Le recenti elezioni sudafricane, nonostante un prevedibile calo di consensi, hanno nuovamente sancito la vittoria dell’African National Congress (ANC) ma questa potrebbe essere l’ultima occasione concessa dal sempre più disilluso elettorato sudafricano allo storico partito di Nelson Mandela che, negli ultimi anni, ha collezionato pesanti insuccessi.

Cyiril Ramaphosa sarà il prossimo Presidente del Sudafrica. Il capo dello stato uscente, subentrato al dimissionario Jacob Zuma poco più di un anno fa, è stato infatti riconfermato dal voto popolare. Dunque, nonostante i nove anni di Zuma abbiano minato nel profondo la credibilità dell’ANC, il messaggio di “repulisti” che Ramaphosa ha inviato ai suoi elettori ha prodotto i suoi effetti. Difatti, pur perdendo 5 punti percentuali rispetto al 2014, l’ANC ha comunque ottenuto le preferenze del 57% dei votanti mentre i due principali partiti rivali, Democratic Alliance (DA) e l’Economic Freedom Fighters (EFF) hanno ottenuto entrambi risultati al di sotto delle aspettative. Il partito conservatore guidato da Mmusi Maimane è addirittura arretrato dello 0,35% rispetto alla rilevazione precedente, attestandosi al 21,88% delle preferenze, mentre il partito populista di sinistra radicale, l’EFF guidato da Julius Malema, è riuscito a incrementare il proprio bacino di consensi passando dal 6,35 al 10,07% attraendo soprattutto elettori neri under 24.

Ramaphosa quindi, tutto sommato, è riuscito a contenere le perdite nonostante la parabola discendente dell’ANC sembri ormai inarrestabile se si considera che, a partire dagli anni ’90, il consenso del partito è sceso dal 70 al 57 percento. Un calo che assume proporzioni ancor più preoccupanti se si considera anche la discesa del tasso di partecipazione elettorale crollato dal 74 al 62%, con ben 6 milioni di persone appartenenti alla fascia più giovane della popolazione sudafricana che ha addirittura deciso di non effettuare la procedura di registrazione necessaria per poter votare.

Ma da cosa deriva tanto disinteresse?

In primo luogo da una ormai acclarata incapacità della classe politica di intervenire sui problemi reali della popolazione: l’economia sudafricana infatti continua a soffrire la mancanza di riforme strutturali che possano restituirle slancio e competitività. Fra queste figura la riforma agraria che, nelle intenzioni di Ramaphosa, dovrebbe provvedere ad espropriare, senza indennizzo, i terreni di proprietà dei coltivatori bianchi per redistribuirli ai piccoli agricoltori neri. Come spesso accade però fra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare e, trascorsi 25 anni dall’apartheid, la pazienza della popolazione nera sudafricana sembra essere ormai vicinissima ad esaurirsi. Sebbene infatti la popolazione nera abbia conquistato effettivamente diritti civili e politici, l’apartheid economica è rimasta una triste realtà. I sudafricani di colore lamentano ancora fortissime difficoltà nell’accesso ai servizi di base anche per via di un tasso di disoccupazione vicinissimo al 30% e che, fra i più giovani, sale fino al 40%. Proprio coloro che dovrebbero rappresentare il futuro del Paese sembrano i più in difficoltà: fra le nuove generazioni infatti si registrano elevati tassi di criminalità, prostituzione diffusa ed un corposo utilizzo di sostanze stupefacenti. Un degrado economico, sociale e morale sconvolgente.

Secondo alcuni osservatori il recente voto rappresenta, in definitiva, l’ultima occasione per le ricette neo-liberiste di incidere per migliorare il prossimo futuro del Paese perché, nel caso in cui si verificasse l’ennesimo insuccesso delle politiche dell’ANC, i consensi dell’EFF – che propone un programma economico di stampo marxista e socialista – potrebbero rapidamente moltiplicarsi. Per capire cosa accadrà concretamente nei prossimi anni bisognerà misurare con attenzione la capacità di fare opposizione da parte di DA e EFF che qualche mese fa, ad esempio, sono riusciti ad impedire all’ANC di avviare il processo di privatizzazione dell’energia elettrica attualmente fornita dalla ditta Eskom in regime di monopolio. Ramaphosa, inoltre, dovrà fare molta attenzione anche all’opposizione interna al suo stesso partito che mira ad indebolirlo: non sono pochi infatti i sostenitori dell’ex moglie di Jacob Zuma, Nkosazana Dlamini-Zuma.

Il sentiero di Ramaphosa, che pure ha dichiarato che il voto gli ha conferito “un mandato stabile per costruire un Sudafrica migliore e per tutti”, appare dunque piuttosto stretto. C’è però da dire che sarà davvero complicato fare peggio di Zuma capace di ottenere pessimi risultati economici e di raggiungere mortificanti livelli di credibilità a causa delle accuse di corruzione e delle presunte pressioni che, da Presidente, avrebbe fatto nei confronti delle autorità giudiziarie per far cadere i capi di imputazione.

Rapporti con l’Italia

I rapporti fra Roma e Città del Capo sono ottimi anche perché, a partire dal 2014, il Belpaese ha dimostrato una crescente attenzione nei confronti del “Continente Nero” incrementando notevolmente i flussi d’investimento verso i Paesi africani più interessanti. Fra questi c’è ovviamente il Sudafrica che, nonostante tutti i problemi che l’affliggono, rimane l’economia più diversificata del Continente e rappresenta una solida porta d’ingresso (dotata per giunta di discrete infrastrutture) da cui partire per conquistare anche altri mercati della regione.

Per tutti questi motivi l’export italiano verso Città del Capo ha ottenuto ottime perfomance nell’ultimo triennio passando da 1,6 miliardi di euro del 2016 agli oltre 2 miliardi di euro del 2018 con un incremento del 30,6%. Certo è che le cifre, in termini assoluti, rimangono piuttosto contenute rispetto all’ampio bacino di consumatori, oltre 55 milioni di persone, offerto dal Sudafrica. Fra i principali prodotti italiani acquistati dal Sudafrica spiccano quelli della meccanica strumentale (circa ¼ del totale) ed altre tre categorie di prodotti: beni collegati con l’industria estrattiva, mezzi di trasporto e prodotti chimici (tutti stimati intorno al 10% del totale). Infine è opportuno rilevare che, in parallelo ai dati positivi relativi all’export tricolore, si assiste ad una presenza sempre più rilevante di aziende industriali italiane di primaria importanza che sembrano essere ben consapevoli delle enormi potenzialità di sviluppo offerte dal Paese africano che, però, dovrà essere presto in grado di cambiare registro e procedere verso uno sviluppo più stabile ed inclusivo per continuare ad attrarre capitali d’investimento italiani e stranieri.

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Fonte: a cura di Exportiamo, di Marco Sabatini, redazione@exportiamo.it

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