineato più volte su questa testata, le abilità e gli strumenti per competere oltre confine non mancano e tra questi anche quelli finanziari sono stati ulteriormente implementati con le ultime novità di SIMEST SACE contenute nel Decreto Crescita.

Il processo di internazionalizzazione è di difficile attuazione quando non è data-driven e quando non si basa sulle solide fondamenta della conoscenza e della perseveranza. Spetta alle imprese ed a tutti coloro che operano nel vasto e complesso mondo dell’internazionalizzazione, fare tesoro di quanto già ampiamente fatto nel recente passato ed impegnarsi nel raggiungimento di nuovi e più impegnativi obiettivi di crescita e prosperità.

Fonte: a cura di Exportiamo, Alessio Gambino, redazione@exportiamo.it

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